Formaggi: un carrello da mettere in mostra

Foto Natalia Ghiani
Molti ristoranti fanno del carrello dei formaggi un punto focale dell’offerta, quasi un elemento identitario attraverso cui raccontare tradizioni e territorio. E non serve proporre un numero infinito di prodotti: 6-8 referenze, ben illustrate, sono sufficienti ad attirare il cliente

Il carrello dei formaggi è sempre più protagonista nella ristorazione. Lo dimostrano quei - tanti - ristoranti che lo adottano con convinzione e creatività, trasformandolo in uno strumento di valorizzazione del territorio, di narrazione gastronomica e di profitto. A spingerlo sono maître e chef che credono nel valore dell’esperienza, nella valorizzazione dei piccoli produttori e nella costruzione di una proposta identitaria. Cinque interpreti di questo “ritorno” ci raccontano i loro segreti nella selezione e nella esposizione.

1Philippe Léveillé, Miramonti l’Altro

Il carrello dei formaggi, come ci racconta lo chef Philippe Léveillé, è parte della storia del Miramonti l’Altro. «Già nel 1981 avevamo due carrelli importanti e prima ancora, già dagli anni Cinquanta, i formaggi erano già presenti».

«Il successo del nostro carrello è merito di mia moglie Daniela Piscini, che è sempre alla ricerca di piccole produzioni e di personaggi unici».

La selezione offre tra le 40 e le 60 tipologie casearie, a seconda delle stagioni. Léveillé sottolinea quanto l’artigianalità sia il cuore di questa proposta: «Chi fa formaggio oggi ha costi altissimi ed è giusto, per non far morire una tradizione unica, valorizzare questi produttori e il loro impegno».

Nel carrello del Miramonti ci sono solo formaggi italiani, scelti da ogni regione. «Privilegiamo la Lombardia, certo, ma ogni zona ha identità da valorizzare».

Il carrello è un’esperienza che molti clienti aspettano. «Ci sono habitué che mangiano poco per poi dedicarsi solo ai formaggi, altri che, vedendo i due carrelli arrivare, saltano il dessert. Il servizio è attento e personalizzato. Spieghiamo tutto e cerchiamo di capire i gusti dei clienti per guidarli nella scelta».

I formaggi vengono serviti a pezzo. «Offriamo da sei pezzi in su e li accompagniamo con pane alle noci e uvetta al lievito e confetture fatte in casa alla cipolla, fichi, pere, pesche, zenzero. Cerchiamo abbinamenti che valorizzino il sapore. Serviamo anche un sorbetto alla mela verde per pulire il palato».

Il ristorante dispone di una cella dedicata alla maturazione che permette di affinare in casa alcuni formaggi per proporli poi al momento giusto.

«Ai giovani colleghi - dice lo chef - consiglio di partire con poco, anche solo sei-sette formaggi. All’inizio non ci sarà forse un grande guadagno, ma il segreto è non mollare e far diventare questa proposta, con il tempo, un valore imprescindibile del locale».

2Enrico Marmo, Balzi Rossi

«Il mio amore per i formaggi mi ha spinto a creare un carrello che fosse una vera e propria esperienza». Così racconta Enrico Marmo, chef del ristorante Balzi Rossi a Ventimiglia, che cura personalmente una selezione che varia con il mutare delle stagioni. Il suo approccio è artigianale e attento, a partire dalla scelta dei produttori.

Come la piccola realtà agricola Cornus, nell’entroterra di Imperia, gestita da due giovani che allevano capre e pecore di razza cabannina: «Animali da lavoro, forti, da cui si ottengono formaggi intensi e complessi, con cui loro stanno facendo un lavoro eccezionale».

La selezione comprende tra i 10 e i 15 formaggi, sempre acquistati interi: «Non amo i freschi, ma vista la vicinanza con la Francia ne includo alcuni, soprattutto in estate, con una preferenza per caprini e formaggi più opulenti».

La proposta cambia con le stagioni, ma alcuni formaggi ci sono sempre, come il Malghesino, un erborinato della Latteria Angelo Croce in provincia di Novara, e lo Storico Ribelle, simbolo delle malghe lombarde che Marmo acquista dal Consorzio.

Italiani e francesi convivono in ugual misura nel suo carrello, con una predilezione per le produzioni di alpeggio, come il Beaufort selezionato personalmente durante i suoi viaggi al mercato di Menton dove si rifornisce di diverse tipologie.

Il servizio è semplice ma curato: niente carrello refrigerato, ma un tagliere di legno fatto realizzare su misura su cui i formaggi vengono presentati, accompagnati da pane con farina di segale e prugne disidratate e da un miele millefiori.

«Chi ama il formaggio lo mangia anche senza nulla, ma il miele lo offriamo volentieri: è delicato e non copre il sapore. Il carrello non è una perdita - conclude - se lo fai girare bene diventa un elemento distintivo e un’opportunità di guadagno».

3Oreste Piacentini, maître e sommelier de I Carracci

«Il formaggio è parte integrante della cultura gastronomica italiana. Non inserirlo in carta o nel percorso degustazione sarebbe un’occasione mancata». Oreste Piacentini, maître e sommelier del ristorante I Carracci all’interno del Grand Hotel Majestic già Baglioni di Bologna, parla con passione del carrello, elemento centrale del servizio.

«L’ho fortemente voluto sia per valorizzare un prodotto che reputo straordinario, sia per dare più peso al servizio di sala. In hotel di lusso come il nostro, troppo spesso si sottovaluta il ruolo del cameriere e questo è anche un modo per ridargli centralità».

La proposta viene indicata nel menu dei dessert, con tre selezioni possibili: tre, sei o nove formaggi. «A pranzo offriamo una selezione più snella, circa sei referenze, mentre la sera è disponibile il servizio al carrello».

I formaggi sono in media venticinque, scelti tra produzioni italiane, francesi, svizzere e, talvolta, spagnole. «Qualche sorpresa arriva anche dal resto del mondo: ho avuto in carta un erborinato dell’Oregon, vera rarità, avvolto in foglie di Syrah e affinato con liquore di pere».

Tra i formaggi sempre presenti nel carrello di I Carracci c’è il Roccaverano Dop, il Blu di Bufala campano e poi formaggi di alpeggio, paste dure, pecorini di fossa e Parmigiano Reggiano del caseificio 993. La rotazione è costante, ma alcune tipologie non possono mancare». Tra le chicche, il Picchio Verde, un alpeggio della Val Sassina dalla pasta semicotta, affinato per un anno, con una farcitura di erborinato dolce.

Il carrello che arriva in sala, e che mantiene i formaggi sui 18-20 gradi, è uno storico Broggi degli anni Ottanta, refrigerato con piastre. In accompagnamento ai formaggi vengono serviti pane di segale, frumento, noci e uvetta, dalla tendenza amarognola, mieli trentini di castagno e rododendro, mostarda mantovana, e il Savor di Romagna, una composta di saba, noci, pesca, mela e cannella.

4Alessandro Tomberli, Enoteca Pinchiorri

All’Enoteca Pinchiorri il carrello dei formaggi è da sempre parte dell’esperienza. «È un valore aggiunto - racconta il direttore Alessandro Tomberli -. Proponiamo una quindicina di formaggi, tutti italiani. Cambiano spesso, non solo per stagionalità, ma anche perché vogliamo raccontare sempre nuove storie».

Tra le chicche troviamo il Gran Riserva di Seggiano, il Gran Mugello Ubaldino stagionato nelle grotte della torre della villa del Palagiaccio, e il formaggio dell’Antigorio, prodotto nella Val d’Ossola da un casaro che porta le sue mucche a 2.000 metri d’altitudine per tutta l’estate.

Marsala, Madeira, Porto, Vernaccia di Oristano (presentati in un confanetto) accompagnano i formaggi assieme a pane da farine selezionate, pane dolce con frutta secca, miele, composte, marmellate fatte in casa e sei tipi di mostarde e miele che ruotano costantemente». In inverno anche una fonduta al tartufo bianco, mentre d’estate ecco una fonduta con gelato al tartufo nero o gelato al formaggio.

Il carrello, che viene sempre presentato prima del dessert, anche se alcuni clienti lo chiedono in altri momenti del pranzo, per ragioni logistiche, ha dimensioni contenute: «La nostra struttura ha tante salette, quindi non possiamo permetterci carrelli troppo grandi.

Per questo la scelta è di quindici formaggi, che preferiamo mostrare interi o quasi». La degustazione completa ha il costo di 50 euro. Spesso il cliente sceglie anche l’abbinamento al vino, attratto dal piccolo “teatro di bottiglie”. «L’intento - dice Tomberli - è sempre lo stesso: creare curiosità, stupore e desiderio di scoperta».

5Alessia Chignoli, maître Le Cattedrali by l’Aqua Collection

Il carrello dei formaggi è parte integrante anche dell’identità di Le Cattedrali by l’Aqua Collection di Asti, come ci racconta la maître Alessia Chignoli. «Lo abbiamo da sempre ed è un plus sul servizio che abbiamo voluto mantenere perché molto apprezzato dalla nostra clientela».

In Piemonte, la cultura del formaggio è profonda, e la proposta non è solo un fine pasto: «In molti lo scelgono come secondo piatto e non è raro vederlo ordinare alla carta in mezzo al percorso».

La selezione conta circa venti referenze, tutte piemontesi, provenienti esclusivamente da piccole aziende locali. «Abbiamo solo formaggi del nostro territorio, con una suddivisione classica ovvero freschi, semi stagionati, stagionati ed erborinati. Proponiamo formaggi di bufala, capra, vacca e pecora, sia a latte singolo che misto».

La carta offre due modalità di degustazione: la selezione da quattro pezzi, a 25 euro, che chiude il menu degustazione, e una alla carta, a 35 euro. «Nel tempo abbiamo arricchito molto la parte di abbinamento con l’introduzione di marmellate, pani speciali e frutta secca. Usiamo varie confetture che variano in base alla stagione e alla creatività dello chef».

Grande cura ed attenzione è rivolta, infine, anche agli abbinamenti coi vini. «Abbiamo iniziato con Marsala e Porto, poi abbiamo sperimentato anche dei cocktail. Con formaggi stagionati ed erborinati, ad esempio, serviamo un vermouth con scorza d’arancia, ghiaccio e selz mentre con un erborinato dal gusto deciso e crosta al caffè, proponiamo un Negroni al caffè».

Il servizio si svolge al carrello, che passa tra i tavoli. «È un modello chiuso, marca Broggi, con due ripiani e una parte refrigerata sotto. Questo permette di conservare bene i formaggi senza diffondere odori forti in sala». Tra i produttori di nicchia con i quali collaborano c’è Borgo Affinatori, piccola realtà locale.

«I formaggi ruotano durante l’anno - dice -: ne serviamo circa 75-85 tipologie diverse ogni stagione». I formaggi vengono conservati in una cella dedicata, a temperatura e umidità controllate. «Abbiamo anche un frigo in cantina che ci consente di stagionare i formaggi neutri. Li abbiamo affinati ad esempio con vermouth, passiti, gin, Porto e tartufo».

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