Nonostante le restrizioni di bilancio, le mense scolastiche non rinunciano alle materie prime bio. Per la prima volta superata quota 1.000 in Italia, con una crescita del 28% rispetto al 2010
«Diminuiscono le risorse pubbliche, ma contemporaneamente aumenta la consapevolezza».
La tenuta delle mense scolastiche biologiche in Italia, sotto la pressione della crisi, si regge anche sull'equilibrio di questi due vasi comunicanti. Lo afferma Daniele Ara, responsabile del servizio Sportello Mense Bio, promosso dalla Regione-Emilia Romagna e gestito fin dal 2005 da Prober, l'associazione dei produttori biologici e biodinamici della regione.
«Resistono i Comuni che hanno una chiara volontà politica - prosegue Ara - perché il costo del pasto finale passando al bio aumenta in media del 20%. Occorre quindi rendere tutto il sistema più efficiente per poter investire in qualità. Intanto rivedendo i menù: meno carne e di migliore qualità, più proteine vegetali. Poi riducendo gli sprechi, attraverso la proposta del piatto unico e del self-service. Ma, dato che le materie prime rappresentano solo il 30% del costo pasto, occorre lavorare anche sul restante 70%, diminuendo le spese sul non food. Quindi, occorre ridurre i costi per energia, acqua, rifiuti, scarti, guardando alla sostenibilità della mensa più in generale. Perché sui costi incidono sia gli sprechi sia le inefficienze».
Mense e pasti: i dati Bio Bank
Che, nonostante la crisi, sulla scelta del biologico nelle scuole non si torna indietro lo confermano anche i dati Bio Bank. Sono 1.116 le mense bio rilevate nel 2011 rispetto alle 872 del 2010, con una crescita del 28%. Un censimento realizzato grazie alla collaborazione delle aziende di ristorazione che hanno segnalato l'impegno di tanti piccoli comuni. Fortissima la concentrazione al nord, con 765 realtà, pari al 68,5% del totale.
La classifica per numero assoluto di mense bio vede in testa la Lombardia con 193 realtà, pari al 17,3% del totale, che sorpassa per la prima volta l'Emilia Romagna, regione guida delle mense bio dal 1996 al 2010. Al terzo posto il Veneto.
Il Trentino Alto Adige si conferma invece prima regione per densità, con più di 6 mense bio ogni 100.000 abitanti, contro una media nazionale di 1,8. Seguono Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.
Diversificata la scala dimensionale delle varie mense bio presenti in Italia: il 33% del totale prepara fino a 300 pasti giornalieri, il 20% da 301 a 600, il 19% da 601 a 1.500, l'11% oltre 1.500 pasti, mentre il 16% delle mense non ha dichiarato il numero di pasti.
Il numero delle mense bio comprende il numero dei comuni che hanno scelto di introdurre in tutto o in parte prodotti bio nelle scuole pubbliche e il numero delle scuole private che hanno optato per il bio. Le cucine sono molte di più e ancora di più sono i luoghi di refezione.
Gamma in aumento
I pasti giornalieri sono invece arrivati a 1.111.000, mentre erano 1.053.000 nel 2010 (+5,5%). Un dato sicuramente sottostimato, dato che dal conto mancano le 180 mense che non hanno dichiarato il numero di pasti o che sono in fase di censimento.
Il numero dei pasti giornalieri comprende quelli con l'intero menù bio, con molti prodotti bio, con alcuni prodotti bio o con una sola portata bio.
La scelta di censire tutte le realtà che hanno introdotto alimenti bio, anche se in una sola portata, tiene conto della gradualità di inserimento di questi prodotti nelle scuole, una sorta di percorso a tappe.
Qualcuno si perde per strada, ma i più proseguono, ampliando anno dopo anno la gamma di prodotti biologici utilizzati.
I protagonisti del catering
Per quando riguarda la gestione della ristorazione scolastica, la formula dell'appalto è nettamente prevalente: è scelta infatti dal 71% delle mense. Il 12% delle realtà censite ha optato per la gestione diretta, il 9% per quella mista. Solo l'1% delle mense non ha dichiarato il metodo di gestione.
Secondo il censimento Bio Bank effettuato presso i protagonisti del catering, le prime tre aziende di ristorazione scolastica, in base alla percentuale di materie prime bio utilizzate in cucina, risultano Mercuria di Milano con il 95%, seguita da Dussmann Service di Bergamo e RR Puglia di Bari, entrambe con l'80%.
Prendendo in esame il numero di comuni serviti, le prime tre sono: Camst di Bologna con 588 comuni, seguita da Cir Food di Reggio Emilia con 413 e Sodexo Italia di Milano con 338. Seguono, con ampio distacco, le altre.
Dalle mense bio agli appalti verdi
Alla guida della classifica per numero di pasti serviti ogni anno nelle scuole della Penisola, troviamo Sodexo Italia con oltre 32 milioni di pasti, segue Cir Food con 31,6 milioni e Serenissima Ristorazione con 28,5 milioni.
Un nuovo impulso all'introduzione del biologico dovrebbe ora arrivare dall'adozione dei criteri ambientali minimi, da parte delle pubbliche amministrazioni, per l'acquisto di prodotti e servizi nel settore della ristorazione collettiva e nella fornitura di derrate alimentari.
Lo prevede il decreto sugli “appalti verdi” pubblicato il 21 settembre 2011 sulla Gazzetta Ufficiale. Un fattore di rilievo, dato che la ristorazione collettiva è un canale commerciale importante per lo sviluppo del biologico, con un giro d'affari stimato intorno ai 275 milioni di euro.
Ma per l'introduzione del biologico servono competenze specifiche ed esperienza.
Come quella acquisita negli anni dallo Sportello Mense Bio, nato nel 2005 per una precisa volontà politica, a seguito della legge 29/02 della Regione Emilia-Romagna sulle mense scolastiche biologiche: legge che non prevedeva contributi, ma la creazione di strumenti utili per supportare le pubbliche amministrazioni nel passaggio al biologico, attraverso un servizio gestito da una struttura esterna.
Verso lo Sportello Nazionale
«In questi anni - prosegue Daniele Ara - lo sportello si è già affacciato fuori regione collaborando al progetto “Metti il bio nella tua mensa” della Regione Lombardia, intervenendo nelle Marche, in Calabria, in Sardegna, Trentino e soprattutto rispondendo a quesiti provenienti da tutta la Penisola. Ormai un quesito su tre proviene da fuori regione. Per questi, e per molti altri motivi, è venuto il momento di fare un salto di qualità, proponendosi come sportello informativo nazionale che mette in rete le principali competenze in materia, rilanciando un sistema che sta purtroppo vivendo la sofferenza finanziaria di tutte le amministrazioni pubbliche, in questo momento molto impegnate nella razionalizzazione dei costi. Il progetto a cui stiamo lavorando coinvolge la federazione nazionale del biologico FederBio, Città del Bio, Risteco, Anci e l'Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari. Per partire basta un finanziamento iniziale molto contenuto, intorno ai 40 milioni di euro, che potrebbe arrivare dai fondi del Piano di Azione Nazionale, naturalmente in stretto rapporto con il ministero delle Politiche Agricole e con una cabina di regia centrale. Sportello che si dovrebbe poi sostenere attraverso consulenze alla pubblica amministrazione con progetti finanziati».