Osti italiani all’estero

Da grotto a ristorante di cucina regionale italiana. Merito di un patron molisano, a Lugano

Da grotto a ristorante di cucina regionale italiana. Merito di un patron molisano, a Lugano

Osti italiani nel mondo ce ne sono tanti. Non a tutti, però, riesce di creare un genuino angolo d’Italia lontano da casa. La cosa è riuscita a Matteo Napolitano, da 37 anni patron dell’Osteria del Gallo d’Oro. Siamo lungo una strada cantonale che da Lugano, in Svizzera, sale verso la montagna, in zona di “grotti”, i tipici locali di campagna del Canton Ticino, dove bere vino e fare merenda con prodotti locali. Anche il Gallo d’Oro nasce come bar osteria di campagna. Oggi è un ristorante elegante, che ha conservato l’ospitalità semplice e calorosa delle trattorie toscane.

Proprio i locali della sua città adottiva, Firenze, sono infatti il modello cui Napolitano si è ispirato quando, un paio di anni dopo aver preso in gestione il Gallo d’Oro insieme alla moglie Lisa, decide di dare una svolta all’attività. «I primi due anni sono stati molto duri - racconta Napolitano - lavoravamo dalle 9 alle 22.30, ma di clienti se ne fermavano pochi. Poi abbiamo deciso di eliminare l’attività bar e concentrarci sulla ristorazione. Pian piano siamo cresciuti». Il locale è stato fin da subito impostato sull’esperienza fiorentina di Napolitano: ambiente senza fronzoli, menu corto e pochi piatti del giorno raccontati a voce. «Per me - racconta - il ristorante deve essere un luogo dove il cliente si sente ben accolto. La cucina deve essere sapida, preparata con prodotti naturali, come quella fiorentina, che è povera, ma piena di gusto. Non si può dire, però, che la nostra cucina sia toscana, è regionale italiana. Abbiamo la bistecca alla fiorentina, ma anche piatti come le orecchiette con le cime di rapa o le penne alla Norma». L’offerta è evoluta nel corso degli anni, tutti i cuochi che si sono avvicendati hanno apportato qualcosa, nuovi piatti sono stati introdotti. Per esempio, Napolitano ricorda l’amico Sergio Vivoli, della famosa dinastia di gelatieri fiorentini. «Era il mio titolare quando ho cominciato a lavorare come gelatiere a Firenze, poi è venuto lui a lavorare da me per 17 anni - racconta -. Con lui abbiamo cominciato a fare in casa focaccia e cantuccini di Prato, che offriamo a fine pasto. I gelati già li facevo prima, oggi proponiamo 12 gusti. Tutto quello che è possibile fare in casa lo produciamo fresco: 8-10 kg al giorno di focaccia, la pasta fresca, come tagliatelle, tortelli e lasagne, che da noi vanno tantissimo. E poi i dolci e le torte, come la nostra millefoglie, fatta fresca tutti i giorni con crema chantilly italiana». La maggior parte degli ingredienti arriva dall’Italia. Quattro i fornitori di pesce, altrettanti di carne, un fruttivendolo. La frutta esotica arriva dal mercato di Zurigo.

La carta, esposta all’ingresso, enumera 14 antipasti e altrettanti secondi, 12 primi e una mezza dozzina di dessert. Qualche classico della tradizione toscana, come la ribollita e la panzanella, ma anche ravioli e tortelloni, penne all’arrabbiata o al pomodoro, spaghetti ai frutti di mare, polpette, fegato alla veneziana, pesce del giorno. Accanto a molti piatti c’è un asterisco che avverte: “piatti che si alternano nell’arco del mese”. «La carta c’è sempre stata, anche perché è obbligatorio esporla - dice Napolitano -. Ora la diamo anche all’interno, tradotta in 5 lingue, perché abbiamo una clientela variegata, tanti italiani, russi, arabi, cinesi. Ma la maggior parte dei clienti ama farsi spiegare i piatti a voce».

La dimensione personale dell’accoglienza non è da sottovalutare. Il proprietario e la moglie si occupano del servizio e sono affiancati da una squadra consolidata, che dialoga con una clientela altrettanto fidelizzata. Demetrio, il cameriere-sommelier, è al Gallo d’Oro da 13 anni, il cuoco Marco Noseda da 17, idem il secondo chef, originario di Montevarchi, mentre un terzo cuoco è qui da 10 anni. «Se si riesce ad andare avanti con lo stesso personale è meglio»,  dice Napolitano. I suoi dipendenti sono tutti assunti con il contratto nazionale di categoria. Questo significa, per esempio, che un lavapiatti, in Svizzera, ha uno stipendio minimo mensile lordo di 3.380 franchi, mentre camerieri e cuochi arrivano a 5-6.000 euro, tutti con sei settimane di ferie pagate l’anno. «Per questo, chiudiamo due giorni la settimana e due volte l’anno andiamo tutti in vacanza - spiega Napolitano -. Per rimanere sempre aperto dovrei assumere altre persone e i conti non tornerebbero più».

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