Dai bitcoin alla moneta digitale

Dalla moneta virtuale ai pagamenti con lo smartphone. I metodi di pagamento cambiano, serve prepararsi

Adattarsi alle richieste della clientela internazionale per un ristorante vuole anche dire aprirsi alle nuove tecnologie e ai sistemi di pagamento elettronico, che in Italia ancora non sono così diffusi, ma che all’estero sono ormai adottati da una larghissima fetta della popolazione.

In Italia non mancano esempi di precursori che decidono di adeguarsi. Forse il più eclatante è quello della trattoria Zanze XVI (Ve), che da gennaio ha deciso di accettare pagamenti con la moneta più chiacchierata del momento, i bitcoin. Tutto avviene attraverso una app che chiunque possieda bitcoin può scaricare sul proprio smartphone o computer. Si chiama bitpay (la trovate sul sito bitpay.com) e, oltre ad essere un’applicazione, è anche una società, che ha stretto accordi per i pagamenti digitali con gruppi come Ingenico, NCR Silver, Soft Touch, Visual Touch, DC POS e New West Technologies, alcune delle quali sono attive anche in Italia. I pagamenti quindi possono avvenire sia attraverso un terminale Pos adatto ad accettare i bitcoin, sia attraverso smartphone o tablet.

Ma cosa sono i bitcoin? Sono una moneta virtuale che inizialmente serviva a favorire una specie di baratto: io acquisto un servizio da te e ti ripago con un altro servizio fornito da me. A ogni servizio si attribuiva un valore ipotetico in bitcoin. Si è venuto a creare, così, un sistema di scambio, valutato in bitcoin, che saltava le banche e stabiliva un contatto diretto tra i contraenti. Per gestire gli scambi occorreva però un libro mastro, in cui tutte le transazioni fossero registrate, e per questo fu inventata la blockchain: un database, aggiornato ogni 10 minuti con tutte le nuove transazioni in bitcoin, a cui ognuno può accedere e anche scaricare, diventando così un nodo della catena. Questo libro mastro condiviso tra milioni di utenti è così la principale garanzia del sistema, perché - dicono i suoi creatori - rende impossibile la sua manomissione, dal momento che ne esistono migliaia e migliaia di copie salvate e aggiornate su computer di tutto il mondo. Un sistema che salta completamente l’intermediazione degli istituti di credito, rendendo le transazioni libere da commissioni, costi, interessi.

Nell’attesa che questo sistema monetario alternativo si sviluppi, i ristoratori faranno però bene a prestare attenzione ad altre trasformazioni in corso nel mondo dei pagamenti. Tutto il mondo si sta rivolgendo sempre di più ai pagamenti digitali, non solo con carte di credito o bancomat tradizionali o contactless, ma anche con nuovi sistemi basati sull’impiego degli smartphone. Del tema si è parlato lo scorso marzo a Milano, in occasione di un convegno organizzato dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano che ha l’obiettivo di monitorare la diffusione dei sistemi di pagamento elettronici in Italia. «Nel 2017 abbiamo assistito - ha spiegato Valeria Portale dell’Osservatorio - a una crescita dell’11% dei pagamenti digitali, per un valore di oltre 220 miliardi di transato attraverso le carte di debito (bancomat) o di credito. Lo scontrino medio è circa 60 euro per acquisto, ma sta scendendo. In che cosa consistono i pagamenti digitali? Al di là di quelli con le carte, sono soprattutto i cosiddetti “new digital payment” a crescere e, in particolare, l’impiego di carte contactless e l’utilizzo degli smartphone per pagamenti su terminale Pos o anche verso un altro smartphone».

Questa tecnologia, in particolare, va seguita da vicino, perché consente di effettuare in modo praticamente immediato pagamenti anche di pochi euro con grande facilità. L’esempio più emblematico è probabilmente Jiffy, un servizio garantito da 130 banche italiane, che si effettua tramite una app scaricabile su smartphone. È sviluppato e gestito da Sia, gruppo europeo attivo nel settore dei servizi tecnologici per i pagamenti, che, dopo una fase di test, ne ha allargato l’uso anche per i pagamenti nei negozi. «Sono oltre 800 gli esercizi in Italia già attrezzati - dice Marco Polissi, responsabile Jiffy di Sia -; i pagamenti si possono incassare via smartphone o tablet di ogni produttore o su Pos Android. Il vantaggio è che è un sistema interoperabile, cioè funziona tra conti di banche diverse, senza alcuna barriera di ingresso. A seconda dell’istituto di credito che propone il servizio ai suoi correntisti l’utilizzo può essere gratuito o soggetto a una commissione». Jiffy si inserisce in un’evoluzione normativa e tecnologica che punta a rendere immediati i trasferimenti diretti di denaro da conto a conto. A novembre, infatti, ha preso il via il sistema SCT Inst Scheme, che coinvolge 34 Paesi e che introduce il bonifico istantaneo, cioè trasferimenti di denaro che si completano nell’arco di 10 secondi.

Certamente ci sono ancora diversi freni, in Italia, allo sviluppo dei pagamenti elettronici, prima di tutto le alte commissioni richieste per l’utilizzo dei Pos e le politiche delle banche che non si armonizzano tra loro. Ma sono ormai 90 mila i terminali per i pagamenti Pos in Italia, e il 60% è attrezzato per il contactless. «L’obiettivo - osserva Paolo Bortoluzzo, amministratore delegato di Nexi (ex Cartasì) - è investire per trovare soluzioni meno gravose per gli esercenti e accelerare con lo sviluppo e la distribuzione di “smart Pos” in grado di rendere il pagamento semplice per cliente ed esercente». Razionalizzare è d’obbligo.

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