Sono stato istruito, addestrato e laureato da vecchi bacucchi. Per questo gioisco quando so di un giovane che ha fatto carriera, una circostanza per ninte ordinaria in un’Italia dove baronie universitarie, primariati e tanti altri posti chiave sono ancora interdetti ai twenty ager. Ultimamente fa eccezione il mondo della cucina, dove ormai abbondano i giovani chef a capo di brigate importanti. Il loro curriculum medio comprende l’istituto alberghiero dal quale escono a 18 anni, 3-4 anni di stage in cucine importanti dove tra una montagna di patate da pelare e l’altra imparano le basi dell’alta cucina e magari un paio di anni di addestramento in una scuola privata e... le jeux soint fait! Sono pronti a dirigere la brigata di un ristorante di area stellare. Cè il solito “però” al quale arrivo facendomi aiutare da Pablo Picasso. A solo nominare il grande pittore viene in mente il cubismo, ma chi conosce appena la storia dell’arte sa che la più importante produzione artistica di Picasso appartiene all'ultimo di vari periodi emanati da un originario figurativismo. Come dire che prima delle figure femminili con una tetta su e l’altra giù, con un occhio di fronte e l’altro di profilo, Picasso dipingeva immagini alla stregua di un ritrattista convenzionale. In conclusione, si è fatto le ossa sudando sulle tecniche tradizionali del chiaroscuro, della prospettiva, della riproduzione realista, eccetera eccetera.
Tornando al nostro giovane chef, quando assaggio i suoi virtuosismi creativi mi succede di mettermi a caccia dei classici dai quali lui stesso ha dichiarato di aver tratto ispirazione e di dubitare che quelle basi siano poi così solide. Prendiamo un super classico della cucina italiana conosciuto in tutto il mondo: il ragù bolognese, e prendiamo la versione dell’emiliano Massimo Bottura. E' fatta con lingua e coda di vitello, midollo, salsiccia, guancia di manzo, pancetta, pomodori confit, sedano, carote, cipolla, alloro, rosmarino, vino bianco e brodo di cappone. Il tutto è poi cotto sottovuoto e a bagnomaria in “termo-circolatore”, strumento noto anche come Roner.
Non è difficile immaginare che il risultato finale sia alquanto distante dall’originario ragù, ma resta il fatto che io sia personalmente certo che Bottura quel sugo tradizionale lo sappia fare alla perfezione. Non sempre sono altrettanto sicuro nel caso del giovane chef. Da qui il mio suggerimento: caro giovane chef, non ti dico di fare dei pedanti confronti a testo-fronte con metà piatto innovativo e metà tradizionale, ma tra tutte le tue creazioni in menu, mettine anche uno solo una squisitamente tradizionale, che mi faccia capire da quale solida base figurativa origini il tuo astrattismo.