Troppo rumore fa male al ristorante

Pannelli a soffitto o a parete, materiali fonoassorbenti. E poi membrane fibre e soluzioni che arredano e riducono il rumore ambientale: come rendere più piacevole l'esperienza del cliente

rumore al ristorante
Pannelli a soffitto o a parete, materiali fonoassorbenti. E poi membrane fibre e soluzioni che arredano e riducono il rumore ambientale

Il 58% degli italiani si infastidisce se trova troppo rumore al ristorante e, quel che è peggio per i gestori che curano questi locali, non torna più nei luoghi in cui non trova, oltre al buon cibo, un ambiente rilassato e un buon comfort acustico. Lo evidenzia un’indagine che Doxa ha realizzato per Groupon nel 2017 e che mette in risalto un problema su cui si dibatte spesso, ma al quale spesso vengono date risposte poco concrete con risultati finali ancor meno tangibili. Se infatti è vero che una schiera sempre maggiore di manager e di chef di ristoranti di livello medio-alto è sempre più consapevole del problema della diffusione dei suoni nei locali, si continuano a registrare ancora oggi aperture di nuovi ristoranti, soprattutto di fascia media che curano bene vari aspetti della struttura ma spesso dimenticano clamorosamente quello legato del rumore.

Prima questione: la multisensorialità. Questo aspetto è riassunto così da Andrea Fenoglio, chef stellato e proprietario del 357 pizzaandfood di Merano, aperta nel 2016 seguendo un concetto “olistico” di progettazione. «Dalle altezze dei tavoli alla scelta delle sedute - spiega il patron del locale - abbiamo orientato le nostre scelte per dare agli ospiti un’esperienza globale che non deve limitarsi al gusto. Anche se, naturalmente questo resta la priorità, dobbiamo immaginare che il nostro servizio coinvolga tutti i sensi del cliente, compreso l’udito. E in quest’ottica il comfort acustico diventa essenziale».

L’evoluzione della ristorazione, quindi, si compie anche attraverso una progettazione più precisa degli ambienti. L’esperienza di consumo deve partire dal gusto, passare per gli occhi, stuzzicare il naso e accarezzare le orecchie (o almeno non infastidirle). Esiste un’ampia bibliografia di studi su quello che è definito, con un termine inglese, “soundscape”, unione tra i termini “sound” (suono) e “landscape” (paesaggio). Il “soundscape” di un ristorante è, in sostanza, uno scenario equilibrato nel quale sono presenti sorgenti di suoni distribuiti in modo intelligente per creare il massimo comfort agli ospiti. Insomma, da fonte di fastidio il rumore può diventare fonte di benessere.

Uno dei primi aspetti che emergono dalle analisi sul “soundscape” è che gli ospiti gradiscono i suoni di cui sono in grado di individuare facilmente l’origine. Quali? Per esempio le voci delle persone che sono al tavolo con loro o la musica quando, per esempio, è suonata dal vivo o proviene da impianti di diffusione sonora installati in modo da essere ben visibili. Al contrario, quando invece l’origine del suono non è rintracciabile deriva molto più frequentemente un fastidio. Questo avviene soprattutto con il vocio di altri commensali, con rumori “tecnologici”, per esempio prodotti da impianti come i climatizzatori o i frigoriferi, o, ancora, con suoni “di lavoro”, provenienti dalla cucina o dal lavaggio stoviglie.

Interessante mettere in risalto il fatto che esiste un livello ideale di intensità del suono quando si mangia, calcolato in 64 dB da una ricerca condotta nel 2010 da ricercatori della Purdue University, una delle più prestigiose degli Usa, in collaborazione con la catena alberghiera Marriott International. Analisi successive, sempre condotte negli Stati Uniti, hanno rilevato come questo livello sia abitualmente superato nei ristoranti. Come intervenire a questo proposito? Ci sono due modi principali per tenere sotto controllo i difetti acustici di un ambiente. Agire in fase progettuale scegliendo materiali e soluzioni appropriati oppure intervenire a correzione di una situazione preesistente che si è rivelata non soddisfacente. In entrambi i casi non mancano i prodotti e i materiali messi a disposizione dalle aziende, così come le strategie di azione possibili.

In fase di progetto occorre, innanzitutto, ridurre al minimo l’incidenza delle superfici cosiddette “fonoriflettenti” che, cioè, riflettono le onde sonore producendo la fonte primaria del disturbo acustico, il riverbero. Le superfici fonoriflettenti più insidiose sono soprattutto le vetrate o i rivestimenti compatti, non porosi, come alcune resine, piastrelle smaltate, lacche. L’impiego di intonaci fonoassorbenti, cartongessi speciali, sistemi a soffitto acustici e anche pitture ad hoc, oltre a una sapiente distribuzione degli spazi, può portare a soluzioni ideali. Nella progettazione è sempre opportuno avere il parere di un esperto in acustica, che può essere lo stesso architetto, se ha una preparazione specifica, oppure un consulente esterno.

Un tempo assai complessi, oggi invece gli interventi correttivi, definiti di “trattamento acustico”, trovano una vastissima gamma di prodotti in grado di trovare l’equilibrio sonoro desiderato in un locale. La gamma di soluzioni spazia dai tendaggi fonoassorbenti ai pannelli da soffitto o a parete (nella foto impiegati nel ristorante Orecchietteria Banfi di Roma), realizzati in materiali che possono essere stampati e armonizzati ai colori e ai decori della sala. Non bisogna poi dimenticare che un effetto di smorzamento del rumore viene spesso anche garantito da tutti gli oggetti imbottiti o rivestiti con tessuti, come tappeti, poltroncine, divanetti, lampade o abat-jour. Una novità relativamente recente sono i pannelli fonoassorbenti, di cui oggi è possibile trovare innumerevoli varianti, alcune che integrano sistemi luminosi a Led, altre che possono addirittura prendere le sembianze di quadri o opere d’arte o di arredo di grande effetto scenografico.
Anche nel caso del trattamento acustico, affinché la toppa non sia peggiore del buco, è importante affidarsi a esperti di settore, ingegneri o architetti che abbiano competenze di progettazione sonora. È un aspetto, questo, in cui il fai da te non ripaga e anzi rischia di costare parecchio se si deve intervenire in un secondo momento per sistemare errori compiuti nel corso di un intervento malfatto.

La propagazione del suono in un ambiente è un fenomeno fisico che risponde a leggi ben precise e che si può misurare con grande precisione, mediante dispositivi certificati e con procedure e tecniche che non si improvvisano. E poi per un ristorante, soprattutto se lavora molto di sera, può essere sempre utile disporre di una perizia acustica per dimostrare, in caso di reclami, che le norme sono rispettate.

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