Se la provenienza fa la qualità

“Nuove” e “Novelle” sono ottime, ma le patate di Bologna si prestano a essere conservate a lungo. E sono le uniche con la certificazione dop

È a pasta gialla, ma si è guadagnata la reputazione della versatilità. Tanto che oggi la Patata di Bologna, l’unica in Italia a vantare il marchio Dop, è ritenuta adatta a tutti gli usi: per fare il purè, gli gnocchi, per essere bollita, cotta al forno e fritta (ha debuttato lo scorso luglio il logo del nuovo Consorzio di Tutela Patata di Bologna Dop). È coltivata fin dal Seicento in provincia di Bologna nei territori compresi tra i fiumi Sillaro e Reno. Qui il clima è piovoso e il suolo è ricco di potassio, fosforo e azoto, inoltre è leggero e con una buona capacità drenante. Tutte circostanze che aumentano il pregio di questa patata conferendole qualità distintive come l’odore e il gusto di “una volta”.

La varietà è la “Primura” ed ha perciò forma ovale-allungata e piuttosto regolare. La granulometria è fine, la polpa è turgida e consistente, il colore variabile dal bianco al giallo paglierino. La buccia è chiara e liscia, il calibro varia dai 40 ai 75 mm. Importantissimo nella costruzione di un’identità così precipua, il ruolo dei produttori che nel corso degli anni hanno messo a punto tecniche colturali di alta precisione, maturando così un know how unico e difficilmente uguagliabile.

Normalmente le patate si raccolgono in estate, soprattutto in luglio e agosto quando raggiungono la totale maturazione segnalata dall’ingiallimento della parte aerea. Appena raccolte sono commercializzate con l’appellativo di “patate nuove”. Se invece sono raccolte quando non sono ancora mature si chiamano “novelle” e sono raccomandate per la cottura al forno, anche con tutta la buccia. La patata di Bologna Dop è ottima fresca ma è anche un prodotto molto serbevole e se ben tenuta, al buio e in luoghi freschi e asciutti, si conserva per parecchi mesi.

In viaggio con Ristoranti nell'Italia delle specialità alimentari.
Da conoscere, usare, valorizzare

 

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