Dealcolati, una novità da mettere in carta

Le nuove regole che ne consentono la produzione anche in Italia daranno impulso a bianchi e rossi alcol free. Da conoscere al meglio per proporli nel modo giusto

Fino a qualche mese fa non si potevano produrre in territorio italiano, bisognava appoggiarsi a stabilimenti esteri. Oggi si possono produrre in Italia, ma con alcune limitazioni. Sono i vini dealcolati regolati da un decreto ministeriale arrivato a fine 2024 che ha dato il via libera alla loro produzione anche nel nostro Paese, ma, per l’appunto, con alcuni limiti.

E mentre politica, industria, filiera vitivinicola, mondo della cooperazione si stanno chiedendo se la produzione di vini dealcolati sia la via giusta per rispondere alle nuove esigenze della clientela, quali siano i vantaggi e gli svantaggi, se ci saranno prospettive e, addirittura, se la produzione di vini senza alcol o parzialmente dealcolati possa minare in qualche modo la tradizione enologica italiana, alcune cantine ci credono. Anche perché altre nazioni in Europa (Spagna, Francia e Germania) hanno da tempo una legislazione che ne regola la produzione.

Cosa sono

Ma cosa dice il decreto del 20 dicembre 2024 del Ministero? Il testo è questo: “Conformemente alle modalità stabilite nel presente decreto è possibile ridurre parzialmente o totalmente il tenore alcolico dei vini, dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità, dei vini spumanti di qualità di tipo aromatico, dei vini spumanti gassificati, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati (…). Il processo di dealcolazione, totale e/o parziale, non è eseguito per le categorie di prodotti vitivinicoli a denominazione di origine protetta ed indicazione geografica protetta”.

Le caratteristiche

Le pratiche di dealcolazione ammesse dal decreto sono: parziale evaporazione sottovuoto, tecniche a membrana, distillazione. Inoltre è specificato che il termine “dealcolato” vale se il “titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore a 0,5 % vol., “parzialmente dealcolato” se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto “è superiore a 0,5% vol. e inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria che precede la dealcolazione”.

Spiega Vincenzo Gerbi, per molti anni professore ordinario di Scienza e Tecnologia degli Alimenti al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino e presidente del Comitato Scientifico dell’Onav: «I vini dealcolati sono vini a cui è stato tolto l’alcol con procedimenti diversi: dalla fermentazione sottovuoto, alla distillazione sempre sottovuoto, al metodo delle membrane. Sono metodi differenti tra loro e la scelta di utilizzarne uno piuttosto che un altro è in capo alle necessità di chi dealcola». Un recente decreto ha inoltre introdotto alcune novità. Qui i dettagli.

Sia come sia, che l’attenzione sui vini dealcolati in Italia stia aumentando dimostra anche il fatto che al Vinitaly di Verona di quest’anno c’era, per la prima volta, un settore dedicato ai vini no/low alcool (NoLo). «I vini NoLo sono entrati per la prima volta nel programma della rassegna per potenziare il ruolo di Vinitaly, che apre nuovi mercati e affronta le sfide dell’evoluzione della domanda - ha detto il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo».

I player

Ma che cosa vuol dire per una cantina vinicola produrre vini dealcolati? In Italia i player sono già distribuiti tra realtà industriali, cantine famigliari e persino piccole realtà di territorio. E sono sparse lungo tutta la penisola: dalla siciliana Barone Montalto alla altoatesina Hofstätter.

Tra i grandi gruppi che fanno vini dealcolati c’è Argea, risultato di una strategia messa in atto dalla società di private equity italiana Clessidra, che qualche tempo fa ha acquisito Botter, Mondodelvino e Cantina Zaccagnini, creando il più importante player privato nel settore vinicolo italiano (450 milioni il fatturato ’23).

Argea, con sedi in Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Abruzzo, porta nei mercati internazionali una gamma diversificata di vini italiani riconosciuti in tutto il mondo. Tra questi vini ci sono anche i dealcolati, fermi e spumanti.

Territori

E del perché un grande gruppo come Argea, che investe su diversi territori vinicoli italiani, dal Piemonte alla Sicilia, decida di produrre dealcolati lo spiega Giacomo Tarquini, direttore marketing: «Siamo arrivati alla produzione di vini dealcolati sull’onda delle sollecitazioni del mercato, ma anche con un iter fatto di ricerca e confronti. Abbiamo trovato un partner in Germania (prima del decreto non era possibile farlo in Italia, ndr) che produce per noi i vini dealcolati che poi, in alcuni casi, vengono confezionati in Italia e distribuiti sui mercati nazionale ed estero». Il fatto che il decreto dia ora la possibilità di produrre i vini dealcolati in Italia aiuta a ridurre i costi di produzione.

Prospettive in crescita

«Produrre all’estero impone costi che incidono sul prezzo del prodotto - afferma Tarquini -. Argea, però, ha deciso di non appesantire i prezzi dei dealcolati e, almeno in questa fase di commercializzazione, di allinearli con quelli dei vini tradizionali». Un modo per preparare il mercato che, tuttavia, almeno per quanto riguarda Argea, è già molto ricettivo.

«In un anno abbiamo venduto mezzo milione di bottiglie di dealcolati e le nostre prospettive sono in crescita» assicura Tarquini. Il decreto del Ministero di certo aiuterà e, secondo il direttore marketing di Argea la produzione dei vini dealcolati non danneggerà in alcun modo il mercato dei vini tradizionali: «Ma se devo fare un auspicio - annota Tarquini - spero che in un prossimo futuro si possano inserire in etichetta i nomi di vitigni, oltre a quelli dei varietali consentiti. L’appeal di varietà conosciute - spiega - farebbe ancor più da volano».

Una risposta a nuove richieste

Tra le aziende che hanno scelto di investire sui prodotti dealcolati c’è la veneta Bottega di Bibano di Godega di Sant’Urbano (Tv). Sandro Bottega, presidente di Bottega, rivendica la storia aziendale del brand in tema dealcolati: «Da decenni abbiamo puntato su prodotti no alcol. I dealcolati sono la risposta a un cambiamento di gusti e di cultura del bere. Non si può non considerare queste evoluzioni».

Altra Cantina trevigiana impegnata sul fronte no alcol è Pizzolato di Villorba (Tv) da cui arrivano precisazioni sullo spirito che deve animare le produzioni di vini dealcolati.

«Oggi non si tratta solo di togliere l’alcol, ma di aggiungere valore al vino - sostiene Settimo Pizzolato presidente e amministratore delegato di Cantina Pizzolato -. La dealcolazione, per noi, è un’evoluzione naturale del nostro modo di fare vino: biologico, sostenibile, rispettoso dei nuovi stili di vita. Il via libera normativo è stato il punto di partenza per un progetto in cui crediamo profondamente. I nostri spumanti biologici 0.0% (da mosto d’uva), sono il primo tassello di una nuova linea pensata per chi vuole bere bene, con leggerezza».

Alta gamma

Martin Foradori Hofstätter, titolare della Cantina Hofstätter di Termeno (Bz), dal 2020 ha incarnato il volto del vino dealcolato in Italia, sfidando critiche e scetticismi. E in questo momento storico rilancia con un’innovazione nel segmento premium offrendo un’alternativa di alta gamma: il Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling, nato al 100% da Riesling Kabinett.

«Dopo un’accurata selezione di vini - spiega Foradori Hofstätter - abbiamo individuato un Riesling Kabinett di alta qualità che è stato dealcolato per dare vita a un prodotto premium di questa categoria. E il termine “Kabinett” indica la prima classificazione dei vini a predicato tedeschi, quindi la base di partenza è di livello eccellente». Manco a dirlo il debutto della nuova etichetta avviene al Vinitaly 2025.

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