Servi vino vegano? Ecco cosa devi conoscere

Non esiste una definizione precisa di vino vegano, come invece accade per il biologico. Numerosi i punti critici

Secondo un’indagine Eurispes del 2016, i vegani rappresentano l’1% della popolazione italiana (erano lo 0,2% nel 2015). E fanno parte della più ampia famiglia dei vegetariani, che annovera oltre l’8% dei nostri connazionali. Molti ristoranti hanno capito che il fenomeno è in crescita e iniziato a introdurre piatti vegan nei loro menu. Qui nasce il problema dell’abbinamento: quale vino servire  in un pasto di questo tipo? Un vino vegano, ovviamente. Ma come è possibile riconoscerlo?

Per capire però che cosa sia un vino vegano, ci siamo rivolti a un ente italiano che effettua, tra le altre, anche una certificazione vegan. Si tratta di Certification Europe Italia, a cui abbiamo chiesto quali caratteristiche debba avere un vino di questo tipo. «Vegano è un vino per il quale non siano stati usati ingredienti contenenti proteine animali o derivati da essi, o anche prodotti con metodi che ne prevedano l’utilizzo in qualche fase di lavorazione – spiega Marco Menonna, responsabile della parte tecnica della certificazione vegan di CEI –. Il concetto non è preciso, perché non risponde a una definizione, come per il biologico, in cui si fissano livelli minimi di contenuto di diverse sostanze. In un’analisi chimica, quantitativi infinitesimali di proteine animali potrebbero sfuggire anche ai metodi di indagine più sensibili, quindi un controllo totale in realtà non si può avere. Ma produrre un vino vegano, o qualsiasi alimento di questo tipo, risponde soprattutto a una scelta etica, al fatto di sposare un’idea e di agire di conseguenza. Per questo noi abbiamo definito 2 livelli di certificazione. Uno che riguarda esclusivamente il processo di produzione, dal conferimento dell’uva all’imbottigliamento; un altro che prende in considerazione anche altri aspetti, come, ad esempio, le pratiche in vigna».

Nella sostanza, comunque, molto dipende dal metodo di produzione. «Il principale punto critico per quanto riguarda il vino - aggiunge Menonna - è la chiarificazione, non soltanto per l’impiego di albumina o di caseina, sostanze note, ma anche perché abbiamo scoperto agenti chiarificanti “insospettabili” prodotti con processi che impiegano proteine animali, come la cotenna del maiale. Spesso il produttore non lo sa nemmeno. Quindi noi, per ogni agente o materia prima dichiarata dalla cantina conduciamo un’indagine per conoscere anche il processo di produzione».

Chi invece, per la chiarificazione, usa bentonite o altri prodotti minerali rispetta standard vegani. Un altro aspetto critico nella produzione può essere legato all’aggiunta di zuccheri di canna, in realtà non prevista da quasi la totalità dei disciplinari italiani, ma teoricamente possibile per alcuni spumanti prodotti in autoclave. Alcuni zuccheri di canna sono prodotti, infatti, mediante una filtrazione con carboni di origine animale. Un certificatore serio, quindi, effettua anche questo tipo di verifica.

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