Erbe spontanee, risorsa a costo zero

La cucina popolare, abituata a far uso di quel che c’è, le conosce e utilizza da sempre. Oggi sono state riscoperte anche dalla ristorazione più blasonata, che le apprezza per le indiscutibili doti: gusto, reperibilità ed economicità

La tendenza era nell’aria da tempo, ma a “ufficializzarla” è stata l’Accademia Italiana della Cucina che
ha lanciato un’operazione di riscoperta e valorizzazione delle erbe spontanee italiane, attraverso il recupero di alcune ricette regionali incentrate su questi ingredienti modesti ma sorprendenti.
Attraverso il suo sito Internet l’Accademia svela gli usi in cucina di oltre 40 vegetali, un tempo di uso comune e oggi pressoché sconosciuti, e illustra dieci ricette della tradizione tramandate dalla cucina contadina.
Riscoprire e utilizzare le erbe spontanee diventa dunque un’operazione dalla duplice portata, che consente di recuperare una parte importante della nostra tradizione gastronomica ma che permette anche di valorizzare dei prodotti naturali, a basso impatto ambientale, “portatori sani” di biodiversità e spesso anche a “chilometro zero”, perché crescono nei prati, nei boschi,
ai margini delle strade, oltre che negli orti domestici e in quelli che molti chef (da Alfonso Iaccarino ad Antonello Colonna) hanno creato a fianco dei loro ristoranti.

Un patrimonio di gusto e salute solo da raccogliere

Ma non solo. Ramolaccio e cicorietta, persega e pastinache, crispignole e ortica sono
anche prodotti che possiedono riconosciute proprietà nutrizionali. «Molte hanno anche importanti proprietà farmacologiche e non è escluso che in futuro vengano utilizzate come “alimenti funzionali”» sottolinea Francesco Carimi dell’Istituto di genetica vegetale (Igv) del Cnr, che ha recentemente pubblicato uno studio sull’uso alimentare delle piante selvatiche in Sicilia.
Dunque umili sì, ma anche preziose, e persino in cucina dove si rivelano molto versatili e gustose.
Come si può facilmente scoprire in alcune rassegne gastronomiche che hanno come protagonista proprio le erbe spontanee. Come le “Settimane delle erbe selvatiche” che si ripetono ogni anno a Lana d’Adige e dintorni tra aprile e maggio: in questo periodo i ristoranti realizzano menù ispirati alla tradizione culinaria altoatesina utilizzando le erbe spontanee tipiche locali, come malva, melissa e acetosella, per accendere i sapori e dare spazio alla creatività.

Si deve conoscerle per utilizzarle correttamente

Ai curiosi sono dedicati anche incontri e escursioni guidate per conoscere queste erbe, come accade in maggio anche in Val di Non, dove il Pineta Hotels di Tavon di Coredo dedica una settimana alle erbe di montagna, con uscite guidate per imparare a riconoscerle e corsi con lo chef per scoprire come cucinarle. A Monte San Pietrangeli, in provincia di
Ascoli Piceno, dalla collaborazione con la locale università, è nata l’Accademia delle Erbe Spontanee, che vuole garantire la sopravvivenza, la raccolta e il corretto uso alimentare di questi prodotti, attingendo anche alla secolare cultura contadina, classificando le erbe, realizzando una banca dei semi, promuovendo la loro coltivazione in
speciali orti e organizzando corsi di riconoscimento e utilizzo. Invece in Romagna c’è un Comune che ha persino depositato il titolo di “paese delle erbe e dei frutti dimenticati”.
Si tratta di Casola Valsenio, nel ravennate, che per tutto il corso dell’anno propone molti eventi dedicati a questi prodotti. Uno di questi è Erbeinfiore, ideato per permettere ai parteccipanti di farsi una cultura visitando il giardino delle erbe sotto la guida di un esperto, e assaggiandole nei menù speciali proposti dai ristoranti.

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