Gestire bene il personale, motivarlo, scoprire i leader e investire sul futuro: ecco come

Trovare le persone giuste, trattenerle e portare il proprio gruppo di lavoro all’eccellenza: dipende tutto dalle capacità del vertice, nel selezionare, guidare e far sviluppare i talenti. I consigli del mental coach

Costruire la squadra, oggi, è “il” tema. Trovare le persone giuste per il proprio locale, trattenerle e trasformarle da un gruppo di colleghi a un team vincente: tutto questo rappresenta la sfida principale per il settore della ristorazione.

Per costruire un buon team, però, ci vuole un ottimo leader. Abbiamo chiesto aiuto a Leonardo Milani, per 20 anni mental coach delle Frecce Tricolori, direttore dell’Istituto di psicologia del benessere, grande esperto di gestione di gruppi di lavoro e autore del libro Squadre vincenti (ed. Tecniche Nuove), di tracciare l’ideale percorso di formazione di un team leader.

Quali qualità

Quali caratteristiche e qualità deve sviluppare un leader per creare un gruppo vincente? Spiega Milani: «La leadership è cambiata molto in questi ultimi 50-60 anni. Nel Dopoguerra il leader era carico, autoritario, direttivo, era il primo a entrare in azienda e l’ultimo ad andare via, quindi era una leadership prodotta in un contesto storico dove in qualche modo c’era bisogno di una persona forte, di un uomo al comando. Oggi il mondo è cambiato, moltissime persone hanno difficoltà a entrare in relazione con persone autoritarie. Il leader moderno deve essere due cose in particolare: autorevole, nel senso che deve portare a bordo le persone dimostrando di sapere quello che fa, ed empatico, ossia deve comprendere bene quali sono i territori emotivi delle persone. Il leader che ispira e motiva - dice Milani - propone alle persone una mission valida e piena di valori». Una caratteristica-chiave? «L’umiltà, che non è la modestia. L’umile sa di sapere, ma sa anche che può imparare qualcosa di nuovo. È consapevole dei propri limiti, consapevole che ognuno è il tassello di puzzle dove l’insieme crea successo».

Leader moderni

Leonardo Milani. Direttore dell’Istituto di psicologia del benessere, per 20 anni mental coach delle Frecce Tricolori, autore di Squadre vincenti (ed. Tecniche Nuove)

Spesso si parla di leader “moderni” come di figure che sono in grado di restare in connessione con tutti i membri della squadra, di curarsi di ogni singolo elemento. Dal top performer all’ultimo degli ultimi. Tutto giusto? Sì, ma attenzione alle trappole: non bisogna esautorare le figure intermedie dentro l’organizzazione. «Anche se l’idea di essere collegato con tutti fa la differenza, l’importante è non dare ordini scavalcando chi è responsabile del piccolo gruppo all’interno del macro team. Così si crea solo disagio generale e si “perdono” i consensi intermedi, alla fine diventa un atteggiamento controproducente».

La selezione dei migliori

Detto del vertice, andiamo al più spinoso dei temi: la selezione degli altri “strati” della piramide. Quali competenze cercare per costruire un gruppo ci si dimostri efficace? «Le competenze tecniche si imparano con un affiancamento e strumenti adeguati e un tutor che lascia spazio alla persona e permette di ragionare. Le competenze personali - quindi l’autostima, la sicurezza, la confidenza - sono cose più complicate su cui lavorare e che, però, fanno la differenza. Osserviamo soprattutto l’individuo nella sua personalità e nella sua capacità di interagire». Non è così complesso, basta ripensare a una vecchia e saggia indicazione: se non sai sorridere non aprire un negozio. Ecco, qui sta la base della selezione delle persone.

Benessere sul luogo di lavoro

Certo, una volta selezionate bisogna costruire attorno a loro un clima favorevole. Milani tira fuori la parola magica: benessere. «Più una persona è all’interno di un contesto dove sta bene, dove è felice e riesce a relazionarsi con un clima aziendale interessante, tanto più le sue prestazioni saranno vincenti».

Ma non erano i soldi a guidare le decisioni delle persone? «Il tema economico è fondamentale, è chiaro che più guadagno meglio è, ma non è quello il fattore che incentiva a livello emotivo nel lungo termine. Non sto dicendo che i soldi non contano, ma che esiste un ventaglio di emozioni che non c’entrano niente con il denaro. Per esempio, la relazione con i colleghi, il rapporto con il leader, il rispetto della persona, l’opportunità di lavorare nel territorio dove ho impostato la mia vita, il rispetto per il genere, il rispetto per le regole, il rispetto per l’età, il rispetto per le competenze. Tutte queste sono il motore emotivo che permette di dare il massimo e aumentare la performance».

Performance dei singoli

Fissato il clima di rispetto, si torna a focalizzarsi sulle performance delle singole persone. Tra quelle del gruppo c’è sicuramente qualcuno che si dimostrerà eccellente e qualcuno che mostrerà meno coinvolgimento nel lavoro. I primi, i “campioni”, vanno trattenuti se si vuole tenere alto il livello di performance. Nel mestiere di chi fa ristorazione spesso il primo pensiero dell’imprenditore che ha il campione in casa è: “Non ci investo tempo ed energie, tanto questo poi se ne va e si apre il suo locale, diventando mio concorrente”. C’è spesso un’ambivalenza nella relazione, che arriva fino al limitarsi nel trasmettere il sapere a quella persona, proprio per evitare di perdere vantaggio competitivo in seguito. In questi casi la scelta giusta, invece, sta nel costruire un percorso di carriera per quel membro del team, in modo che all’interno del gruppo possa raggiungere un buon livello di responsabilità e di gratificazioni. «Se ottengo quello che voglio, e di nuovo non parliamo solo di soldi, ma di gratificazione emotiva, perché dovrei puntare ad andarmene? - spiega Milani. Così si trattiene l’eccellenza: ascoltandola e capendo di cosa ha bisogno.

Interazione sala e cucina

Infine, nel mondo dei locali una delle interazioni più complesse da gestire è quella tra sala e cucina. I due team hanno obiettivi e modalità di lavoro anche molto diversi, ma devono lavorare in coordinamento. Questi i suggerimenti dell’esperto: «Mai rinunciare al briefing collettivo, un semplice ritrovarsi ogni tanto con il gruppo al completo. Una mezza giornata di confronto collettivo, ben guidato, diffonde conoscenza. E quando io ti conosco divento più tollerante, più collaborativo e sono più disponibile nel darti una mano». Il leader qui torna in primo piano: ha la responsabilità di impostare questi momenti, ma anche di dettare un obiettivo comune. «Che deve essere chiaro, specifico e dare ispirazione alle persone», conclude Milani.

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