Chi ci guadagna con il delivery?

Affidarsi ai portali di consegne a domicilio può incrementare gli affari. A patto di conoscerne le regole

Un maggior numero di ordinazioni, con un conseguente aumento di fatturato, e la possibilità di farsi conoscere da nuovi clienti sono i principali vantaggi che può presentare la scelta di affiliarsi a un servizio di takeaway online. In Italia l’ordinazione del cibo a domicilio è un fenomeno piuttosto diffuso e oggi sono diversi gli operatori a cui ci si può affidare: sono piattaforme digitali, accessibili da pc e smartphone, che fanno da tramite tra i consumatori e il ristorante e che possono provvedere anche al servizio di consegna, chiedendo il pagamento di una commissione.

Per farsi un’idea del potenziale del fenomeno si possono considerare i dati dell’Osservatorio Nazionale sul mercato del take away in Italia realizzato da Just Eat con GfK Eurisko, su un campione di 2.000 persone rappresentative della popolazione italiana, dai cui emerge come l’ordinazione di cibo a domicilio sia un fenomeno diffuso: il 51% lo ha fatto di persona e il 39% al telefono negli ultimi 6 mesi. Il take away online è più circoscritto, coinvolgendo il 2% circa del campione negli ultimi 6 mesi: si è però alzata la frequenza media di ricorso, circa 4-5 volte al mese contro le circa 1 o 2 volte al mese dell’ordinazione di persona e di quella per telefono, e la spesa media si attesta sui 97 euro al mese contro i 32 e 37 euro dell’ordine personale e telefonico. Anche nell’ordinazione digitale prevale il ritiro di persona, ma la consegna a domicilio è rilevante: il 65% di chi ha effettuato un ordine online ha usufruito dell’home delivery negli ultimi 6 mesi. Inoltre, i soggetti orientati “certamente” o “probabilmente” a servirsi del take away digitale sono il 19%.

Ma quali sono i principali players del settore? Su tutto il territorio italiano opera Just Eat: «Un marketplace digitale che mette in contatto chi vuole ordinare online coi ristoranti. Una delle caratteristiche che ci distingue è la varietà dell’offerta sia per tipo di cucine, sia per prezzi - spiega Daniele Contini, country manager di Just Eat in Italia -. Inoltre, cerchiamo di essere presenti nel maggior numero possibile di città, con più di 4.600 ristoranti in oltre 400 comuni».

L’obiettivo, spiega Marcello Marazzi, sales director: «È portare fatturato extra ai ristoranti. Gli ordini sono notificati attraverso un terminale, che funziona con una linea telefonica preinstallata, da cui esce la comanda: attraverso il terminale è anche possibile disattivarsi temporaneamente. Ci sono varie soluzioni a seconda che il ristorante effettui già il servizio di consegna oppure se glielo forniamo noi. Non ci sono costi fissi, ma una commissione sull’ordine, che va da un minimo del 15% a un massimo del 25% se è compresa la consegna; in quest’ultimo caso è richiesto un costo di 2,40 euro al cliente». Per quanto riguarda l’affiliazione: «Contattiamo noi i ristoranti o ci contattano loro e sono selezionati in base alla qualità del cibo e del servizio» continua Marazzi. Just Eat stima per chi diventa partner un incremento di fatturato dal 15% al 25%.

Un’altra piattaforma è Foodora, startup del gruppo tedesco Rocket Internet, arrivata in Italia a settembre scorso, partendo da Milano (dove oggi ci sono 480 ristoranti partner) per estendersi a Torino, con 250 locali. «È un servizio di consegne a domicilio di ristoranti di alta qualità. Abbiamo una flotta per la consegna gestita completamente da noi, che garantisce un servizio migliore. La consegna avviene in circa 35 minuti e al cliente è chiesto di pagare 2,90 euro», spiega Matteo Lentini, co-managing director di Foodora Italia.

«Per selezionare gli affiliati raccogliamo dati sulle cucine più appetibili in una data zona della città, individuiamo i ristoranti e li contattiamo. Quello che arriva dalle ordinazioni online è tutto fatturato aggiuntivo perché si risparmia il costo di gestione in sala. I piatti top seller sono la pizza, l’hamburger, il sushi e i piatti vegetariani e vegani».

Anche Deliveroo è partito da poco in Italia. «Abbiamo cominciato a novembre da Milano e siamo anche a Roma da marzo: oggi lavoriamo con 900 ristoranti. La sfida è far sì che in ogni zona il cliente abbia a disposizione dai classici come hamburger e pizza, alla cucina italiana con piatti più tradizionali», dice Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo per l’Italia. «Affiliandosi si ottiene un servizio di consegna, il servizio clienti e tutta la parte di marketing. Per ogni consegna il cliente paga 2,50 euro e il ristorante una commissione del 30% sul venduto. L’attivazione della collaborazione non ha un costo e al partner è fornito un tablet con cui può gestire la sua presenza in Deliveroo. Incassiamo per conto del ristorante e ogni due settimane facciamo un bonifico».

Un altro player è Bacchetteforchette, che propone la consegna anche in una fascia più estesa: da Milano si arriva a un raggio di circa 25 chilometri. «Abbiamo una flotta di veicoli attrezzati per il trasporto del cibo e per la gestione della catena del caldo, con il trasporto a 70°C, e del freddo, tra i 4 e i 10°C» dice Mario Cassoli, socio di Bacchetteforchette. «In questo modo possiamo offrire al ristorante un’estensione territoriale e il cliente non è vincolato alla zona. Con il ristorante analizziamo il menu e facciamo una selezione di piatti adatti all’asporto». All’affiliato è fornito un tablet per la ricezione degli ordini, non ci sono costi di attivazione ed è chiesto uno sconto sul valore del pasto che è acquistato da Bacchetteforchette, leggermente superiore alle commissioni applicate da chi fa consegne a corto raggio. Per il cliente c’è un costo in base alla distanza della consegna, a partire da 3 euro se è entro 3 Km, con un ordine minimo di 20 euro.

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