La rivoluzione 3D arriva in cucina

Cioccolato, zucchero, pasta sono a tutti gli effetti materiali trattabili con le nuove tecniche di stampa 3D. Con risultati spesso sorprendenti

Di tecnologie destinate a rivoluzionare il mondo ne vengono annunciate a getto continuo, giustificando in molti casi un sano scetticismo. Ma la stampa 3D sembra davvero destinata a mantenere le promesse. Semplificando molto è una tecnica che consente di depositare strati di materiale uno sopra l’altro fino a realizzare la forma tridimensionale voluta. Per questo motivo è anche definita manifattura additiva, nel senso che per creare un oggetto aggiunge materiale fino a dargli la forma voluta, contrariamente a quanto avviene di solito nella produzione di oggetti, in cui si parte da un blocco di materiale grezzo e poi lo si modella, sottraendo materia, fino a giungere al risultato desiderato.

La stampa 3D è da tempo usata nelle industrie per realizzare prototipi con i materiali più disparati, come metalli o resine, e abbreviare così i tempi di sviluppo e progettazione di un nuovo prodotto. Ma negli ultimi cinque anni, o poco più, è entrata anche nelle case, grazie alla comparsa di stampanti a basso costo che usano perlopiù fili di materiale plastico che, riscaldati, vengono sciolti e poi depositati da un ugello per dare forma a ogni tipo di oggetto. La grande rivoluzione della stampa 3D consiste, quindi, nella promessa di portare dentro la casa di ognuno di noi la possibilità di autoprodurre qualsiasi tipo di oggetto.

Cosa c’entra tutto questo con un ristorante? C’entra, perché negli ultimi mesi alcuni produttori di stampanti 3D hanno provato a usare, invece della plastica, nuovi materiali per alimentare i loro prodotti, tra cui cioccolato, zucchero, impasti per frittelle o pancake e anche altri composti commestibili, adatti sia alla cottura in forno sia al consumo diretto. In alcuni casi si tratta di prodotti molto sofisticati, pensati per un’utenza professionale e testati da professionisti per verificarne l’impiego nei menu. La tecnologia è nelle fasi iniziali e, come succede sempre in questi casi, deve rivelare ancora tutte le sue potenzialità in cucina. Alcune stampanti 3D, per esempio, stanno già rivelando interessanti possibilità di utilizzo nelle guarniture, di dolci in particolare, perché consentono di creare decorazioni in forme geometriche impossibili da realizzare a mano.

Alla luce dei primi prodotti disponibili sul mercato, quali potrebbero essere le applicazioni in un ristorante? La stampante 3D per cibi salati attualmente più vicina alla commercializzazione si chiama Foodini ed è stata ideata da Natural Machines, una società di Barcellona composta da quattro soci con il pallino dell’hi-tech. Lo spunto iniziale, però, nasce dalla pasticceria. «In principio - dice Lynette Kucsma, l’ultima entrata in società - l’idea degli inventori della macchina era superare un problema tipico della pasticceria vegana, in cui i costi alti del prodotto finale sono legati solo per il 20% agli ingredienti e per l’80% alla produzione e distribuzione. L’ambizione era quindi creare una stampante, dotata di “cartucce” preconfezionate di prodotto, che consentisse a chiunque di realizzare a casa i biscotti preferiti bypassando le fasi della filiera che oggi rendono cari questi dolci». Ma i test hanno mostrato che con Foodini si potevano ottenere risultati egregi anche con impasti salati. L’importante era riuscire a dare loro l’esatta consistenza: un composto troppo liquido finiva per spalmarsi sul piano di lavoro, uno troppo denso ostruiva gli ugelli della stampante. Trovato il giusto compromesso i quattro soci si sono resi conto che la loro creazione, come spiega Lynette, «poteva trasformarsi in un sistema aperto, che poteva dare la massima libertà all’utilizzatore nella creazione di cibi sia dolci sia salati. In questa configurazione Foodini ha attirato anche l’attenzione di diversi chef, ma soltanto pochi hanno finora avuto l’occasione di sperimentarla. Ora però abbiamo in programma di avviare una produzione di pre-serie, entro la prima metà del 2015, che dia la possibilità ai professionisti di testarla in cucina». I test condotti finora hanno visto la realizzazione di pizze, hamburger vegetariani e cornici di pasta di varia composizione.

Nella foto: una cornice con un impasto a base di patata realizzato con la Foodini

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