Ristorante o fattoria? Il passo può essere breve

Sposare la filosofia del chilometro zero richiesde una vera e propria strategia di filiera

Una volta - ma per molti ristoratori ancora oggi - era così: un cestone sul buffet o sul tavolo d’ingresso al ristorante con i prodotti locali o la presentazione dei porcini acquistati in zona posti su un vassoio, al momento della comanda. Non molto è cambiato da allora, perché sono davvero pochissimi i ristoratori che hanno sperimentato formule innovative di valorizzazione dei “prodotti di fattoria” presso la loro attività. Ed è, questo, non solo un peccato – perché non si valorizzano, in molti casi, prodotti che già si utilizzano – ma può essere anche una grande perdita (di fatturato)! Infatti può sembrare strano ma la clientela - sia essa italiana o straniera - è disposta a spendere qualcosa in più se la preparazione viene realizzata con prodotti locali, di fattoria. Senza considerare, inoltre, che:
• dal punto di vista alimentare l’utilizzo di ingredienti di origine locale si traduce in ingredienti freschi e di alta qualità, che generalmente garantiscono anche margini economici più consistenti;
• per un ristoratore capace ad operare in ottica di marketing può essere altissimo il valore che si trasmette utilizzando prodotti di fattoria. Con apposite strategie di comunicazione ed il giusto linguaggio, la percezione che avrà il cliente sulla qualità del cibo sarà molto elevata;
• inoltre, si ottengono vantaggi anche internamente alla comunità (quindi non solo nei confronti dei clienti): sostenere i piccoli produttori locali significa migliorare la percezione del ristorante nei confronti della comunità locale, e ben sappiamo quanto sia importante avere relazioni positive col territorio nel quale si opera.

La “farm to table”, quindi, può davvero rappresentare un’opportunità interessante per chi è in grado di valorizzarla adeguatamente: non si tratta – attenzione – di comunicare l’utilizzo di “prodotti a km. 0”, che significa prodotti locali, ma in maniera molto più performante trattasi di una comunicazione basata su fornitori locali e prodotti altamente selezionati. È questa la differenza: scelgo non solo il prodotto ma anche il fornitore, ed è questo il concetto sul quale occorre lavorare. Ecco allora come fare per valorizzare la “farm to table”. Primo, comunicate i “passaggi” che i prodotti che utilizzate compiono: vendete il prodotto come un “insieme” fatto di rispetto per gli animali, di attenta gestione delle colture e di trasporto a basso impatto ambientale. Si tratta di concetti che assumeranno sempre più valore per i vostri ospiti, perché anche la conoscenza della filiera e della provenienza dei prodotti è un elemento differenziale, rispetto ai vostri competitor. Secondo, mantenete massima flessibilità nel menu. Anche lo chef deve essere disposto a cambiare “al volo” alcune preparazioni. Se ciò accade, raccontate ai clienti il perché di questa esigenza e trasformate la variazione sull’utilizzo dei prodotti in un valore. Terzo, in estate, “trasferisci” il tuo ristorante presso i produttori di fiducia. Scegli i fornitori che hanno qualcosa di significativo – e anche di bello – da mostrare e organizza un picnic per il lunch del sabato presso, ad esempio, la fattoria dalla quale acquisti i prodotti caseari che utilizzi nel tuo locale. Sarà l’occasione, per i tuoi clienti, di vivere un’esperienza diversa e per far loro toccare con mano la qualità della tua offerta.

Infine, create il “giardino dello chef” da esibire e da far conoscere, quindi anche vedere, agli ospiti. Fatelo visitare ai vostri ospiti con la stessa modalità che usate per la cantina (se avete una cantina “di tono”). Finito? No, volendo, il passo successivo potrebbe essere l’acquisto di un terreno e creare la vostra “fattoria”. Le vostre produzioni diventeranno il “simbolo” di alimenti sani, prodotti da voi per i vostri clienti. De poi volete andare oltre, allora trasferite lì la vostra attività e fondate un vero e proprio “farm restaurant”.

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