E se funzionano i ravioli cinesi, perchè non provare coi “plin”?

L'esempio imprenditoriale della Ravioleria Sarpi di Milano che potrebbe essere clonata, in versione italiana, senza difficoltà

L'esempio imprenditoriale della Ravioleria Sarpi di Milano che potrebbe essere clonata, in versione italiana, senza difficoltà

L’indomani dell’apertura della ravioleria Sarpi, il primo dumpling shop in Italia, gli amici e colleghi di Hujian Zhou, Agié per chi lo conosce bene, non avrebbero scommesso un solo centesimo su questa sua nuova avventura. Eppure lui ci credeva, anche se nel suo ricco curriculum di studente universitario prima e imprenditore poi, non poteva vantare alcuna esperienza nel settore della ristorazione, se non una passione per il cibo.

In realtà l’idea di proporre anche in Italia una vetrina sulla strada che mettesse in bellavista l’arte della preparazione dei ravioli orientali, così come avviene in Cina da sempre, si è dimostrata da subito vincente. Troppe volte nei miei viaggi a Hong Kong o Shanghai, quando m’imbattevo in uno dei tanti chioschi che vendono questo genere di “piccole colazioni” o xiaochi, per dirla alla cinese, mi ripetevo come un mantra la stessa domanda: “Possibile che a nessun cinese sia venuto in mente di proporre anche solo pochi piatti, ma autentici, di questa grande cucina?” E la domanda potrebbe valere anche per la ravioleria italiana.

Detto questo la dumpling revolution non poteva che partire da una persona illuminata, che fosse in grado di guardare con occhi nuovi a questo settore e il miracolo è stato finalmente possibile. Il segreto del successo della Ravioleria Sarpi sta in tanti piccoli dettagli. Innanzi tutto nell’aver messo sotto gli occhi di tutti i passanti ogni fase della lavorazione dei ravioli, in modo da offrire ai clienti la massima fiducia sull’idoneità della cucina e sul rispetto delle norme igienico-sanitarie.
Il secondo fattore, altrettanto se non ancora più importante, è stato quello di poter contare sulla collaborazione del suo vicino, la macelleria di Walter Sirtori, un guru in tema di materie prime, e non solo per la qualità delle carni che fornisce a Agié per farcire i suoi ravioli.

La cucina cinese, infatti, ha spesso sofferto nella sua immagine per la scarsa qualità degli ingredienti usati da ristoratori senza scrupoli, che pur di abbattere il food cost usavano materie prime di infima qualità. Agié e Walter hanno ribaltato la situazione, puntando su una linea fatta di pochi ravioli realizzati con materie prime italiane e eccellenti provenienti da aziende agricole di grande qualità, alcune certificate biologiche. Qualcuno potrebbe obiettare che il sapore dei ravioli shuijiao di Dongbei proposti dalla Ravioleria Sarpi, sono molto diversi dai dim sum di Hong Kong, dai jiaozi di Pechino o dagli xialongbao di Shanghai, ed è vero, ma questo è dovuto al rispetto della tipicità dei shuijiao, e alla scelta di usare prodotti italiani sicuri, che li rendono adatti anche all’alimentazione dei bambini, come fanno tante mamme milanesi che li comperano crudi per poi cuocerli e servirli nel menu di casa ai propri figli.

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