Pane al ristorante, un portata sempre più centrale

È spesso la prima portata a comparire in tavola. Un sapore capace di conquistare il cliente fin dal primo boccone. Ecco perché il pane, e i lievitati in generale, sono sempre più sotto l’attenzione degli chef che li elevano a veri e propri protagonisti del fine dining

Nel mondo della ristorazione, soprattutto nella sua accezione di fine dining dove ogni dettaglio contribuisce a creare un'esperienza memorabile, la proposta di pane sta guadagnando nuovo slancio, elevandosi a vera e propria espressione gastronomica. La maggior parte degli chef che abbiamo intervistato sono d’accordo nel ritenere che oggi il pane sia una portata a tutti gli effetti, un'opportunità per stupire e distinguersi grazie a una preparazione personale.

Il laboratorio di Ineo

Nel laboratorio di Ineo sono utilizzate diverse tecniche di fermentazione, a partire dalla pasta madre, nata diversi anni fa utilizzando un miele di bosco Trentino, fino ad arrivare a diverse tipologie di prefermentati come bighe e poolish. «Attualmente stiamo anche elaborando una tecnica di panificazione a fermentazione spontanea: più giorni di maturazione che portano un’acidità profonda, ma non pungente.

Ma non solo pane, per l’esperienza che Ineo vuole offrire è fondamentale avere una varietà che includa prodotti dell’arte bianca come grissini, tirati a mano, cracker e focacce della tradizione culinaria italiana. «A volte si può anche non dover abbinare obbligatoriamente un tipo di pane a un piatto specifico, ma semplicemente stimolare il cliente a un sapore “primordiale”, che piace a tutti. Con il nostro carrello ci piace far venire voglia del pane fresco, del suo sapore croccante. Però attenzione: se si parla di pane servito durante un menu degustazione bisogna fare attenzione alle quantità così da permettere al cliente di arrivare a fine pasto senza appesantirsi troppo». E nel piattino accanto al pane? Lo chef propone olio laziale, spaziando dal Viterbese e all’Agro Pontino, e burro francese di Normandia a latte crudo.

Ineo

Così accade che da Ineo, ristorante dell'hotel a 5 stelle Anantara Palazzo Naiadi di Roma, il carrello del pane sia un punto di forza dell’esperienza a tavola, come racconta l’executive chef Heros De Agostinis. «Attraverso il pane volevo raccontare tutti i Paesi dove ho vissuto negli anni per svolgere la mia professione. Il pane, che per me rappresenta la convivialità, una forma di generosità e accoglienza, è il mio benvenuto da Ineo ed esprime il mio essere italiano e la famiglia poiché, per generazioni, in Italia il pane si faceva in casa». Entrando nel dettaglio della scelta dello chef De Agostinis, si percorrono molti chilometri lungo lo Stivale.

«La proposta comprende il pane Vinschger della Val Venosta con farina di segale, zest di limone e cumino poiché per un periodo della mia vita ho lavorato a Merano, il pane sfogliato fatto molte volte da Robuchon a Montecarlo, e poi ancora il nostro pane campagna fatto con grani antichi abruzzesi, come il Solina perché l’Abruzzo è una terra che mi rappresenta molto. Ma uso molto anche la segale perché mi riporta alle esperienze in Trentino e in Germania. La pizza romana, invece, è un must per Roma perché è il simbolo della merenda o della pausa diurna e notturna».

i-Fame

Lo Chef Daniele Succi è alla guida della cucina di i-Fame, ristorante gourmet dell’hotel a 5 stelle i-Suite di Rimini, fin dalla sua apertura avvenuta nel 2010. È da 30 anni, però, che non smette di panificare e lo fa utilizzando un lievito madre che prese quando era nello staff dello chef stellato Pietro Lehmann addirittura nel 1973. Si tratta di un lievito madre con licoli, il lievito su coltura liquida con un elevato tasso di idratazione. «Negli anni ho inserito altri lieviti, non è più vergine, ma lo custodisco gelosamente e qui viene curato, nutrito e rinfrescato tutti i giorni. Oltre a questo più antico, all’i-Fame usiamo altri lieviti, tra cui uno fatto con farina di segale che trova le sue origini in una panetteria toscana».

Tutto il pane presente è preparato al ristorante e ha 24 ore di lievitazione: da quello in cassetta per la colazione alle molteplici proposte multi-impasto che ogni giorno rendono imprevedibile il cestino del pane.

«Per sorprendere e divertire gli ospiti che sostano più giorni presso l’hotel, è importante far provare loro esperienze diverse, proponendo quotidianamente pani realizzati con farine differenti. Utilizziamo solo farine biologiche selezionate, sia della nostra zona che provenienti da altre parti di Italia, tra cui farina 0, di tipo 1, di grano saraceno, di avena, di grano arso, di ceci, per creare impasti particolari in funzione delle stagioni e realizzare, ad esempio, il panino al nero di seppia, con mais e timo, al grano arso di Barletta Andria Trani e aglio orsino, il pane verde con farina di piselli, con spirulina, con dentro la zucca e i suoi semi e il pane arlecchino con dentro il minestrone. Insomma, faccio molti esperimenti per produrre un pane sempre nuovo, che diventa gastronomico, con dignità di portata. Spesso, infatti, gli ospiti ci chiedono più volte nell’arco dello stesso pasto di riempire il cestino del pane».

Ma c’è di più: lo chef Succi ha un personale mini-mulino da 1 kg in legno con pietre che utilizza per produrre direttamente la farina dai cereali o dai legumi. «Quando è difficile reperire una specifica farina che mi occorre per preparare uno speciale tipo di pane, la maciniamo noi al ristorante. È un grande vantaggio. Proprio la grande affezione dei nostri clienti alla nostra proposta di molteplici tipologie di pane non ci permette di seguire il grande trend oggi in corso di servire una grande pagnotta monogusto calda al centro del tavolo, già incisa e da spezzare con le mani».

La proposta di pane dello chef Succi, che costituisce una vera e propria “firma”, ha però delle costanti come il pane bianco scondito, la focaccia al rosmarino e sale grosso di Cervia e la cialda di pasta morta, un impasto senza lievito con acqua, farina di ceci, miele e olio di oliva. Altri zoccoli duri del cestino all’i-Fame sono il pane al pomodoro, il grissino ai 7 cereali e il cracker con semi. «Insieme al pane serviamo olio extravergine monovarietale nutraceutico pieno di sfumature e toni di varie verdure, come la mandorla e il pomodoro e che è un vero toccasana per la salute».

Lounge Restaurant di Naturalis Bio Resort

È di cruciale importanza la panificazione anche per il Lounge Restaurant di Naturalis Bio Resort di Martano (Lecce). Qui, lo chef Francesco Paladino utilizza sia il metodo diretto sia l’indiretto, che si differenziano per tempistica di lievitazione, quantità e tipo di lievito utilizzato nella preparazione. «Il metodo diretto, il più veloce, richiede una più alta quantità di lievito. Su 4 kg di farina, utilizzo almeno 100 grammi di lievito di birra per garantire il giusto processo e risultato. Utilizzare tanto lievito, che è un batterio attivo, è corretto per il metodo veloce, e senza andare ad appesantire il prodotto. Anzi, utilizzarne poco potrebbe avere effetti controproducenti. Ad esempio, la sensazione di sete che sorge dopo aver mangiato una pizza è causata da una lievitazione non completata, come nel tipico caso si sia utilizzato poco lievito».

La lievitazione lenta, invece, prevede l’utilizzo di lievito madre o di un pre-impasto che può essere di diversi tipi come poolish e biga. «Noi utilizziamo l’autolisi - dice Paladino -. Il procedimento consiste nella preparazione di un pre-impasto almeno 12 ore prima, mischiando farina e il 55% di acqua. Il passo successivo è il rimpasto, mettendo un po' di lievito per garantire un prodotto ad alta idratazione, in grado di assorbire più acqua e raggiungere un’idratazione fino al 90%». Quando si utilizza il metodo indiretto con lievito madre, il consiglio dello chef campano è dotarsi di attrezzature come una camera di lievitazione per il controllo della temperatura poiché «essendoci poco lievito, se non ci sono le condizioni climatiche ideali, la lievitazione parte con grande difficoltà». Lo chef Paladino utilizza il metodo diretto per la preparazione della focaccia, mentre usa entrambi i metodi per pane e pane farcito. E, restando in tema di focaccia, c’è il 75% di idratazione nell’impasto, dove è presente anche l’olio evo biologico certificato autoprodotto proprio da Naturalis.

«La nostra focaccia ha 4 lievitazioni: faccio l’impasto, lo lascio riposare e poi creo una palla, che deve ulteriormente riposare e che poi taglio in palline più piccole. Poi avviene la pirlatura, tecnica molto importante per conferire una forma rotonda e compatta all'impasto. Si procede quindi a stendere la pasta, che deve riposare poi per 40 minuti, dopodiché si fora con le dita, si lascia riposare altri 15 minuti e si inforna cuocendo per due minuti a 220°C con una percentuale di umidità del 90%, poi si scende a 200°C a 40% di umidità per 20 minuti».

Nelle cucine di Naturalis è stato studiato un preciso metodo di preparazione funzionale al fatto che si servono esclusivamente pane e focacce autoprodotte. «Prepariamo gli impasti 2-3 volte alla settimana. Alla terza lievitazione abbatto l’impasto di focaccia e pane a -36 °C e, a richiesta, lo metto 6-8 ore a 2 °C in modo da non permettere la fermentazione batterica. Poi lo si colloca in cella di lievitazione a 24-28 °C per renderlo pronto all’utilizzo. Utilizziamo la farina di nostra produzione Senatore Cappelli bio e la farina del Molino della Giovanna».

Caffè Nazionale di Aosta

La filosofia dello chef Paolo Griffa, al timone dello stellato Caffè Nazionale di Aosta, è totalmente diversa da quelle appena raccontate. «Noi pensiamo che al ristorante il pane debba essere un accompagnamento. Se si propongono troppe varietà di pane, anche solo per curiosità, il commensale vorrà assaggiarle tutte e questo provocherà una maggiore sazietà, che distrarrà l’attenzione e l’appetito dalle portate proposte. Pertanto, abbiamo voluto creare e offrire ai nostri ospiti un solo pane, una pagnotta da 450 grammi, frutto di uno studio approfondito sulla materia e sulla sua tecnica che dà vita a un prodotto perfetto per accompagnare tutto il percorso a tavola, senza appesantire il cliente».

Lo chef Griffa spiega che ci sono poche eccezioni dove il pane diventa fondamentale e che quindi viene servito appositamente per la portata di riferimento. Per quanto riguarda le scelte di materie prime, sono impiegate farine integrali arricchite con semenze. «Il nostro è un pane 100% a lievito madre».

Nik’s&Co

Nella cucina del Nik’s&Co - Cocktail Bar & Restaurant di Milano vengono prodotte piccole quantità di pane per il servizio serale. Lo chef Paolo Bertin ha un pensiero ben preciso: «Il pane auto-prodotto è un’ulteriore opportunità di donare al commensale un’esperienza di maggior profondità gustativa e unicità. È poi un completamento culturalmente importantissimo per noi italiani, fondamentale in quanto rappresenta l’essenza stesso dello stare a tavola».

Il pane viene aromatizzato, a volte, anche con ingredienti di recupero. «Otteniamo, per esempio, del pane alle carote riutilizzando la buccia delle carote. In genere, otteniamo pagnotte da circa 1 chilogrammo che poi serviamo affettate. Inoltre, produciamo anche piccoli panini al vapore, focacce e pan brioche».

Lo chef racconta che panifica utilizzando il pre-impasto poolish in cui viene aggiunto lievito di birra e farina di tipo 1 ai cinque cereali. «La scelta di una farina poco raffinata e con più di un cereale deriva - dice - dalla volontà di servire un prodotto più fragrante e completo a livello nutrizionale. Al Nik’s&Co, scegliamo da sempre di accompagnare il pane con il burro, il quale viene anch’esso prodotto da noi partendo dalla panna fresca e successivamente lavorato per ottenere un burro aromatizzato. In questo periodo dell’anno lo serviamo aromatizzato ai funghi e salato».

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome