Una brigata mini, materie prime freschissime e di qualità e dieci clienti per volta, non di più. La soluzione adottata a Officina Cucina consente di curare al meglio ogni dettaglio e di lavorare solo su prenotazione e senza sprechi
Officina Cucina è un po' come il salotto di casa: un solo tavolo dove possono accomodarsi 10 persone al massimo. Dove l'ospite ha persino a disposizione tv e X-Box. Ma è la cucina il vero spettacolo, tra effetti speciali all'azoto liquido, ingredienti disidratati, affumicature istantanee, spume: un "one man show" dove il cuoco è il protagonista, con una cucina moderna, dai sapori definiti, in porzioni calibrate da lungo menù degustazione.
È questa la formula scelta da Andrea Mainardi, trentenne cuoco dalla forte personalità che, come ammette lui stesso, lo porta a essere un accentratore. «Non sono fatto per lavorare in brigata - spiega - per cui ho cominciato a pensare a una struttura incentrata su di me: un ristorante che lavora solo su prenotazione ogni giorno dell'anno, da un minimo di due a un massimo di dieci clienti».
Officina Cucina ha aperto la scorsa primavera, dopo che Mainardi ha preso accordi con alcuni soci, lo stesso gruppo cui fa capo anche “I monaci sotto le stelle”, ristorante che si trova nella stessa struttura di Officina Cucina.
Il cliente sceglie il menù all'atto della prenotazione
Il menù consiste in un percorso di degustazione di carne o di pesce (da 8 a 12 portate, 100 euro escluse le bevande): il cliente sceglie al momento della prenotazione, così come può segnalare cibi non graditi o fare richieste particolari, dal nascondere un anello nel dessert alla ricetta preferita.
«Dopo quasi un anno di lavoro, la maggior parte dei clienti non mi chiede nemmeno cosa preparerò. All'inizio le prenotazioni erano solo per il fine settimana, ma ora lavoro tutti i giorni della settimana, a pranzo e a cena, anche se le prenotazioni per la sera sono preponderanti. La media è di 4,5 persone a pasto e oggi ho circa un mese di prenotazioni. È un sistema che mi consente di lavorare solo sul venduto e garantire al cliente materie prime freschissime».
La proposta dei vini contempla una carta con circa 220 etichette (di cui 90 “bollicine”), ma in pratica è lo chef a guidare la scelta. «In genere propongo 5 o 6 calici di etichette diverse per circa 30 euro, opzione scelta da oltre 8 clienti su 10. Chi preferisce può scegliere la bottiglia, io non ne tengo in casa più di due o tre, ma l'enoteca Caravaggi di Chiari mi garantisce rifornimenti rapidi».
Interessante capire come il locale, in breve tempo e con poca visibilità da strada, sia riuscito a farsi conoscere. «Il 70% degli ospiti - spiega Mainardi - arriva grazie al passaparola o alle recensioni della stampa, ma una notevole eco va attribuita anche ai social network come Facebook», un mondo virtuale di cui i ristoratori dovranno sempre più tenere conto in futuro.