
Oggi il dessert non è più solo un finale dolce, ma un esercizio di equilibrio, leggerezza e narrazione. Le consistenze si moltiplicano, l’acidità viene calibrata per apportare freschezza e profondità, le note amare diventano elementi di contrasto e i vegetali entrano con decisione anche nel mondo della pasticceria.
Il dessert si alleggerisce, riduce le componenti grasse e punta a essere coerente con l’intero menu. Non mancano fermentati, erbe aromatiche, ortaggi e spezie: ogni elemento ha una funzione precisa per costruire un’esperienza completa. Abbiamo chiesto a cinque chef e pastry chef di raccontarci il loro modo di vivere la pasticceria.
1Ristorante Trequarti in Val Liona
Alberto Basso del ristorante Trequarti in Val Liona (Vi) concepisce ogni dessert partendo da un ingrediente. A volte si tratta di provocazioni, come per Polenta e baccalà, reinterpretato in chiave pasticcera. Il baccalà alla vicentina viene cucinato nella sua versione classica, poi abbinato a un biscotto dolce ottenuto da mais estruso e olio. Sopra, una spuma di yogurt greco, leggermente acidula, montata per essere soffice e ariosa. Il piatto è completato con una spolverata di maltodestrine aromatizzate all’olio extravergine, che creano un effetto polveroso, ma sapido. A dare croccantezza, una cialda dolce al nero di seppia, che aggiunge colore e riporta visivamente al piatto originale.
L’estetica per Basso è parte del racconto: ogni elemento richiama l’infanzia, la sorpresa, la voglia di sorridere. Non mancano mai colpi di scena come la piccola pasticceria servita in un carillon con un mattoncino Lego che riproduce uno chef. «Sono piccoli dettagli che rimandano a un mondo infantile, ma che soprattutto vogliono risvegliare in chi mangia la gioia e l’entusiasmo che dovremmo sempre avere a tavola».
Anche la stagionalità è centrale, con dolci che seguono il ritmo della natura, come La Castagna, dessert che cambia ogni anno ma mantiene intatto l’habitat boschivo da cui trae ispirazione. Altro dolce iconico è Uova e asparagi. Gli asparagi viola vengono canditi a freddo in uno sciroppo alla vaniglia per 24 ore, così da conservarne consistenza e colore. Gli asparagi bianchi di Bassano diventano, invece, una ganache delicata che ne esalta la dolcezza naturale. Il centro del piatto è un uovo dolce ricreato artigianalmente: l’albume è a base di cocco, montato in una struttura spumosa e lattiginosa, mentre il tuorlo è composto da una crema di mango e frutto della passione, scelta per il colore brillante e l’equilibrio tra acidità e dolcezza. Il tutto è racchiuso in un guscio sottilissimo di burro di cacao e cioccolato bianco, che il cliente rompe al tavolo, creando un gesto coinvolgente che valorizza anche l’aspetto ludico del dolce.
2Ristorante Agli Amici Dopolavoro, Venezia
Per Martina Peluso, pastry chef del ristorante Agli Amici Dopolavoro, il dessert nasce da suggestioni visive, ambientali, sensoriali. «Può partire da una passeggiata, da una mostra, da qualsiasi forma di bellezza, oppure da un ingrediente». A guidare ogni creazione è la ricerca di leggerezza e coerenza. «Un grande dessert non deve appesantire. È l’ultimo ricordo di un’esperienza, e dev’essere in linea con il menu».
Il dessert che più la rappresenta è L’orto della laguna. La struttura è doppia: una parte fissa e una stagionale. Alla base, una crema di alghe arrostite, che richiama la laguna, affiancata da un gel di fiori di ibisco e da una terra di malto tostato a simulare il terreno dell’orto. La parte vegetale cambia seguendo l’orto del ristorante: piselli, ravanelli, fragole, ciliegie, fragoline di bosco, arricchiti da fiori di tagete, finocchietto selvatico e da una quenelle di sorbetto alla fragola e aceto di mele, che dona acidità e pulizia al palato.
Altro piatto iconico è La conchiglia, servito sopra vere conchiglie, usate anche come stampi. «Ne ho scelte di diverse grandezze per realizzare in modo più realistico possibile la forma». All’interno si trova un gelato alla sperula, un’erba aromatica dal profilo intenso, esaltata con l’aggiunta di fava tonka. Il cuore della conchiglia nasconde un sorbetto alle ostriche e una composta di cedri e agrumi. All’esterno, un glassaggio a base di olio alla verbena e un crumble al latte. La presentazione si completa con un’alga fatta di lattuga di mare compressa con olio alla verbena, da arrotolare attorno al dolce prima dell’assaggio.
Ogni creazione passa attraverso uno studio minuzioso dell’estetica, con una particolare attenzione ai dettagli, come nel dessert al rabarbaro, pensato come omaggio ai merletti dell’isola.
Anche Peluso cerca leggerezza e pulizia. «Capita ancora di concludere un pasto con dessert troppo grassi, che lasciano una sensazione di stanchezza. Non è la strada giusta: il dolce deve essere un momento di piacere, non di fatica».
3Soul Kitchen di Torino
Per Luca Andrè, chef e fondatore del Soul Kitchen di Torino, il dessert è parte integrante del percorso creativo. «Un dolce nasce da tanti elementi: stagionalità, voglia di raccontare una storia, consistenze. Cerco di bilanciare la carta tra proposte moderne, rivisitazioni di classici e dessert più sperimentali. Gioco su sapori, consistenze, temperature diverse e punto alla leggerezza».
Iconico del suo stile è il dessert Gran Torino. L’impasto nasce unendo nocciole, cacao, acqua e sciroppo d’agave, a cui si aggiunge olio di cocco per conferirgli struttura. Il tutto viene frullato in un power blender, poi colato in stampi a forma di gianduiotto con un cuore morbido di pasta di nocciola piemontese. Una volta congelato, il lingotto viene glassato con una copertura, tipo Rocher, di cioccolato fondente e granella di nocciola e terminato in sala con una salsa calda di vermut rosso e cioccolato. La frutta di stagione e le erbe aromatiche sono centrali nella sua pasticceria, così come l’aspetto visivo che è studiato nei minimi dettagli con contrasti di colore ed impiattamenti accurati. L’offerta segue la rotazione naturale degli ingredienti: «In ogni stagione inseriamo uno o due frutti. Questo ci permette di spaziare da proposte autunnali come zucca o le mele, ad abbinamenti più vivaci con la frutta estiva».
4Villa Crespi, Orta San Giulio (No)
Per Pier Federico Pascale, pastry chef di Villa Crespi e responsabile pasticceria del Gruppo Cannavacciuolo, un dessert nasce da un’esigenza condivisa con lo chef. L’ispirazione arriva dalle sue radici e dai suoi gusti e da lì inizia un percorso metodico: ricerca dei prodotti, prove, assaggi di squadra. Solo dopo aver avuto parere positivo dallo chef Simone Corbo, e l’approvazione finale di Cannavacciuolo, il dolce entra in carta.
Fondamentali sono il gusto, l’equilibrio tra dolcezza e acidità, la tensione aromatica e la capacità di sorprendere. L’acidità, spesso ottenuta tramite fermentati, verdure o componenti alcoliche, è per Pascale un elemento chiave.
Il dessert che più lo rappresenta è Calamansi. Tutto parte da un curd sferico realizzato con calamansi, agrume orientale ibrido tra mandarino cinese e clementina, profumato e amaricante. All’interno della sfera vengono inserite capsule effervescenti di bicarbonato, ispirate alla “limonata a cosce aperte” napoletana. Queste, a contatto con il palato, riproducono l’effetto frizzante grazie a una lavorazione complessa: il bicarbonato viene impermeabilizzato tramite burro di cacao e cioccolato bianco grazie all’utilizzo di una bassina, evitando così la reazione anticipata. La sfera viene poi inserita in una mousse al Franciacorta, abbattuta e aerografata con toni verdi e gialli, completata con due foglie di verbena che richiamano il frutto fresco. Altro dessert emblematico è Miele, polline e idrotonic. Si parte dal favo grezzo, inserito in purezza nel piatto. Si prosegue con polline in spugna ed essiccato, che contrasta la dolcezza del miele, trasformato in cremoso. Il percorso fermentativo è al centro: l’idromele viene lavorato in versione cocktail - l’idrotonic - per dare freschezza e pulizia, mentre l’aceto di miele, ridotto e trasformato in gel, conferisce acidità e stimola la salivazione. Il finale è affidato a un gelato fiordilatte e miele, che prolunga la persistenza gustativa.
5Inkiostro, Parma
Cresciuto tra i profumi della pasticceria tradizionale calabrese, oggi Salvatore Morello del ristorante Inkiostro a Parma interpreta il fine pasto con una visione contemporanea e misurata.
Alla base di ogni dolce che crea ci sono freschezza, acidità ed equilibrio e le materie grasse sono ridotte al minimo. Erbe, frutta e verdure sono grandi protagonisti.
Il dessert segue ciò che lo precede: se l’ultima portata salata ha una chiusura vegetale o astringente, il dolce cammina sulla stessa via. Il dessert che al meglio rappresenta la filosofia di Inkiostro è Mela, bergamotto e cetriolo. Il piatto è composto da un marshmallow ottenuto da un estratto di mele su cui viene poggiata una cappatura di insalata del medesimo frutto e bergamotto. In accompagnamento un gel a base di finocchio e mela, e un cannellone ottenuto con estratto del loro succo, addensato con pectina, poi steso, seccato e coppato. All’interno è farcito con una mousse a base di inulina e yogurt. Il dessert è completato da una bavarese alla mela verde e, a parte, è servita una granita di cetriolo, aneto e mela, e un sorbetto dei medesimi ingredienti. ≈