
Riportare la biodiversità nelle risaie, superare la logica della monocoltura, ridare dignità al lavoro agricolo: sono i principi alla base della neonata Rete Slow Rice, presentata a Vigevano durante la prima edizione degli Stati generali del riso italiano. L’evento, in programma fino al 5 ottobre, è organizzato dall’associazione Strada del Riso dei tre fiumi con il patrocinio, tra gli altri, del Masaf e di Slow Food Italia.
La rete nasce dal basso, dall’impegno delle Condotte Slow Food di Vigevano e Lomellina, Vercelli, Novara e Colline Novaresi, con il supporto di agronomi e di produttori che hanno scelto un approccio diverso alla coltivazione del riso, orientato alla tutela dell’ambiente e alla giustizia sociale. Alla manifestazione sono presenti aziende provenienti da tutte le province risicole italiane, insieme a rappresentanti internazionali da Grecia, Spagna, India e Giappone.
Il ruolo del riso nel mondo e in Italia
Il riso è il cereale più consumato a livello globale. Da millenni accompagna le comunità umane, adattandosi a contesti geografici, climatici e culturali molto diversi. Si stima che nel mondo esistano circa 150.000 varietà, testimonianza della capacità di questo alimento di coniugare biodiversità e resilienza.
L’Italia, con il 90% della produzione concentrata in Piemonte e Lombardia, è il principale produttore europeo. Qui il riso non è soltanto una commodity, ma un patrimonio culturale e gastronomico.
Le criticità del modello industriale
Nonostante questa ricchezza, la risicoltura contemporanea è segnata da sfide complesse. Come ha ricordato Francesco Sottile, docente di Biodiversità e qualità del sistema agroalimentare all’Università di Palermo e membro del consiglio direttivo di Slow Food Italia, il settore è oggi dominato da un modello industriale basato su monocolture, sementi ibride, chimica di sintesi e forte meccanizzazione.
Questo sistema assicura rese elevate, ma comporta conseguenze ambientali significative: perdita di biodiversità, degrado del suolo, inquinamento delle acque e aumento delle emissioni climalteranti. Per contrastare tali effetti, molte aziende stanno sperimentando percorsi innovativi di tipo agroecologico, che vanno oltre il biologico e includono rotazioni colturali, coperture vegetali, gestione attenta delle risorse idriche e tutela della biodiversità.
Le testimonianze dal convegno
Durante l’apertura degli Stati generali, il presidente di Slow Food, Edie Mukiibi, ha evidenziato come la biodiversità del riso sia un bene da preservare per garantire la resilienza dei sistemi alimentari. Proteggere le varietà locali e tradizionali significa non solo conservare un patrimonio agricolo e culturale, ma anche rafforzare la sovranità alimentare e garantire un futuro sostenibile.
Cristiana Sartori, produttrice della Lomellina e presidente della Strada del Riso dei tre fiumi, ha sottolineato le difficoltà quotidiane per chi sceglie un approccio rispettoso della natura: i rischi economici, la pressione di un mercato europeo poco attento alla sostenibilità, la necessità di sperimentare tecniche nuove. Eppure, ha ricordato, il 2024 – anno in cui si celebrano gli 80 anni del Carnaroli e l’anno del riso italiano nel mondo – rappresenta il momento giusto per avviare una riflessione collettiva sulla direzione da intraprendere.
Gli obiettivi della rete
I produttori che aderiscono a Slow Rice si impegnano a:
- promuovere pratiche colturali agroecologiche, riducendo l’uso di chimica di sintesi;
- salvaguardare le varietà italiane di riso e le tradizioni gastronomiche legate ai territori;
- valorizzare la biodiversità animale e vegetale associata agli ecosistemi delle risaie;
- tutelare il paesaggio agricolo come bene comune;
- rafforzare il legame tra produzione, comunità e cultura alimentare.
Un seme per il futuro
La nascita della Rete Slow Rice è un passo simbolico ma concreto verso un modello alternativo di risicoltura. Un modello che punta a restituire centralità alle comunità agricole, a proteggere la biodiversità e a costruire un futuro in cui il riso non sia soltanto una fonte di nutrimento, ma anche un simbolo di equilibrio tra uomo e natura.