Mafie e ristorazione, fenomeno da tenere sotto controllo

Con l’inchiesta Megaride la Dia (Direzione investigativa antimafia) di Napoli ha inflitto sei anni fa un duro colpo al clan camorristico Potenza, con l’arresto di diversi affiliati e il sequestro di beni per oltre 100 milioni di euro. Il dato inquietante che l’operazione metteva in luce era che buona parte di tali beni erano costituiti da attività nel campo della ristorazione situate, oltre che a Napoli e in Campania, in altre città da Bologna a Genova, da Torino a Varese.
L’operazione Megaride riaccendeva i riflettori su un fenomeno come la presenza e il forte interesse della criminalità organizzata verso il mondo della ristorazione, già emerso in precedenza e confermato da indagini successive. Un fenomeno di lunga data, ma consolidatosi nel corso degli ultimi anni sulla scia di due fattori per certi versi contrastanti, ma entrambi funzionali all’operatività delle organizzazioni criminali. Da un lato la crisi che ha messo in difficoltà tanti operatori del settore, favorendo il passaggio dei locali a imprenditori collusi, dall’altro la dinamicità di un’industria che, pur vivendo diverse criticità, raggiunge un giro d’affari di oltre 51 miliardi di euro secondo una recente ricerca dell’Università Bocconi di Milano per Host.

Se quantificare il fenomeno non è facile, a darci un’idea della sua pervasività aiutano le stime dell’ultimo rapporto sui crimini alimentari Agromafie 2017, elaborato da Coldiretti insieme a Eurispes e all’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, che parlano di circa 5.000 tra ristoranti, pizzerie, bistrot e trattorie nelle mani del crimine organizzato. Un numero allarmante che testimonia come la ristorazione sia diventata un’area di investimento privilegiato per mafia, ‘ndrangheta e camorra, un fenomeno dal quale non è immune nessun angolo della Penisola e che riguarda, in particolare, grandi città, Roma e Milano in testa, e tutte le tipologie di locale, da quello economico al più ricercato, alle catene di ristorazione. Facile capire il motivo di tale interesse.

«Le mafie hanno compreso l’importanza di questo settore - spiega David Gentili, presidente della commissione Antimafia del Comune di Milano, che abbiamo incontrato a Doof, evento sui lati oscuri del mondo della ristorazione, svoltosi a Milano, che ha avuto un focus proprio su mafie e ristorazione - per far rientrare nell’economia legale le ingenti risorse frutto di attività illecite, dallo spaccio di droga alla prostituzione, all’usura. Un campo dove diversificare gli investimenti, oltre a quello storico dell’edilizia».

Un terreno che la crisi ha reso più fertile alla penetrazione del crimine, facilitando l’acquisizione dei locali, grazie anche alla complicità di professionisti e imprenditori collusi, e dove i frequenti passaggi di proprietà, la possibilità di sovrafatturare e fare “nero” rappresentano ulteriori leve di azione per le cosche, rendendo molto difficile risalire ai reali proprietari dell’attività e all’origine dei capitali. Ma il riciclaggio non è l’unico obiettivo. Per i clan è importante anche presidiare il territorio, fornire coperture lavorative agli affiliati o mettere a frutto le competenze che si hanno in “famiglia”. A questo poi si aggiunge la rilevanza e il prestigio sociale che un ristorante può garantire. Un bel ristorante, rinomato e ben frequentato, offre ottime opportunità per entrare a contatto con personaggi dello spettacolo, politici, imprenditori o del mondo della finanza e per stringere relazioni che possono essere molto utili per lo sviluppo degli affari, anche in altri campi. Tutti gli operatori del settore devono saper contrastare questa invadenza mafiosa. In gioco c’è il futuro di un comparto di punta del sistema Italia.

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