Il  tocco  segreto di Gochujang & Co. Così le salse orientali entrano nelle nostre cucine

Le salse orientali, un ventaglio di sapori che non può mancare nella dispensa di un ristorante che propone piatti asian e fusion style. ma che sono perfette anche per dare un tocco particolare ai piatti della tradizione

Tra le salse orientali quella di soia è il condimento più diffuso e conosciuto nelle nostre case. La sua introduzione risale agli albori dell’healthy food, quando i discepoli di George Ohsawa, “inventore” della dieta macrobiotica, iniziarono a diffonderla in Europa intorno agli anni ’60. Con l’apertura dei primi ristoranti cinesi in Italia cominciarono a circolare, importati dall’Olanda, anche l’aceto di riso, l’olio di sesamo, la salsa hoisin ed il vino cinese.

È grazie al boom della cucina etnica degli ultimi vent’anni, all’apertura di ristoranti giapponesi e ai rari thailandesi e vietnamiti, ma soprattutto alla diffusione degli asian food stores, nei quartieri multietnici delle nostre città se gli scaffali hanno cominciato a riempirsi di salse “strane”, dai nomi per noi misteriosi.

Un impulso dal commercio

Il commercio etnico ha dato un impulso fondamentale all’importazione di questo genere di prodotti, che oggi rappresentano una percentuale importante dei circa 20mila nuovi ingredienti esotici che oggi vengono importati e distribuiti in Italia. 

Sarebbe però un errore pensare che questo genere di ingredienti vengano relegati ai settori del world food e dell’ethnic cuisine. Sono sempre più numerosi infatti i cuochi e gli chef italiani, compresi quelli stellati, che sperimentano una cucina moderna e d’avanguardia, integrando nelle loro ricette i prodotti e i sapori di casa con quelli asiatici.

Tra contaminazioni e scambi

Chi conosce la storia delle cucine sa che questo fenomeno delle contaminazioni e degli scambi tra i popoli esiste da sempre. Quando questo processo spontaneo di assimilazione viene forzato si parla di cucina fusion, una visione del cibo arcobaleno, sviluppatasi nel meltin pot nord americano ed in Australia. Oggi anche in Italia si trovano decine di salse, molte delle quali possono anche venire preparate al momento con pochi ingredienti. Basti pensare a quello che i giapponesi fanno miscelando in proporzioni diverse shoyu, mirin e saké. 

Se la quantità non manca è però la qualità di alcuni di questi ingredienti a lasciar desiderare. Nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti realizzati per un mercato globale e questo rappresenta un problema laddove si punti sulla qualità, come richiede il mondo dell’alta cucina… bisogna pensarci, ma intanto cominciamo a usare in modo adeguato quel che troviamo. 

1Salsa di soia  e salsa di soia dolce

La salsa di soia è un condimento liquido di origine cinese, ricavato da una pasta fermentata di semi di soia, grano tostato, salamoia e spore di Aspergillus. Con la diffusione del Buddhismo, dalla Cina è arrivata in tutta l’Asia orientale e sudorientale dove rappresenta ancora oggi il condimento più importante, per il suo intenso sapore di umami. Viene utilizzata per marinare gli ingredienti, prima, durante e/o dopo la cottura dei piatti e per la preparazione di innumerevoli salse e intingoli.

Di salse di soia se ne producono tantissime varietà, le più comuni sono la salsa di soia leggera a bassa viscosità, di colore marrone più chiaro che è la più diffusa perché è moderatamente salata, ha un potere meno colorante e aggiunge un sapore distinto ai piatti. La salsa di soia scura ha un sapore più ricco e complesso e viene solitamente utilizzata per intingere o per dare un tocco di carattere al piatto. Una volta aperta la salsa di soia può essere conservata a temperatura ambiente.

Salsa di soia dolce  

La salsa di soia dolce è originaria dell’Indonesia. Ha un colore scuro e la consistenza della melassa a causa dell’aggiunta fin quasi al 50% di zucchero di palma (jaggery). Il suo sapore è simile alla salsa cinese Tianmian, ma più fine, con sentori di anice stellato, cannella, pepe nero, coriandolo e chiodi di garofano.

È a base di pasta fermentata di soia nera bollita, grano tostato, sale, acqua e Aspergillus, alla quale viene aggiunto lo zucchero di palma. È indispensaile nella cucina indonesiana per aggiungere un sapore dolce e umami ai piatti più noti: dalla salsa di arachidi e cocco (satay) ai nasi goreng e mie goreng. È ottima per saltare, brasare, stufare e per grigliare.

2Salsa di pesce  

La salsa di pesce è un condimento a base di piccoli pesci, molluschi o crostacei che vengono ricoperti di sale e lasciati fermentare, dai quali si ricava un liquido che viene filtrato, come avviene per la colatura di alici nostrana, con la quale è imparentata.

Rappresenta un condimento base nelle cucine dell’Asia orientale e del sud-est asiatico, specie in Thailandia (nam pla), Vietnam (Nuoc Mam) e Filippine (patis).

È molto apprezzata per l’intensità del suo sapore e umami a causa del contenuto di glutammato. La si usa per insaporire i piatti durante e dopo la cottura, oppure per preparare salse e intingoli. Il suo uso è stato sostituito dalle salse di soia con la diffusione del Buddhismo in Asia. 

 

3Salsa di tamarindo

La si ottiene dalla pasta allungata con acqua e zucchero di alcune varietà di tamarindi maturi, quando diventano dolci e perdono parte della loro acidità.

È un ingrediente dal sapore agro-dolce, fondamentale nella cucina persiana e indo-pakistana per la preparazione di chutney e salse da servire con gli snacks, ma anche per i curries e insaporire le zuppe. Nella cucina thai è indispensabile per saltare il pad thai.

Per la sua proprietà “ammorbidente”, viene anche utilizzato per marinare, insieme alle spezie, le carni da cuocere al Bbq o da stufare. La polpa di tamarindo figura tra gli ingredienti della Worcestershire sauce e nella HP Sauce.

4Salsa di ostriche  

Originaria della Cina meridionale la salsa di ostriche è un condimento denso e leggermente viscoso, di colore marrone scuro a base di estratto di ostriche, zucchero o caramello, sale e acqua, addensato con amido di mais.

Comunemente utilizzata nei piatti della cucina cinese, thai, malese e vietnamita aggiunge un sapore intenso di umami, specie alle verdure saltate al wok, negli stufati e nei noodles.

Ne esiste anche una versione vegetariana a base di funghi orientali shiitake o oyster mushrooms. Tra i suoi componenti troviamo spesso il glutammato monosodico. Una volta aperta va conservata in frigorifero.

5Vino di riso giapponese   

Il mirin è un particolare tipo di “vino di riso” indispensabile nella cucina giapponese. È simile al sake ma con una gradazione alcolica inferiore e un contenuto zuccherino più elevato che si forma naturalmente durante il processo di fermentazione. La gradazione alcolica si abbassa ulteriormente quando il liquido viene riscaldato.

Ne esistono di vari tipi, principalmente tre. L’hon mirin che contiene circa il 14% di alcol. Lo shio mirin, che contiene un minimo dell’1,5% d’alcool. Lo shin mirin che contiene meno dell’1% di alcol, ma conserva lo stesso sapore. Il mirin viene usato per conferire un sapore dolciastro alla carne e al pesce alla griglia per ridurre l’odore di pesce. Viene usato insieme ad altri ingredienti come la salsa di soia (shoyu) ed il sake per preparare numerose salse dalla sushi su alla teriyaki.

6Vino di riso cinese   

Chiamato anche jellow wine, è un vino tradizionale cinese ottenuto dalla fermentazione di riso glutinoso, acqua e lievito di grano. Viene prodotto a Shaoxing, nella provincia di Zhejiang, nella Cina orientale. È ampiamente usato sia come bevanda che come vino da cucina, specie nello Shanghai style.

Di Shaoxing ne esistono varianti dry, semi dry, dolce e extra dolce. La più utilizzata in cucina è la Huang jiu, indispensabile per “ubriacare” le carni come il drunken chicken e il pollo kung pao. Il vino di riso Shaoxing è di colore marrone, il suo sapore è molto più forte ma più dolce del mijiu, un altro vino di riso popolare nella cucina cinese, meno dolce del mirin giapponese.

La gradazione alcolica è compresa tra il 18 e il 25%. Conferisce complessità e intensità di sapore ai piatti e per questo è adatto nelle marinate per le carni e i crostacei, nei ripieni per dumplings, per le cotture lente ed i brasati, ma anche nel brodo e nelle zuppe.

7Olio di sesamo   

L’olio di sesamo è un olio vegetale che si ottiene dai semi di sesamo. In commercio se ne trovano con colorazioni e sapori molto diversi: l’olio spremuto a freddo che si usa preferibilmente in Medio Oriente e in India è giallo pallido, mentre quello tostato, più diffuso in Estremo Oriente è ambrato-dorato.

L’olio ottenuto dai semi crudi, può essere utilizzato per cucinare, anche per le fritture, per il suo sapore neutro e delicato e per il suo alto punto di fumo (230°C).

L’olio a base di semi tostati viene utilizzato per il suo caratteristico aroma e gusto di nocciola tostata, viene utilizzato preferibilmente come aromatizzante nelle fasi finali della cottura o a fine cottura, poiché l’alta temperatura può conferire un sapore amaro o far perdere il suo caratteristico sapore. È ottimo per saltare tofu, carni e verdure, per insaporire salse, insalate, marinate, noodles, zuppe e omelettes. L’olio di sesamo va conservato in un luogo fresco  e buio o nel frigorifero.

8Salsa hoisin  

La hoisin è una salsa densa e profumata, comunemente usata nella cucina cantonese per glassare le carni, per i piatti saltati (stir-fry) e per gli stufati. Ha un colore scuro e un sapore che varia a seconda delle regioni: dolce-salato, con sfumature di anice o miscele delle 5 spezie, peperoncino, aglio, aceto e zucchero. L’ingrediente base rimane comunque sempre la pasta di soia fermentata.

La salsa hoisin è molto usata nella cucina cinese per marinare e “laccare” le carni, in piatti come il char siu di maiale o l’anatra alla pechinese ma anche come salsa per i noodles saltati, per intingere o farcire le crêpes di grano o gli involtini vietnamiti di foglie di lattuga o le skin di riso bánh tráng.

9Gochujang  

La salsa gochujang è un condimento fermentato saporito, dolce e speziato molto popolare nella cucina coreana. È composto da peperoncino in polvere, riso glutinoso, polvere di soia fermentata, polvere di malto d’orzo e sale.

La sua dolcezza deriva dall’amido del riso glutinoso cotto, coltivato con enzimi saccarificanti durante il processo di fermentazione. Tradizionalmente veniva fermentata naturalmente per anni nei cortili delle case in anfore di terracotta (jangdok). Viene utilizzata nella cucina coreana per insaporire gli stufati (jjigae), per marinare la carne nel gochujang bulgogi o come condimento in alcuni piatti popolari come il bibimbap. 

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