Menù molecolari vivi e vegeti

Tecnica –

Da Anteprima a Chiuduno, nel cuore della provincia bergamasca, Daniel Facen porta avanti con determinazione una ben precisa linea di cucina molecolare. Con lo scopo di andare al cuore di un ingrediente e moltiplicarne i sapori

Di cucina molecolare si è parlato moltissimo. A volte è stata salutata come nuova frontiera della gastronomia, altre volte i toni sono stati fortemente critici, specie con riferimento all’uso degli additivi.
Poi, una volta che Ferran Adrià, il più famoso artefice della “nueva cocina” ha chiuso i battenti de El Bulli, sul tema sembra essere sceso un velo di silenzio.
Anni di lavoro creativo buttati al vento? Le cose non stanno così, come conferma Daniel Facen, chef del ristorante Anteprima di Chiuduno (Bg), una stella Michelin.
Un cuoco che non ha mai rinnegato il suo amore per la scienza applicata alla gastronomia, che in contemporanea con il catalano Adrià, il britannico Blumenthal, nonché il nostrano Ettore Bocchia, ha cominciato a mettere le basi della “cucina scientifica”.
«Già all’inizio della carriera studiavo chimica alimentare - dice - perché ero interessato a capire cosa succede all’interno di un alimento in cottura. Quando ho saputo di Adrià ho capito che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda: avanguardie che muovevano i primi passi per entrare nell’essenza di un alimento e sfruttarne le potenzialità grazie a nuove tecniche e strumenti».

Tecnologie ormai comuni

Se vogliamo ben vedere, ci sono “eredità” importanti che la cucina molecolare ha trasmesso alla ristorazione tutta. Il Paco-jet per esempio, diffuso in moltissimi ristoranti e perfino pizzerie, che consente di frullare in modo finissimo ingredienti surgelati dolci o salati, fino a ottenere gelati che non richiedono uso di basi, stabilizzanti o quant’altro. E ancora il sifone, che da semplice montapanna è diventato indispensabile per mousse, creme, “nuvole” e simili. Per non parlare dell’azoto liquido che consente di preparare gelati istantanei, o del Roner, il bagno termostatato per le lunghe cotture sottovuoto.
Ma la sperimentazione di Daniel Facen lo ha portato alla scoperta di nuove tecnologie. «L’evaporatore ad esempio - spiega -, una macchina costituita da due parti: una distilla i liquidi di un ingrediente, l’altra ne raccoglie il residuo secco e consente di ottenere un’acqua al sapore dell’ingrediente o una purea, da usare a piacere: sapore puro. Ancora: il sonicatore, che modifica la struttura delle cellule distruggendone la membrana e consente emulsioni impeccabili, salse perfettamente stabili di ingredienti che se emulsionati in modo tradizionale tenderebbero a separarsi in breve».
L’ultima novità è la macchina a ultrasuoni, nata in campo medicale. Spiega lo chef: «Si usa in abbinamento al roner e crea nell’acqua onde ad alta frequenza, che si propagano in tutta la vasca generando micro bollicine. Queste scaldano i tessuti, tramite pulsazione cellulare. In questo modo si cuociono e rigenerano gli ingredienti in maniera diversa da quanto si faceva con il roner. Bisogna assaggiare per capire».
Ultima, e ancora in fase di sperimentazione, la centrifuga professionale. ««Serve per concentrare un alimento, separandolo nelle sue componenti. Ad esempio, da un pezzo di Parmigiano posso ottenere tre sostanze: la parte secca, quella liquida e quella grassa. Su questo sto ancora facendo dei test, ma mi aspetto interessanti risultati nel prossimo futuro».

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