Carbonara Day: Marco Sacco rilancia la sua Carbonara Au Koque e la propone ai cinesi

carbonara

Un singolare evento gastronomico si è svolto in nessuna località e con nessuna deguatazione il 6 aprile scorso. Niente luogo fisico perché Il Carbonara Day - hastag #CarbonaraChallenge - è avvenuto sul web con milioni di interventi su Facebook, Instagram e Twitter e quanto alle degustazioni sono quelle eventuali che si sono svolte nelle cucine di chef e cucinieri privati che hanno messo in pratica le proposte emerse.
Come la prima edizione dell'anno scorso, anche questa è stata creato dai pastai di Unione Italiana Food con  l’adesione di Ipo (International Pasta Organisation).

Innumerevoli, come era facile aspettarsi, le interpretazioni con contaminazioni di ogni tipo, versioni vegane, vegetariane e variamente eretiche. Alla fine ha prevalso un generale attaccamento alla versione ortodossa, e tra le varianti più interessanti praticabili merita attenzione quella di Marco Sacco, due stelle Michelin, che ha rilanciato la sua Carbonara Au Koque.

«La carbonara è amatissima in Oriente - spiega Marco Sacco, che ha all’attivo numerose collaborazioni e consulenze in Cina - Le ragioni di questo successo? Innanzitutto la sua bontà, poi la sua formula semplice fatta di tre ingredienti, pasta, uova e maiale, tutti facilmente reperibili, anche in Cina. Il 2019, inoltre, secondo il calendario cinese è l’anno del maiale: quale migliore occasione per farla conoscere a tutti i cinesi».

Nella versione di Sacco il pecorino viene sostituito dal Grana Padano, il guanciale dal prosciutto crudo affumicato di Vigezzo e la crema d’uovo viene “potenziata” con panna e gin, poi versata direttamente dal cliente nel piatto.

Quanto alla pasta, Sacco dichiara: «Io amo usare gli spaghetti che, muovendosi nel piatto, permettono al condimento di circolare e di attaccarsi per bene. E poi se deve essere un piatto internazionale gli spaghetti sono universali, sono il nostro ponte con la Cina. Li abbiamo inventati noi o loro? Marco Polo li ha esportati a Pechino o li ha importati in Italia? Se ai cinesi i francesi vendono airbus e i tedeschi le automobili, noi dobbiamo vendergli la nostra cucina, la nostra cultura e il nostro talento. Magari partendo da un piatto di spaghetti alla carbonara».

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