Locali a tempo, varianti a tema

Tendenze –

Strutture che aprono una settimana e poi si spostano. In location esclusive per un numero ristretto di ospiti. Oppure in appartamenti privati. È la formula del “guerrilla restaurant”, che può offrire spunti alla ristorazione tradizionale

Guerrilla o pop up o temporary restaurant: è una delle nuove frontiere del mondo della ristorazione che punta su spazi insoliti, che vanno dagli scantinati ai tetti, alle abitazioni private, ma anche a location prestigiose, con format itineranti e temporanei, generalmente in luoghi e date segreti per il grande pubblico e comunicati solo a invitati selezionati. Non sono pochi gli spunti che anche la ristorazione tradizionale può prendere in prestito da questa moda, tenendo presente che quello che stuzzica il consumatore di queste proposte sono l'atmosfera intima dell'ambiente, la dimensione conviviale e non standardizzata, esperienze culinarie di alta qualità legate a sapori locali, in molti casi curate da chef di tendenza, coniugate con musica o arte.
Una formula, quella del “guerrilla restaurant”, che sembra aver subìto un graduale passaggio da una versione più underground a una più modaiola e glamour.
«Inizialmente si è trattato perlopiù di ristoranti quasi clandestini, allestiti in abitazioni private o in location alternative, come garage, fabbriche dismesse, scantinati; nascevano il più delle volte sotto la spinta di cuochi di tendenza vogliosi di proporre una cultura gastronomica di frontiera, alternativa a quella dei grandi ristoranti. Inoltre, il cibo era celebrato in quanto espressione del gusto del buon vivere, della buona tavola, della convivialità», spiega Sabrina Pomodoro, docente presso l'Università Iulm di Milano, che si è occupata dell'argomento nel volume “Spazi del consumo”. «L'atmosfera quindi era più quella di una residenza privata o di un club letterario, che quella di un ristorante vero e proprio. L'evento era costituito, infatti, da un mix di cucina, incontri letterari, mostre d'arte, letture di poesie, danze etniche».
Questo genere di ristorante si è trasformato poi in uno spazio esclusivo ed elegante, spesso allestito in appartamenti lussuosi o anche in location più prestigiose, che offre serate mondane a un ristretto e selezionato numero di persone, di solito a invito. «Uno spazio dal design interno sofisticato, dall'atmosfera suggestiva e cool, nel quale possono anche essere coinvolti chef famosi, architetti, designer di moda. Il locale apre all'improvviso e rimane aperto a tempo determinato».

Solo per “iniziati”

Ciò che tuttavia rimane fondamentale è l'atmosfera comunque privata dell'ambiente, la ricerca di uno spazio di condivisione, il piacere di instaurare nuove relazioni anche con persone estranee, nonché le esperienze culinarie di alta qualità.
Il successo di tali formule è attribuibile «a quell'insieme di connotazioni positive spesso trascurate dalla ristorazione più tradizionale: la dimensione conviviale dello spazio e il clima intimo del locale, la capacità di proporre fusioni culinarie tra cucina e altre sfere culturali, come arte o musica, la componente dell'entertainment, l'offerta gastronomica, che coniuga la sperimentazione di nuovi territori del gusto e al tempo stesso l'attenzione ai sapori locali e tradizionali; il livello qualitativo del servizio e la flessibilità dell'offerta», sottolinea Pomodoro.
D'altronde, secondo la docente, pur rimanendo per ora due correnti abbastanza separate, i ristoranti a tempo possono offrire validi suggerimenti anche alla ristorazione tradizionale, «per migliorare la propria offerta e adeguarsi a un consumatore sempre più flessibile, alla ricerca di un bisogno di convivialità, che passa anche per il gusto della buona tavola. D'altronde, altre esperienze di successo, citiamo in primis il caso di Slow food, sono esemplificative dell'importanza odierna dell'idea di alimentazione come occasione di socialità e di recupero di una dimensione del piacere, come riscoperta delle tradizioni locali, come educazione al sapere gastronomico».

Un trend globale

Il fenomeno, partito dagli Stati Uniti per arrivare a Londra, Berlino, Parigi, Varsavia, sta prendendo piede anche in Italia, soprattutto a Milano, seguita da Roma e Bologna. Casi di successo sono per esempio il Bon Appetit Supper Club & Cafe (a New York, dove i guerrilla restaurant conosciuti sono un centinaio), un ristorante che apre per periodi limitati a una settimana, coinvolgendo ogni volta chef internazionali; oppure Nomiya, a Parigi, che consiste in un parallelepipedo prefabbricato di vetro e metallo, trasportabile, installato sopra il tetto del museo del Palais de Tokyo.

Esperienze italiane 

«Nella Penisola il fenomeno sembra assumere due vesti differenti - racconta Pomodoro -. Da una parte vi sono i ristoranti-evento temporanei, le kermesse gastronomiche, spesso promosse da grandi brand, lontani tuttavia dal carattere segreto dei guerrilla restaurant. Per esempio l'evento gastronomico Taste of Milano, ricco di eventi, show cooking e chef di grido». Altri casi si sono visti durante la fashion week milanese a febbraio, e ancor più di recente al Salone del Mobile. Dall'altra le cene tra privati, semplici appassionati. «Pur con una assai minore diffusione rispetto alle capitali estere - sottolinea Pomodoro - sono individuabili cene esclusive a carattere privato, sul modello europeo, organizzate in casa in date prestabilite e destinate a un gruppo contenuto di ospiti paganti: un esempio è la rete nazionale delle Cesarine dell'Associazione HomeFood, che organizza cene in casa in tutta Italia, oltre che corsi di cucina, destinati a valorizzare la cultura del cibo tradizionale, tipico e regionale e i sapori antichi».
Queste iniziative hanno mantenuto inoltre il carattere di “segretezza”: sono i siti Internet, i social network, i blog o il passaparola a comunicarne la presenza e a permettere di parteciparvi. ¡

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