Cresce l’attenzione dei consumatori e delle cantine per i vini “non convenzionali”, ma regna ancora molta confusione
Una produzione di nicchia, quella dei vini prodotti da agricoltura biologica e biodinamica, che incontra sempre più l’interesse dei consumatori e l’attenzione anche di numerose aziende vitivinicole, che iniziano a convertire la propria viticoltura da tradizionale a bio. Difficile tuttavia avere dati precisi, anche se numerose sono le associazioni attive a livello sovranazionale con un numero di aderenti piccolo, ma significativo.
Cresce anche da parte dei mercati internazionali la richiesta di metodi produttivi a basso impatto ambientale e si sta realizzando un vero e proprio bio boom nella ristorazione, sebbene ancora indietro rispetto allo sviluppo della bioalimentazione nei Paesi del Nord Europa.
Al prossimo Vinitaly un salone dedicato ai vini bio
Numeri alla mano, sono circa 350 i ristoranti italiani per così dire “votati” al biologico che usano di conseguenza preferibilmente vini bio.
Stando così le cose, il Vinitaly, in calendario dal 25 al 28 marzo a Verona, non poteva stare a guardare e organizza ViViT - Vigne, Vignaioli, Terroir - che debutta, per dare la possibilità ai vini naturali prodotti da agricoltura biologica e biodinamica, di far incontrare produttori e trader, per conoscersi meglio, al di là delle ideologie e in nome del vino di qualità (lo spazio sarà allestito al primo piano del Palaexpo, in- gresso A2).
Circa 120 i produttori attesi, molti provenienti dalla Francia, ma anche da Austria e Slovenia.
La questione normativa
Vero è che “bio” è una parola magica, di gran moda, dietro cui c’è ancora molta confusione. Per evitare fraintendimenti su quali vini saranno in esposizione, quindi il Vinitaly ha chiesto alle aziende partecipanti a ViVit di sottoscrivere un’autocertificazione molto restrittiva sui metodi di produzione applicati sia in vigneto sia in cantina.
Del resto, il dibattito attorno ai vini da
agricoltura biologica e biodinamica è in corso già da alcuni anni, perché le tecniche adottate non sono supportate, nella legislazione comunitaria, da regole a cui attenersi lungo tutto il processo di lavorazione (vinificazione compresa).
Si dibatte ancora sulla definizione di vino biologico
Per questo, dal punto di vista giuridico, a oggi si può
parlare solo di “vino ottenuto da uve coltivate biologicamente”.
«In questo momento - spiega Roberto Pinton, segretario AssoBio, associazione nazionale delle imprese di trasformazione e
distribuzione di prodotti biologici - il rego- lamento europeo sul vino biologico non è ancora stato pubblicato, ma è pur sempre stato approvato e il testo è noto».
Il tema su cui si dibatte è la maggiore o minore presenza di solfiti (anidride solforosa) richiesta da alcuni Stati membri dell’Unione Europea.
Solfiti sì o no?
L’Italia, in testa agli stati cosiddetti “meridionali (all’unanimità produttori di vino), invoca l’aggiunta della minor quantità possibile di solfiti; mentre gli Stati settentrionali ne vogliono ancora tanti, motivati dal clima delle vendemmie, come soluzione protettiva dei loro vini.
Riassumendo, le nuove disposizioni prevedono percentuali di anidride solforosa non molto basse: 100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per bianchi e rosati. Per gli spumanti si va dai 155 mg/l per i Doc e Igt, a 205 mg/l per gli altri. Con la possibilità di numerose deroghe.
Con il regolamento che sarà in vigore dalla prossima vendemmia (2012) i vini di cui è dimostrabile la produzione in conformità alla nuova normativa potranno esibire il logo europeo di “vino bio”.
Se a essere conforme è soltanto la produzione agricola (e non il processo di vinificazione), il prodotto potrà essere etichettato solo con riferimento alle uve ("vino da uve biologiche") e senza l’utilizzo del logo, com’è stato fino a oggi.
«C’è da dire - continua Pinton - che l'enologia biologica italiana porta cantine a punteggi siderali nelle principali rassegne internazionali e a valutazioni prestigiose dalle riviste più affermate: il vino che incarna meglio il concetto di terroir e di naturalezza è senz'altro quello biologico. E che ora sia consentito produrre con 100 mg/l di solforosa non vieta certo ai produttori più in gamba di continuare a rimanere sotto i 50, né alla combattiva minoranza di sperimentatori, di evitare del tutto l'uso del discusso coadiuvante».