Baccalaria, nel nome di sua maestà il baccalà

Presente in diverse culture alimentari del mondo, a Napoli diventa protagonista di un’osteria a tema: la Baccalaria

Nostrano ed esotico, popolare e colto, diffusissimo in cucina ma poco valorizzato dai ristoranti: il baccalà è un alimento multiforme e l’apertura, nello scorso aprile, di una “Baccalaria” nel centro storico di Napoli è la sfida affascinante che si deve a Toti Lange, giovane imprenditore senza esperienza pregressa nella ristorazione. A fargli nascere l’idea di aprire questo locale è la passione per i prodotti alimentari di qualità, che Lange ha sviluppato nel ruolo di assessore ai mercati della Municipalità collinare della città di Napoli.

Il baccalà unisce tradizione napoletana, cucina italiana, Europa meridionale (Portogallo, Spagna) e paesi freddi e lontani, come l’Islanda, dove viene pescato. «L’Italia è il secondo importatore mondiale di baccalà - racconta Toti Lange -. Baccalà e stoccafisso sono fra i prototipi della varietà culinaria italiana: si trovano, cucinati in diversi modi, in ogni regione. Per quanto riguarda la Campania è una delle regioni in cui questa tradizione è più sentita. Eppure, a livello di proposta ristorativa, si tratta di un prodotto di nicchia. Il paradosso è che si preferisce tematizzare prodotti stranieri, come la carne argentina, e ci si dimentica della nostra tradizione».
Poco distante dal porto il locale è stato allestito con l’intento di cogliere le suggestioni del prodotto e anche del luogo, incontrando il carattere popolare e marinaresco ma senza cadere nel cliché del tipico napoletano. L’architetto Valentina Gurgo, napoletana di formazione, ma con trascorsi lavorativi in Andalusia e a Barcellona, ha valorizzato l’involucro architettonico, caratterizzato da muri di grande spessore, soffitti a volta e parte della pavimentazione in basalto, proponendo poi il tema dell’azulejo, la famosa maiolica portoghese, combinandola con motivi tipici delle maioliche napoletane.
Il risultato è un locale che si è attestato spontaneamente su un target composto da clientela medio-alta, benché variegata, e su un certo profilo di turista curioso e col piacere della scoperta.

«C’è un dato culturale che va al di là del prodotto - prosegue Lange -. Sul baccalà c’è, infatti, letteratura, c’è un bagaglio di tradizione. La sua storia ha a che fare con lo scambio delle merci e la comunicazione fra i popoli. Il baccalà si diffonde nell’Europa del Sud in seguito al precetto post conciliare che lo indica come l’unico pesce che si può consumare il venerdì santo, quando chi ama mangiare cibi di sostanza è “triste” perché deve rinunciare alla carne. Non sono un ristoratore di professione, ma lo ritengo uno dei punti di forza del locale, perché il mio è un approccio da cliente».

Il menu curato dallo chef Vincenzo Russo, figlio d’arte che ha lavorato, fra l’altro, a Bruxelles e poi da Vissani e alla Taverna Estia di Brusciano, in provincia di Napoli, propone piatti della tradizione affiancati a proposte più innovative, e cioè “alleggerite”, a base di baccalà. L’accento è sul rilancio della cucina povera e sulla genuinità della cultura contadina: “I ricchi” e “I poveri” sono due distinte sezioni del menu. Fra i piatti della prima troviamo il mussillo (filetto di baccalà) con peperoncini cruschi o con patate e tartufo nero di Bagnoli Irpino; fra quelli della seconda sezione, minestra maritata di stocco e morzelle (rifilature del mussillo) fritte di baccala con friarielli.

Il baccalà è un alimento versatile, buono per tutte le stagioni e che a Napoli ha una freccia in più al proprio arco: il far parte del menu tradizionale delle festività natalizie. È un pesce/non pesce, corposo, che sembra fatto apposta per assecondare lo sdoganamento, già in buona parte consolidato, dell’abbinamento pesce-vini rossi. Nella cantina della Baccalaria, in cui sono rappresentate etichette delle principali regioni italiane con un tocco di riguardo per i vini campani, fra i bianchi più richiesti figura il Fiano e fra i rossi il Taurasi. Spiega Toti Lange: «Nel menu ci sono elementi di contaminazione: proponiamo ad esempio un gateau di patate di derivazione francese, il cous cous di baccalà oppure, a pranzo, il club sandwich di baccalà».

Naturalmente in menu ci sono anche proposte per chi non ama il baccalà, ma arrivando nel locale, magari al seguito di amici, non può certo restare a bocca asciutta. Per questa clientela Vincenzo Russo prepara piatti come Zuppa di cicerchie, Lagane e ceci, tipica preparazione campana in cui i legumi condiscono una pasta fresca tipo tagliatelle, Spaghettone con pomodoro del piennolo e basilico, Risotto parmigiano e tartufo, Entrecôte ai ferri, Frittura di pesce. E, per cominciare, salumi e formaggi tipici con composte di frutta e miele d’acacia.

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