Funghi e tartufi, il bosco diventa re a tavola

Tra l’estate e l’autunno porcini, chiodini, trombette e tartufi (e non solo) dominano le tavole dei ristoranti. Tanti i modi di proporli e valorizzarli (anche nei dessert). Ecco cosa fanno otto chef nelle loro cucine per presentarli al meglio

Dai più comuni, come gli umili prataioli, passando per porcini, cantarelli, trombette e spugnole fino al pregiato tartufo: i funghi sono uno di quegli ingredienti in grado di caratterizzare un piatto, sia da protagonisti che da comprimario. La loro versatilità in cucina è veramente notevole, tanto che, come vedremo, entrano in menu dall’antipasto al dessert. 

Vale dunque la pena studiarli e inserirli nelle proprie ricette anche per le loro proprietà nutrizionali, visto l’apprezzabile contenuto di vitamine, sali minerali e, in misura minore, proteine. Per questo, sono spesso presenti nei regimi alimentari vegetariani e vegani e molti li considerano un interessante sostituto della carne.  

Solo in stagione

Claudio Vicina è lo chef patron di Casa Vicina, storico ristorante di Torino che quest’anno compie 120 anni. Nei suoi menu i funghi si trovano da ottobre a Natale, «e comunque - dice - solo quando la stagione lo permette». Preferisce non lavorare quelli primaverili, perché, spiega Vicina, la sua filosofia è usare solo materie prime davvero eccezionali e cercare di concentrarne il gusto, senza aggiungere troppi ingredienti. Così, nelle sue ricette, i funghi sono protagonisti, abbinati a prodotti che ne esaltano il sapore senza coprirlo. 

«Il gusto entra nella memoria del cliente» afferma Vicina, rivelando che molti habitués tornano anno dopo anno proprio per i suoi piatti storici a base di funghi o tartufo. Tra le varietà che preferisce ci sono i porcini testa nera, che serve a crudo, affettati e abbinati a fegatini di pollo: il contatto con la pietanza calda sprigiona il dolce profumo dei funghi.

Altra ricetta storica è lo sformato di funghi, un classico della tradizione che però oggi Vicina realizza con tecniche nuove rispetto al passato: i porcini vengono saltati e trifolati, poi asciugati in forno per eliminare l’umidità in eccesso e concentrare il sapore, quindi uniti a panna ad alta percentuale di grasso e Parmigiano Reggiano stagionato; lo sformato viene cotto a vapore a bassissima temperatura, infine decorato con verdure essiccate. 

«Lo chiamiamo Kabuki, perché c’è un grande lavoro di design. Lo sformato è quello della tradizione, ma rinnovato nelle tecniche, nel gusto e nella presentazione, per dare più valore al piatto», conclude lo chef del ristorante torinese. 

Versatilità arma vincente

«Noi li usiamo in tutti i modi - afferma Riccardo Gaspari, chef del SanBrite di Cortina d’Ampezzo -, con cotture sempre molto veloci». Alla griglia oppure in padella con un po’ di burro o un filo di olio oppure olio aromatizzato con porcini, finferli o altri funghi.

O, ancora, come ingrediente di brodi o di ristretti da usare per i fondi di carne, che acquistano così un sapore più marcato. Gaspari, che si appoggia a raccoglitori di fiducia della zona, cucina quel che via via si trova nei boschi a seconda della stagione e delle condizioni climatiche. 

Per esempio, in tarda primavera è il momento delle spugnole che, fatte seccare, si usano poi tutto l’anno. E poi finferli e prataioli. Verso settembre è il momento migliore per i porcini. Nei piatti alla carta di Gaspari i funghi di norma sono di accompagnamento agli ingredienti principali, per esempio in Cervo: cacciagione, funghi, sottobosco. Nei percorsi di degustazione, invece, possono anche essere i protagonisti di una portata,  come nel caso del brodo fungo, offerto prima del menu degustazione e preparato con vari tipi di funghi, licheni e frutti di bosco. 

Herbarium, invece, è il piatto di apertura del menu degustazione Sentiero, che ha lo scopo di raccontare le erbe e bacche tipiche del territorio - tra cui un finferlo in conserva -, che gli ospiti poi incontreranno all’interno dei successivi piatti del menu degustazione.  

La rappresentazione del territorio

Al ristorante Sette Consoli di Orvieto, la chef Anna Rita Simoncini usa solo funghi freschi di stagione, oltre ovviamente al tartufo locale. «La nostra è una cucina prettamente territoriale e tradizionale – racconta il marito Mauro Stopponi, che si occupa della sala -. Usiamo porcini, galletti, ovuli, tartufi». Un esempio dei piatti da loro proposti è il piccione in casseruola, in stagione proposto con i funghi galletti (ovvero i finferli). Oppure l’uovo cotto a bassa temperatura servito sopra crema di patate e ricoperto di porcini spadellati con mentuccia, «che da noi accompagna sempre i funghi», precisa Stopponi. 

Altre varietà di funghi entrano nella farcitura delle paste ripiene, per esempio i ravioli di funghi serviti con un ragù di quaglia. Ovviamente, in Umbria il tartufo è di casa e al Sette Consoli lo impiegano per classici come i primi a base di pasta o la quaglia farcita con foie gras e tartufo nero. I funghi vengono procurati da una raccoglitrice di fiducia della zona dell’Amiata mentre il tartufo è fornito da un’azienda di Trevi. 

Fornitori fondamentali

Il rapporto con i fornitori è fondamentale per Arcangelo Tinari, chef del ristorante Villa Maiella di Guardiagrele (Ch): «Il bello di lavorare con i funghi, ma anche con altri prodotti selvatici, è la conversazione che si svolge con i raccoglitori - afferma -. Ti raccontano dove, quando e come li hanno trovati, quali erano le condizioni meteo, e così via. Grazie a questo rapporto, vai a percepire nel fungo le caratteristiche peculiari di quella microzona e di quel microclima. Questo è di stimolo per me». 

Per esempio, rivela: «In un’occasione, dalla zona di Palena, sulla Maiella, mi hanno portato dei porcini di qualità eccezionale, dolci, sodi come marmo grazie alla bassissima umidità».

Pensando a come sfruttarli, in pochi minuti Tinari ha ideato la ricetta di un dessert: grazie alle carni sode, i porcini hanno potuto essere tagliati a fettine molto sottili, meno di un millimetro («Cosa che con un porcino troppo pieno d’acqua non sarebbe stato possibile fare»), e sono stati serviti con una cialda di patata, crema di burro nocciola e cioccolato bianco grattugiato. 

«Questo dessert non è un vezzo - afferma -. È l’alta qualità del prodotto che ispira, e consente, interpretazioni innovative». A seconda della stagione, Tinari riesce a reperire nel proprio territorio una buona varietà di funghi, tra cui porcini, ovuli, cardoncelli, finferli, spugnole, trombette dei morti, piedi di capra e mazze di tamburo. 

«Ogni fungo ha la sua particolarità, ma i miei preferiti sono le trombette dei morti, mi piace la loro consistenza», dice Tinari, che le stufa con un fondo di vitello e le serve con una crema di panna acida. Alcuni funghi molto buoni - precisa - non spuntano lo stesso prezzo dei porcini (non è questo il caso delle trombette dei morti) e a molti cercatori non conviene raccoglierli. Per questo, Tinari sostiene i suoi fornitori ritirando tutte le tipologie raccolte, senza fare una selezione, «così ho una disponibilità costante», rivela. 

Anche nei dolci

I funghi entrano nella preparazione di un dessert anche del The Manzoni di Milano, le cui cucine sono guidate da Peppe Daniele. Qui il pastry chef Halit Gajda ha messo a punto la Sfera di cioccolato, oro e cremoso al caffè: la sfera poggia su una frolla alla nocciola che una volta cotta viene sbriciolata e mescolata a cacao, granella di nocciola e polvere di funghi secchi, per conferire un sapore leggermente terroso e umami alla base.

E poi, i tartufi

Della grande famiglia dei funghi fanno naturalmente parte anche i tartufi (che non sono altro che funghi ipogei). Tra i più pregiati c’è quello bianco di Alba, che dà carattere a qualsiasi piatto venga aggiunto. Rigorosomente a crudo, ovviamente, per non rovinarne l’inconfondibile aroma. Come fa Davide Palluda, chef del Ristorante All’Enoteca di Canale (Cn), nel Roero, una delle zone vocate alla raccolta del prezioso tubero. 

Nei suoi ravioli di sedano rapa, ottenuti con una farcia a base di - appunto - sedano rapa cotto in bianco e aromatizzato con le proprie bucce essiccate al forno e ridotte in polvere, e cotti in una riduzione di sedano rapa. Il tocco finale è dato da una generosa lamellata di Tartufo bianco d’Alba.

Con i noodles

Anche Matias Perdomo, chef del Contraste di Milano, sceglie di lamellare il tartufo bianco sui suoi noodles di cappesante: frulla i molluschi con della colatura di alici e con la “pasta” così ottenuta ricava dei noodles che cuoce in olio di girasole. 

Altri elementi sono mousse di parmigiano, dashi, scorza di limone salata, polvere di verdure e, a completare, tartufo bianco d’Alba: «Volevamo unire l’Italia (parmigiano e tartufo) al Giappone (noodles e fashion). L’elemento mancante che cercavamo di avere è la profumazione, che dà al piatto il dressing ideale», spiega Perdomo. 

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