Il vino torna in tavola

Il Nomisma Wine Monitor certifica la ripresa dei consumi di vino al ristorante: gli spumanti best performer per i produttori

Le vendite di vino nell’horeca crescono, nei ristoranti più che nei bar. Per pranzi e cene fuori i preferiti sono il Prosecco, il Pinot Grigio e il Chianti. Tra i motivi che guidano le scelte dei clienti prevalgono la tipologia di prodotto, la denominazione Doc/Docg ma anche la bottiglia e l’etichetta, cui si presta un’elevata attenzione. Sono le principali evidenze emerse da On-trade tracking, l’osservatorio sui consumi di vino fuori casa curato da Nomisma Wine Monitor con l’Osservatorio del Vino basato sui dati forniti da un campione delle principali aziende produttrici di vino.

Se il canale off-trade (gdo, negozi alimentari ecc.) soffre ancora, l’on-trade (in cui rientrano  tutti i punti vendita che permettono il consumo sul posto) mostra un sostanziale incremento: nell’anno terminato a giugno 2016, le vendite segnano un +5,9% in valore rispetto ai 12 mesi precedenti (ovvero al periodo tra luglio 2014 e giugno 2015), con un incremento in volume del 2%.

In valore aumentano di più le vendite dei vini rossi fermi (+6,6%), seguiti da spumanti (+6,5%) e bianchi fermi (+5,5%). I vini in bottiglia da 0,75 litri crescono dell’8,6% nella ristorazione e del 10,3% nel canale hotel e catering. Performance inferiori per bar e wine bar (+4,4%) ed enoteche (+6,6%). Gli spumanti vanno meglio nella ristorazione (+9,5%) che negli altri canali, mentre i vini fermi - bianchi e rossi - registrano le performance migliori in hotel e catering (rispettivamente +15% e +12,5%).

Il canale prevalente di vendita al dettaglio cambia in base alla tipologia: per i vini fermi dominano i ristoranti (42% per i bianchi, 35% per i rossi), per gli sparkling vincono i bar e i wine bar (41%).

L’indagine Nomisma Wine Monitor ha coinvolto un campione di 1.000 individui, intervistati con modalità cawi (computer assisted web interviewing) sulle modalità di consumo: è emerso che l’85% degli italiani ha bevuto vino in almeno un’occasione nell’ultimo anno; di questi, il 47% è un “frequent user” (ha bevuto vino almeno una volta a settimana). Nell’ultimo anno quasi un italiano su due ha consumato vino fuori casa in pranzi, cene di lavoro o di divertimento (46% della popolazione).

Le persone che bevono vino prevalentemente fuori casa sono il 39%, con alcune differenze tra generazioni e aree geografiche. I Millennial, ovvero gli individui tra 18 e 35 anni, sono il 46%, contro il 35% della Generation X (35-51 anni) e il 20% dei Baby Boomer (52-65 anni). Superano la media nazionale i consumatori di Sicilia, Abruzzo, Marche, Veneto e Friuli Venezia Giulia e quelli delle grandi città: Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma e Napoli.

A guidare le scelte, per i Baby Boomer, sono la tipologia di prodotto (rosso, bianco, spumante ecc.) nel 30% dei casi e la denominazione Doc/Docg nel 16%; per i Millennial conta anche il prezzo (12% dei casi).

Anche nella scelta del formato l’età fa la differenza: il 42% dei Millennial opta per il calice, mentre il 50% degli over 50 sceglie la bottiglia da 75 cl (contro il 27% dei Millennial).

Tra i vini preferiti nei pasti fuori casa il Prosecco (36%) vince su Pinot Grigio (23%) e Chianti (21%). A bere vino durante i pasti fuori casa sono più i 45-54enni (il 50% del totale) che i Millennial (33%); più gli uomini (il 49% del totale) che le donne (il 41%); più le famiglie (49% del totale) che i single (37%).

Nelle scelte d’acquisto, il 25% considera importanti il packaging e l’etichetta: si presta attenzione alla descrizione in etichetta (per il 29% è l’elemento che attrae di più l’interesse), alla forma della bottiglia (23%) e al colore e alla forma dell’etichetta, (16%). In etichetta, per il 64% i gradi alcolici sono l’elemento clou.

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