Il futuro dei locali richiede specializzazione e qualità

Sul mercato non c’è più posto per formule poco chiare e indifferenziate. La ristorazione deve puntare su qualità accessibile, mangiar sano, sostenibilità, valore dell’esperienza

Il mercato del fuori casa in Italia si mostra vitale, complesso e affollato: i 72 miliardi di euro di consumi annui sono distribuiti in circa 290mila punti vendita. A livello di fatturato al primo posto c’è la ristorazione con 110mila locali e un mercato che vale 33 miliardi, al secondo i bar, 130mila punti vendita e 20 miliardi. Il consumatore sceglie il canale in base alle esigenze del momento, mostrandosi “volatile”, poco fedele.
Quale futuro attende il settore? L’ha analizzato Angela Borghi, responsabile sviluppo di TradeLab, presentando la ricerca “I format del fuori casa oggi e domani - Gli ‘ingredienti’ per la ristorazione del futuro”, realizzata in preparazione a Host. Questi ingredienti sono principalmente quattro: qualità accessibile, mangiar sano, sostenibilità e capacità di trasmettere un’esperienza.
«Ciò che negli ultimi anni ha maggiormente penalizzato molti ristoranti è il volere offrire “di tutto” in modo indifferenziato - afferma Borghi -. Vincono gli esercizi che si sono specializzati e differenziati per qualità e varietà di offerta, con un occhio ai trend del momento».

Puntare su formule super economiche può apparire una scorciatoia utile, ma nel lungo periodo non dà guadagno né qualità.
Dalla ricerca emerge che il prezzo è importante, ma correlato alla qualità delle materie prime, alla varietà e all’originalità delle preparazioni. Assume sempre più importanza il mangiar sano, come la possibilità di trovare proposte adatte agli intolleranti, celiaci in primis, e ricette vegetariane.
Un altro must è la sostenibilità, che spazia dalla riduzione degli sprechi e dell’impatto ambientale all’utilizzo di alimenti a chilometro zero o di agricoltura, pesca e allevamento sostenibili, dall’autoproduzione di energia ad arredi ecocompatibili. Il quarto punto fondamentale è trasmettere un’esperienza, fatta di informazioni, di una storia da raccontare, di gusti e aromi particolari. Lo chef ha dalla sua la ricerca, lo studio e la lavorazione che stanno alla base di ogni piatto.
Infine ci sono i social, in grado di dare eco all’offerta e richiamare l’attenzione su serate a tema o proposte particolari. La premessa fondamentale è che la comunicazione sia reale, veramente “sentita” da chi opera nel locale.

«Non esiste un solo format vincente, ma più formule da scegliere in base alle particolari esigenze del singolo locale - conclude Angela Borghi -. Ogni ristorante deve, però, imparare a “conoscersi”, a cogliere o creare dei punti di forza e puntare su questi, soprattutto nella comunicazione verso l’esterno per differenziarsi, emergere e farsi notare. Con un occhio di riguardo ai nuovi trend: il mondo del consumo fuori casa è fluido e in continua evoluzione».

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