La carta dei caffè aiuta il business

Carta dei caffè Paredi Chirivi Osteria La Lanterna

«Avevo in mente di realizzare una carta dei caffè, ma quando abbiamo aperto il locale, 5 anni fa, le cose a cui pensare erano tante e il caffè è scivolato in secondo piano; ora voglio formarmi seriamente anche su questo prodotto». È quanto dice Pamela Paredi, chef e co-titolare con Pasquale Chirivì dell’Osteria La Lanterna di Cressogno Valsolda (Co) durante l’incontro organizzato presso la torrefazione di Lipomo da Caffè Milani sul tema “La carta dei caffè al ristorante: come trasformarla in un valore aggiunto”. I consumatori più avanzati cercano un prodotto capace di rispondere a esperienze di gusto senza frontiere: il mondo del caffè può avere un suo ruolo se l’offerta passa da un generico espresso a una proposta più articolata. «È un processo analogo a quanto è avvenuto col vino e l’olio - osserva Cecilia Milani, che nel locale si occupa della sala -: richiede impegno e conoscenza, ma lo sforzo è ripagato dalla soddisfazione dei clienti». Per la loro carta dei caffè, hanno scelto una miscela della tradizione italiana e singole origini dai gusti particolari, apprezzati soprattutto dalle donne.

Creare una carta dei caffè è una scelta che, se ben gestita, può offrire una buona marginalità, come ha sottolineato Lorenzo Ferrari (autore del libro Brucia il tuo Menu): il classico caffè “da battaglia” può dare un ricarico del 1000% anche se venduto a 1 euro, mentre un Jamaica Blue Mountain, a 8 euro di vendita a tazzina offre un ricarico del 500%. Chi pensa sia meglio offrire il primo sbaglia: il secondo ha un valore percepito maggiore, migliora l’esperienza del cliente e consente un maggiore guadagno.

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