
La mise en place: un elemento sempre più imprescindibile per il ristorante. Capace di creare una vera identità, accompagnare l’ospite in un viaggio indimenticabile e rendere armonica l’esperienza, mix di sensazioni visive, gustative e olfattive. Per capire meglio il suo ruolo e le nuove tendenze che la accompagnano abbiamo intervistato Ilaria Legato, brand e food designer specializzata nella creazione di identità di marca per realtà legate al mondo dell’ospitalità. Legato collabora da anni con numerosi ristoranti, hotel e strutture ricettive. È autrice, insieme a Nicoletta Polliotto, del libro Creative Restaurant branding che spiega come far emergere l’identità di un locale.
Brand identity
«La mise en place è fondamentale per la costruzione della brand identity di un locale - dice -. Deve riuscire a creare un’ambientazione che racconti l’identità e la filosofia del luogo e deve saper valorizzare l’esperienza complessiva del cliente. La mise en place impatta sull’efficienza del servizio e questa è la sua caratteristica più importante. Se curata si trasforma in un rito, permettendo allo staff di prepararsi ad accogliere al meglio gli ospiti. Un’ottima impostazione della tavola è un vero e proprio strumento di comunicazione del brand, che valorizza il senso di ospitalità del locale proprio per la sua funzione di coprotagonista insieme al buon cibo».
Gli errori più comuni
Come ci spiega Legato, tra gli errori più comuni troviamo la sottovalutazione degli spazi operativi, che può portare a una disposizione errata dei tavoli, e della mise en place, due fattori che possono rallentare il servizio e creare disagio, sia per il personale che per i clienti. Altri errori spesso diffusi sono il sovraccarico di elementi sulla tavola, che crea confusione visiva, e la mancanza di coerenza tra il design della mise en place e l’identità del ristorante.
Ritorno all’artigianalità

«Assistiamo a un grande ritorno all’artigianalità e alla bellezza delle imperfezioni del passato, come le ceramiche irregolari o le maioliche smaltate a mano. Ad Arezzo lavora l’artigiano Ruggero Gesu che produce piatti a mio avviso unici. Gesu porta avanti un percorso da autodidatta fatto di ricerca e sperimentazione, che lo ha condotto alla pratica del tornio e alla lavorazione del gres ad alta temperatura per la realizzazione di oggetti d’uso quotidiano come piatti e ciotole».
Materiali sostenibili
Cresce inoltre, sottolinea Legato, anche l’attenzione verso materiali sostenibili tra cui bamboo, legno e vetro riciclati, materie prime naturali e materiali biodegradabili che uniscono estetica e rispetto per l’ambiente. Interessante anche l’evoluzione dell’uso della tovaglia.
«Molti ristoranti oggi scelgono il tavolo “nudo” per lasciare che materiali come legno o pietra parlino da soli, altri optano per soluzioni intermedie, come runner o tovagliette, che permettono di giocare con texture e palette cromatiche, mantenendo un’eleganza informale».
Si guarda molto al minimalismo, fatto di un design pulito, costituito da pochi elementi essenziali che lasciano spazio al cibo come unico protagonista. Non mancano però mise en place eccentriche e vincenti, che si trasformano in un potente strumento per rafforzare l’identità del brand, differenziandolo dagli altri e comunicando grande personalità.
Raccontare chi siamo e cosa vogliamo
Quali i consigli a un ristorante che vuole rivedere la propria mise en place? «Innanzitutto di partire dall’identità del brand e dal tipo di esperienza che si vuole offrire - dice Legato -, cercando di definire chi siamo, cosa vogliamo diventare e cosa è meglio essere per far funzionare il ristorante. È fondamentale curare gli spazi, evitando sovraffollamenti e garantendo così comodità sia al cliente sia al personale».
Al Ginori a Firenze, inaugurato a fine novembre scorso, molto ruota proprio attorno alla mise en place. Con un orario continuo dalle 11 fino a mezzanotte, il menu stesso è creato per essere in perfetta armonia con le porcellane.
«Porcellane Ginori e cucina vanno in parallelo», racconta Giulia Guidi, marketing manager. «Ciò che abbiamo voluto ricreare per i nostri ospiti è l’essenza della dolce vita, attraverso un viaggio culinario giocoso e innovativo.
La tavola cambia con l'ora
A spiegarci più nel dettaglio la mise en place è Elisabeth Mazza, responsabile del Café. «Abbiamo tre differenti collezioni Ginori, ovvero Oriente italiano, Labirinto e Il viaggio di Nettuno. A seconda dell’orario proponiamo linee diverse: Oriente italiano, colorato e più eccentrico, lo utilizziamo fino alle tre del pomeriggio. Per l’ora del tè ci serviamo dl Il viaggio di Nettuno che viene abbinato a Labirinto per la cena. Creiamo una doppia mise en place, una visiva, che accoglie il cliente al suo arrivo, composta da piatti impilati dai vari colori e di linee diverse, e una più pratica che viene creata quando il cliente ha fatto la sua scelta dal menu».
Quando si entra al caffè ci si trova sempre dinanzi a una tavola apparecchiata, questo non solo per una questione estetica ma anche per mostrare tutta la linea delle porcellane che qui è possibile anche acquistare. Al caffè Ginori contenitori che nascono per un utilizzo diverso dalla cucina diventano meraviglie della mise en place, come il portacipria che si trasforma in contenitore per i biscotti, lo svuotatasche che diviene piatto da portata per servire le tagliatella verdi al ragù bianco di vitello, i porta gioielli che custodiscono arancine.
Artigianalità, solidarietà e sostegno
La mise en place di 28 posti a Milano parla di artigianalità, solidarietà e sostegno. I tavoli in legno di faggio, di betulla e di pero, che accolgono un’apparecchiatura scarna al fine di dare a essi valore e risalto, sono pezzi unici, realizzati dai detenuti del carcere di Bollate. I portaghiaccio, i portacandele e alcuni piatti neri, invece, provengono da Nairobi, famosa per la lavorazione del ferro.
«Mia figlia Silvia - racconta la titolare di 28 posti Luisa Caputo - è presidente di una Ong a Nairobi, per questo siamo così legate a questa terra. Per ciò che riguarda le ceramiche - ne abbiamo circa 25/30 tipologie - sono della Bertoldo. Ho un rapporto stretto con Lucia Bertoldo che conosce bene il mio locale e lo frequenta spesso. Abbiamo da tempo avviato una collaborazione grazie alla quale alcuni piatti vengono creati da Bertoldo solo per noi». Estrema attenzione è rivolta anche al resto: i tovaglioli sono in cotone firmati Cargo, i bicchieri sono di Seletti, mentre il poggiaposate in legno sono stati creati da un falegname sotto disegno di un designer.
Una mise en place in evoluzione col pasto
Anche da Sustanza, ristorante all’interno di ScottoJonno a Napoli, la mise en place va in parallelo con l’offerta gastronomica. Quando si entra al ristorante, ad accogliere i clienti ci sono tavoli apparecchiati con la tovaglia bianca e con il bicchiere dell’acqua che, come ci dice lo chef Marco Ambrosino, deve essere un sollievo immediato.
«Il resto della mise en place si compone via via, una volta che l’ospite è accomodato - dice lo chef -. Sono un appassionato di artigianato e mi diverto, insieme al mio staff, a creare oggetti particolari, come le posate ad esempio». Da Sustanza, infatti, si alternano posate classiche a posate con supporti artigianali, come parti in legno proveniente da piante aromatiche che aggiungono anche sentori particolari alle ricette.
«Compriamo i piatti, ma sono sempre aggiunte esterne ideate da noi che rendono unica la mise en place» conclude Ambrosino. ≈