Enrico Bartolini: cucina d’autore anche a distanza

Enrico Bartolini
Idee chiare sul proprio stile, in cucina e in sala. Una brigata consolidata. Così Enrico Bartolini dirige con successo piu’ locali in quattro diverse città

Coniugare una visione della cucina da cuoco stellato con lo spirito imprenditoriale. Avere le idee precise sul proprio stile in termini gastronomici e di accoglienza, unito alla capacità di replicarlo anche in locali gestiti “in remoto”. Saperci fare alla grande con la creatività ai fornelli, ma avere ben chiaro il valore della tradizione italiana; allo stesso tempo essere consapevole dell’importanza di attualizzarla con equilibrio, misura e stile personale, tramite la sperimentazione culinaria.

Enrico Bartolini è un po’ così, imprenditore e cuoco in carriera a due stelle Michelin, che dopo l’esperienza durata sei anni al Devero Hotel a Cavenago, ad aprile scorso ha dato una svolta alla sua carriera. Così si è trasferito armi e bagagli a Milano, per occuparsi della gestione del ristorante gastronomico che porta il suo nome, nonché del Bar bistrot, rispettivamente al terzo piano e al piano terreno del Mudec, il Museo delle Culture: un luogo prestigioso, ideale per l’internazionalità del contesto e per la location in zona Tortona, in uno dei quartieri più vivi e creativi della città.

Ma non è questo l’unico impegno dello chef di Pescia, che già ai suoi esordi era stato salutato come una promettente, giovane leva della cucina - il tutto confermato poi dai fatti, visto che non ancora trentenne Enrico aveva conquistato la prima stella Michelin e quattro anni dopo la seconda, durante la gestione del Ristorante Devero.

La scorsa primavera infatti, dopo aver lasciato Cavenago, Enrico ha preso in carico pure La Trattoria Enrico Bartolini. Ma non facciamoci fuorviare dal nome, qui si tratta di una luxury destination  - che fa capo alla franciacortina famiglia Moretti, imprenditori nel settore vitivinicolo, agroalimentare, alberghiero, delle locazioni e vendite immobiliari  - presso l’Andana, Hotel & Spa Resort a 5 stelle a Castiglione della Pescaia (Gr), con l’operatività quotidiana della cucina affidata al resident chef Marco Ortolani.

Poco tempo prima (a marzo scorso) l’instancabile Enrico aveva aperto a Bergamo, in città alta, il Casual Ristorante: una formula ristorativa che non rinuncia alla qualità degli ingredienti, ma declina le ricette in modo semplificato e di conseguenza con un target di prezzo più accessibile, per attirare un pubblico di giovani e di foodies. E a quanto pare sta funzionando alla grande, tanto da aver preso la stella.

Basta? Macché! A coronare il tutto, ecco l’ultima novità che ha preso forma lo scorso agosto: la responsabilità del Glam, ristorante gastronomico di Palazzo Venart (sono solo 18 le camere), un nuovo luxury Hotel a Venezia di proprietà del gruppo alberghiero Ldc di Taiwan - società che ha finanziato il restauro milionario del palazzo, affacciato sul Canal Grande - che ha fortemente voluto con sè lo chef toscano.

Il tutto fa pensare a un cuoco itinerante, forse poco presente ai fornelli del suo main restaurant milanese. Niente affatto, come ci spiega lui stesso: «È vero che sto vivendo un momento di attività frenetica su più fronti, e ne sono entusiasta, ma il ristorante al terzo piano del Mudec è quello dove passo più tempo in assoluto. Certo, se non avessi uno staff avviato da tanti anni di lavoro insieme non mi sarebbe possibile guidare a distanza anche altri locali. Primi fra tutti Remo Capitaneo, che è con me in cucina fino dai primi anni del Devero, insieme a Sebastien Ferrara, direttore di sala e sommelier. Per me il capitale umano è un aspetto fondamentale, così come è importante saper trasmettere allo staff la propria visione della cucina. E io ho le idee chiare su ciò che mi piace proporre, su come una tavola deve essere allestita, su come va accolto un ospite e proprio grazie allo staff collaudato so di poter trasmettere il mio stile gastronomico, che è comunque sempre in evoluzione».

Certo il “Bartolini style” è il fil rouge imprescindibile, tanto che alcuni suoi signature dish (come il Risotto alle rape rosse con salsa al gorgonzola o i Bottoni olio e lime con salsa di cacciucco e polpo arrosto) sono presenti nei vari ristoranti, anche se allo stesso tempo ogni location ha sua identità gastronomica, in parte dettata anche dal resident chef. Uno stile, quello di Enrico, che si traduce nel suo motto: “Contemporary Classic”: che significa rispettare il sapore che la tradizione ci ha insegnato, ma ricercare una via per superarlo e riproporlo in chiave nuova. Senza mai essere né troppo cerebrale né banale. «Contemporary classic significa creatività, con misura. L’ospite deve trovare dei concetti italiani a tavola - dice Bartolini - con chiaro l’obiettivo di far giungere al cliente, italiano o straniero che sia, un concetto di generosità nel piatto e qualità delle materie prime». Mica facile. «Anche perché - ammette Bartolini - ogni ingrediente  “racconta” una sua storia, alcuni sono quasi imperfettibili, ma allora significa che io come professionista non sono ancora pronto a confrontarmici. Dunque bisogna conoscerne a fondo il sapore e scoprire come accentuarlo e dargli un tocco particolare».

Alla base di tutto c’è sempre una visione d’impresa, dello chef, che sottolinea: «Il controllo degli standard di cucina è basilare e in questo ci aiuta una figura chiave: il responsabile amministrativo, che ci aiuta a tenere controllato il lavoro e i costi». E se la visione è quella d’impresa, c’è anche la necessità di ottimizzare le forniture. Spiega Bartolini: «Per alcune materie prime abbiamo centralizzato gli acquisti, mentre per altre ho preferito puntare sui fornitori locali, sia per una questione di freschezza, sia per caratterizzare il piatto e ogni ristorante nel proprio territorio».

Ciò detto, il terzo piano del Mudec è la “plancia di comando” di Bartolini, la cui proposta è basata su tre menu opzionabili (oltre al menu à la carte): Be Contemporary (7 portate, 160 euro), Be Classic (menu degustazione a 110, che comprende i piatti più emblematici dello chef) e infine Green Taste, menu vegetariano in 6 portate (sempre a 110 euro). A pranzo invece vige un lunch a 45 euro, basato su un ingrediente di stagione o a tema.

Dopo il trasferimento milanese i risultati non si stanno facendo attendere: «Ci sono aficionados - conferma Bartolini - che ci hanno seguito da Cavenago a Milano, e tanti nuovi clienti che sono venuti a conoscerci. Il team è motivato, stiamo pianificando il lavoro dei prossimi mesi e definendo il ritmo dell’accoglienza e delle sorprese che arrivano al tavolo. Sono soddisfatto: la sera la sala è quasi sempre al completo, con una settimana abbondante di prenotazioni fissate». Altro che cuochi “artisti”, qui si sta con i piedi per terra. E le cose funzionano per tutti.

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