La “Carta di Milano” invita alla responsabilità

Tutti - individui, imprese, enti, associazioni - sono chiamati a impegnarsi ai fini di aprire una fase nuova del rapporto tra uomo e cibo. Per combattere macroscopiche ingiustizie nell’accesso alle risorse e, insieme, tutelare il pianeta

Fra le più interessanti e ambizione proposte lanciate da  Expo 2015 c’è la Carta di Milano. Si tratta di un documento che impegna i cittadini, le imprese e le istituzioni che lo sottoscrivono a darsi da fare collettivamente per rendere possibile vincere le grandi sfide connesse al cibo: combattere la denutrizione e la malnutrizione, promuovere un equo accesso alle risorse naturali, garantire una gestione sostenibile dei processi produttivi. A spingere i promotori a ideare e lanciare questa iniziativa sono due dati in stridente contraddizione fra loro: da un lato, l’enorme numero di persone denutrite (800 milioni) o malnutrite (oltre 2 miliardi) nel mondo, dall’altro la quantità di cibo che, sempre a livello mondiale, ogni anno viene buttato via: 1,3 miliardi di tonnellate.
La necessità di affrontare decisamente questa complessa materia nasce, per i promotori, anche dalla considerazione di quanto sia ormai urgente e indiffereribile ripensare al nostro rapporto con il pianeta in chiave diversa. Il modello di crescita basato sul tradizionale percorso “prendere-trasformare-buttare” si è ormai dimostrato, oltre che dannoso, non più sostenibile, anche alla luce dell’aumento della popolazione mondiale, che nel 2050 supererà i 9 miliardi di persone, e della necessità di salvaguardare risorse non infinite perché ne possano fruire anche le generazioni future.

Impegno individuale e collettivo
Le principali questioni che interessano l’utilizzo sostenibile delle risorse del pianeta, così come sono state definite dagli esperti italiani e internazionali che hanno collaborato alla fase preparatoria della Carta di Milano, sono quattro. La prima attiene ai modelli economici e produttivi che possono garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale. La seconda concerne i tipi di agricoltura che riusciranno a produrre una quantità sufficiente di cibo sano senza danneggiare le risorse idriche e la biodiversità. La terza questione mette sotto la lente le pratiche e le tecnologie per individuare le più idonee a ridurre le disuguaglianze all’interno delle città, dove si sta concentrando la maggior parte della popolazione umana. Infine, l’ultimo aspetto prende in considerazione il cibo non solo come mera fonte di nutrizione, ma anche come identità socio-culturale.

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