Rosti: la rivincita della trattoria di prossimità

Cuore del Rosti, neo meeting point del Pigneto, quartiere di Roma caro a Pasolini, è un dehors verde pensato apposta per far incontrare il vicinato. Bisteccheria, griglieria, rosticceria, pizzeria e molto altro

Prendete un’officina, montate un forno e un girarrosto e mettete tavoli all’aperto, con giochi per i bambini e un piccolo orto. Questo è il cuore di Rosti, il nuovo spazio polivalente creato nel bel mezzo del Pigneto, quartiere della Capitale caro a Pasolini, che sta vivendo un grande risveglio.
A dar vita a questo nuovo spazio sono Marco Gallotta e Massimo Terzulli, già ideatori del successo gastronomico di Primo, cui si sono aggiunti Leonardo Rigon e Gabriele Paziani. Di giorno area pedonale con mercato, il Pigneto, di notte, è uno dei luoghi di aggregazione sociale più frequentati della metropoli.
In questo contesto è nato il successo di Primo nel 2006 e adesso si replica con Rosti.

Garden di quartiere

L’idea è quella di dare agli abitanti della zona un garden, dove sedersi a colazione per un cappuccino e un cornetto, a pranzo per un lunch a base di piatti del giorno e a cena per una pizza, un hamburger o una bella grigliata. Il tutto con buona pace dei più piccoli, che si possono scatenare sulle giostrine e mangiare il “BimboMenù”, rivisitazione romana dell’happy meal, con mini hamburger, succo di frutta bio e mattoncini lego di mais per le costruzioni.

«La gente del quartiere lo sta prendendo come il giardino di casa e di questo siamo felici», racconta lo chef-patron Marco Gallotta. Complice il bel sole che ha benedetto le prime settimane di apertura, lo scorso settembre, nonché le luminarie che di sera creano un ambiente da sagra di paese.
All’interno l’atmosfera è stata studiata da Roberto Liorni, architetto che già si era cimentato con il recupero chic di Primo al Pigneto e che qui ha inventato uno spazio votato alla convivialità, riportando il contrasto chiaro-scuro già presente nel primo locale.

Tre sale più cucina, su uno spazio di 300 mq.
Nella stanza centrale nonché d’ingresso, il forno delle pizze e il girarrosto con i polli allo spiedo che girano lenti. Ai lati, due stanzoni con grandi “tavoli sociali”, realizzati con piani in lamellare in rovere da 6 m, da 20 persone l’uno per un totale di circa 100 coperti. Più l’esterno, che nella bella stagione può arrivare a contare altri 150 coperti.

Numeri come questi impongono una cucina svelta. Così Gallotta esprime l’idea: «Dare in formula semplice un prodotto buono in partenza», con una scelta studiata delle materie prime, che si avvantaggia del know
how sedimentato negli anni da Primo. «Un lungo lavoro di ricerca dei fornitori che meglio si adattassero alle nostre esigenze: qualità e genuinità».

Una cucina svelta, un servizio semplice e materie prime top
Una scelta che, pur non volendo essere bio a tutti i costi, ci si avvicina in più punti: l’olio rigorosamente extravergine d’oliva laziale che si utilizza anche sulla pizza (Cervo Rampante e Zangrillo le aziende scelte); la salsa di pomodoro per le pizze; la farina del mulino Sobrino, con grano mai mischiato ma sempre rintracciabile, lavato con acqua e macinato a pietra; i succhi di frutta bio per la colazione; le uova e polli provenienti dalla Fornace di Asti.

La scelta dei fornitori

Trattandosi di bisteccheria con girarrosto, è sulla carne, però, che si fa più filosofia. «A Roma - afferma Gallotta - quando dici griglieria tutti pensano a quei posti dove si mangiano bistecche che arrivano da tutto il mondo. Noi abbiamo scelto che la carne di manzo venisse da un solo produttore, ma che fosse buona».
E lì Gallotta tira fuori lo smartphone e cerca il video delle mucche che pascolano nel verde. Bestie di razza maremmana allevate allo stato brado a due passi da Saturnia (Gr), in un agriturismo biologico che si chiama Aia della Colonna, che vanta 320 ettari di terra a 400 metri d’altezza.
Da lì vengono anche gli agnelli e i maiali, ma attenzione sempre bestie già svezzate, che arrivano intere e che vengono processate dalla squadra di Gallotta.

Da Rosti si va anche per brunch a buffet e prime colazioni

I pezzi pregiati vanno da Primo, come ad esempio il filetto di manzo, le parti meno nobili vengono servite da Rosti.
«Mettere in carta gli hamburger è stato un trucco studiato per sfruttare praticamente tutto l’anteriore della bestia». Il vantaggio? Che non solo del maiale, ma anche delle altre bestie non si butta via niente. Come il quinto quarto (la trippa, la coratella) che viene proposto come fuori menù da Rosti nei giorni di consegna.
«Il fatto di prendere bestie intere, ci ha consentito di migliorare la nostra capacità contrattuale. Per un manzo intero, per esempio, adesso paghiamo quasi la metà di quanto pagavamo quando era aperto solo Primo, ma ora chiediamo anche due manzi al mese», spiega Gallotta.

Rosti non è solo griglia. Come si diceva, è spazio polifunzionale, che apre fin dalla mattina e comincia con le colazioni, per proseguire con il pranzo e la cena, dove anche i vegetariani trovano hamburger per i loro denti.
Una nota: la pasta a cena non si cucina. Al massimo a pranzo, fuori lista, ma solo se la cucina lo consente. Sabato e domenica, poi, è giornata di brunch, con formula a buffet libero (20 euro, bevande escluse).
Ennesima conferma dell’anima popular di questo locale, la scelta della birra: la sarda Ichnusa. Un piccolo produttore italiano, ma low cost. Per chi preferisce una scelta più raffinata c’è una carta delle birre in bottiglia con 50 specialità artigianali.

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