Chef’s table, quando i fornelli danno spettacolo

Lo chef’s table del Seta di Milano dello chef Antonio Guida
Portare gli ospiti dentro le quinte del fine dining e renderli protagonisti di un’esperienza esclusiva, in cui anche lo chef si diverte. In un’espressione: chef’s table, un format sempre più amato dalla clientela. Ecco cosa fanno quattro noti nomi della ristorazione italiana

Pioniere dello chef’s table in Italia è stato Felice Lo Basso, cuoco stellato di origini pugliesi che nel suo ristorante milanese Felix Lo Basso Home & Restaurant (aperto nel 2020) ha reinventato il concetto di accoglienza declinandola secondo il format orientale dell’omakase, in cui gli ospiti si affidano allo chef e degustano al buio una serie di portate che questi prepara direttamente davanti a loro al bancone.

Un tavolo in cucina

«Alla base del progetto di “portare un tavolo in cucina” c’era la volontà di replicare anche in Italia ciò che ho sperimentato nel corso dei miei viaggi all’estero, in particolare in Asia, dove è normale essere accolti in dimore private in cui gli ospiti ricevono i commensali direttamente nella loro cucina e preparano davanti a loro il proprio repertorio di piatti della casa» spiega chef Lo Basso, oggi stella Michelin anche in quel di Sorengo, in Svizzera.

«Non potendo portare in Italia il vero e proprio format dell’home restaurant ho deciso di ricreare la stessa atmosfera direttamente al ristorante, accogliendo gli ospiti in cucina».

Invitati al tavolo dello chef

La dinamica è la stessa di un vero e proprio invito a casa dello chef: c’è un orario a cui tutti gli ospiti devono presentarsi (previa prenotazione) e un unico bancone con massimo 12 posti con vista sulla cucina a cui tutti siedono anche se non si conoscono, per cenare insieme mentre assistono alle preparazioni della brigata e dialogano con lo chef dei piatti in degustazione, e non solo.

«Ogni serata è diversa dall’altra, perché il menù varia di giorno in giorno, in base ai prodotti più freschi reperibili sul mercato e all’ispirazione quotidiana, e perché ogni ospite porta qualcosa di sé in cucina e da questo nascono discorsi sempre nuovi, occasioni per conoscersi e condividere interessi, secondo dinamiche imprevedibili».

Un’esperienza esclusiva

Insomma è un po’ come a teatro, dove lo spettacolo può essere lo stesso, ma la performance è sempre unica perché soggetta a numerose variabili.

«L’idea funziona perché risponde al desiderio della clientela di sperimentare qualcosa di davvero esclusivo che prescinde dal gusto di ciò che si mangia e dalla raffinatezza del contesto in cui ci si trova» continua Lo Basso, che dopo l’esperienza milanese ha voluto replicare il format anche nel suo nuovo ristorante in Svizzera.

«Ciò che conta sempre è la capacità di creare situazioni conviviali e sociali in cui si stabilisce una sintonia tra i commensali e in cui anche lo chef e la brigata possono interagire costantemente con gli ospiti e partecipare allo svolgimento della serata anziché restare relegati nell’invisibilità della cucina. Certo, è più faticoso perché la concentrazione viene messa alla prova e tutto deve essere studiato nei minimi dettagli per assicurare un servizio fluido e senza sbavature - prosegue lo chef - ma anche molto più divertente, nonché sostenibile per la cucina».

Il fatto di poter variare la proposta ogni giorno, a pranzo e cena (secondo un menù necessariamente fisso per tutti i commensali e non incline ad accogliere variazioni dovute a particolari regimi alimentari o intolleranze) ha infatti il vantaggio sia di assicurare al cliente il massimo della freschezza dei prodotti, sia di evitare gli sprechi della dispensa.

«Ma soprattutto, ciò che accade ogni sera è la realizzazione di una magia estremamente stimolante per la creatività di chi prepara i piatti e appagante per chi li assaggia, consapevole di aver assistito a qualcosa di unico perché irripetibile, seppur replicabile a ogni pasto».

Un viaggio gustativo e di esperienza diretta

Nel pieno centro storico di Milano, all’interno dell’edificio ottocentesco oggi sede del Mandarin Oriental, uno degli hotel più eleganti e rinomati della città, c’è il ristorante Seta, concepito come lo scenario in cui vivere un’esperienza culinaria ed emotiva straordinaria e in costante evoluzione. Qui, fin dall’apertura nel 2015, opera chef Antonio Guida (2 stelle Michelin), che con la sua proposta di cucina accompagna il cliente lungo un viaggio gustativo unico. Oltre alla sala e alla lussureggiante corte in cui nella bella stagione è possibile pranzare all’aperto, per chi vuole vivere un’esperienza davvero immersiva nella dimensione del Seta c’è l’opzione chef’s table.

«Si tratta della declinazione più classica - ma divertente - di questo format: un tavolo per solo due persone, posizionato direttamente in cucina, a solo un metro dal pass» spiega chef Guida. «Qui i commensali possono godere di una vista privilegiata sui gesti della brigata e assistere in diretta a tutto ciò che accade in cucina, rendendosi conto di quelle dinamiche e variabili che influenzano il servizio: dalle richieste di variazioni del menu, all’attesa di un cliente che si è alzato da tavola, rendendo involontariamente necessario rifare da capo un piatto».

Menu degustazione ad hoc

Il menu dedicato a questo tavolo è un mix dei tre menù degustazione proposti stagionalmente in carta, «ma grande spazio è lasciato all’improvvisazione, dal momento che il cliente può chiedere liberamente di assaggiare qualcosa che ha visto in cucina e che suscita la sua curiosità», in modo da rendere ogni cena davvero unica e personalizzata.

Nel suo ristorante situato al primo piano del design hotel 5 stelle Viu, chef Giancarlo Morelli ha creato il suo personale Friend’s Table: un tavolo di legno antico che lui stesso ha disegnato ispirandosi agli arredi delle vecchie cascine della Brianza, che può ospitare da 2 a 16 commensali, a pochi metri dal pass su cui la brigata impiatta le pietanze destinate alla sala.

Quasi come amici

«L’idea è stata quella di creare un luogo in cui ricevere gli amici, radunandoli attorno a un tavolo conviviale, in un’atmosfera che avesse il sapore autentico del mio mondo privato». Gli ospiti di questo tavolo sono infatti persone legate alla figura dello chef, che non necessariamente si conoscono, ma che qui si incontrano accomunate dal desiderio di condividere un’esperienza particolare, degustando un menù di 5-8 portate scelte in base alla spesa quotidiana, circondati dagli oggetti a cui lo chef lega i suoi ricordi.

«Qui i miei amici possono scegliere la colonna sonora della loro serata, servendosi liberamente del giradischi e dei vinili che ho lasciato a loro disposizione - spiega chef Morelli -. Una collezione che include soprattutto musica rock… e che ogni sera dà anche alla cucina un ritmo tutto particolare!».

Tavolo e laboratorio creativo

Vegana per scelta, dal 2012 chef Marzia Riva ha intrapreso la sua avventura con la Taverna degli Arna: non un classico ristorante bensì un laboratorio creativo e scientifico in cui, con la consulenza del biologo nutrizionista Ferdinando Giannone, ogni giorno trasforma i prodotti dell’orto in esperienze multisensoriali per coloro che vogliono essere guidati verso una maggiore consapevolezza alimentare, senza rinunciare all’emozione. Per portare avanti questo progetto, Riva propone due format di ristorazione basati sull’evoluzione del concetto di chef’s table: «Complice la disponibilità di un unico locale, nella mia Taverna cucina e sala sono un tutt’uno e gli ospiti sono inevitabilmente coinvolti in ciò che avviene ai fornelli o sul bancone - spiega la chef -. Tuttavia è possibile scegliere tra due modalità in cui vivere questa esperienza: il Bistrò e Le coccole. Nel primo caso si tratta di un’esperienza interattiva (disponibile dal giovedì al venerdì a cena e il sabato anche a pranzo) basata su un menu fisso, condiviso da un tavolo di massimo 12 persone che non si conoscono, ma che in questa occasione possono stringere nuove amicizie, mentre interagiscono direttamente con la cucina o persino partecipano a tutto ciò che in essa accade, dalla preparazione di piatti al lavaggio delle stoviglie. La seconda proposta ha più a che fare con il concetto di private restaurant: l’esperienza è personalizzata con un menu su misura studiato in base a specifiche richieste e riservata un gruppo ristretto di commensali che possono prendere posto al bancone (4 persone) o al tavolo, e lasciarsi accompagnare in un’esperienza immersiva che li porta alla scoperta degli ingredienti e del modo in cui vengono lavorati e abbinati. Il tutto lungo un percorso piacevole per il palato ed equilibrato dal punto di vista nutrizionale».

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