
Grow nasce nel gennaio 2022 ad Albiate, in Brianza, per volontà dei fratelli Matteo e Riccardo Vergine e in pochi anni il ristorante si afferma come una delle realtà più interessanti della nuova cucina italiana: Stella Verde Michelin nel 2023, Stella Rossa nel 2024 e premio Michelin Young Chef nel 2025 per Matteo. Un percorso sorprendente, soprattutto per la capacità di costruire un’identità forte e coerente attorno a un territorio spesso percepito solo per la sua vocazione produttiva.
L’idea di cucina prende forma a partire dalla biodiversità brianzola: selvaggina proveniente da caccia sostenibile, erbe spontanee, pesce di lago e ortaggi dell’orto di proprietà. Ne deriva un’impronta culinaria che i fratelli Vergine definiscono “trappeur”, ispirata alla cucina essenziale degli esploratori nordamericani tra Settecento e Ottocento. È una cucina di natura e fuoco, fatta di cotture lente alla brace, fermentazioni, conserve e lavorazioni che richiedono tempo e consapevolezza. Grow è inoltre l’unico ristorante stellato italiano a proporre tutto l’anno un menu dedicato alla selvaggina selvatica, con declinazioni stagionali.
L’approccio local
Tutto ruota intorno a un approccio rigorosamente locale: ingredienti lombardi, pesce d’acqua dolce, carni selvatiche e un orto gestito con metodi naturali, in parte grazie al pollaio costruito dai fratelli e al compost ricavato dagli scarti del ristorante. L’orto è anche un progetto sociale: dal 2022 una parte del terreno è coltivata insieme a persone in percorsi di reinserimento e formazione professionale, grazie a una collaborazione con Regione Lombardia e associazioni del territorio.
Non recupero, ma valorizzazione
A Grow nulla viene sprecato: tutto si trasforma in conserve, fermentati, garum, salumi e preparazioni che valorizzano ogni ingrediente. Un approccio che unisce tecnica, natura e rispetto per il ciclo delle stagioni, eredità dei nonni contadini da cui Matteo e Riccardo hanno appreso la cura della terra.
La proposta gastronomica si articola in menu che seguono i ritmi della natura, con percorsi degustazione e con un’offerta più accessibile, grow.pop, pensata per portare l’esperienza di Grow anche in una pausa più breve. Tra gli evergreen in carta, il celebre risotto all’aglio nero, capra e rafano.
La carta dei vini, curata da Riccardo – maître, sommelier e co-regista della filosofia del locale – accompagna la cucina con scelte mirate e originali, spesso affiancate da kombucha, fermentati e pairing non convenzionali. Un lavoro di abbinamento che cerca armonie coerenti con la natura degli ingredienti.
Un percorso su misura
Un ampio esempio della filosofia di Grow ci è stato fatto assaggiare recentemente. Eccolo, in una nostra versione “meditata” (e speriamo di non scrivere troppe sciocchezze).
Bresaola di cervo e chips di grano saraceno e mais
Un antipasto che introduce con chiarezza la grammatica culinaria di Grow: selvaggina, tecniche di trasformazione rispettose e un legame diretto con i cereali di territorio. La bresaola di cervo, asciutta e precisa nei profumi, restituisce la mineralità tipica delle carni cresciute in libertà; le chips di grano saraceno e mais aggiungono una croccantezza rustica, piacevolissima. È un piatto che lavora sull’essenzialità: pochi elementi, tutti funzionali a definire un’identità gastronomica netta.
Il riassunto di fagiano: porchetta, brodo, pulled e rocher di fegato
Questo piatto è una celebrazione totale del fagiano, che viene declinato in più texture e tecniche. La porchetta, cotta con precisione e presentata su un Hibachi (un minigrill da tavola Mibrasa), sprigiona note aromatiche e croccantezza che ricordano le tradizioni di rustiche, mentre il brodo, leggero ma aromatico, lega tutti gli elementi con eleganza e profondità. Il fagiano “pulled” introduce una consistenza morbida e succosa, sapida e golosamente grassa, che contrasta con la croccantezza del rocher di fegato, l’elemento che dà intensità alla portata. L’insieme è un equilibrio perfetto: ogni boccone racconta la materia prima, trasformando un singolo ingrediente in un percorso sensoriale complesso e completo.
Petto al fieno cotto alla brace, cicoria e arachidi
La cottura al fieno, un gesto antico e contemplativo, infonde al petto una fragranza delicata, mentre la brace conferisce struttura e un profilo aromatico più deciso. La cicoria “tostata” porta amaro e profondità, le arachidi aggiungono una componente croccante, ricordando la cucina “di sostanza” tipica degli esploratori nordamericani da cui Grow trae ispirazione. Piatto tecnico, rurale, ma elegante e molto piacevole.
Fagioli e pasta
Il piatto più umile del menu reinterpretato in chiave brianzola e contemporanea. E che chiave: pur nella sua semplicità apparente, ci è apparso come un piatto maturo, coraggioso e molto interessante, perché condensa tecnica, memoria e profondità gustativa. Notevole il tocco di gusto e profondità data dall’alloro.
Daino in cera d’api, miele, noci ossidate, erbe di campagna, tortino salato alle erbe
Uno dei piatti più complessi del percorso, che testimonia la capacità del ristorante di mettere in relazione natura e tecnica. La stagionatura nella cera d’api conferisce alla carne un profumo rotondo; la successiva cottura e l’unione a miele e noci ossidate ampliano la gamma aromatica verso note balsamiche e tostate. Le erbe di campagna introducono un’immediatezza vegetale, mentre il tortino alle erbe dona un gusto vegetale che sa di montagna e primavera.
Candele alla brace, latte e ’nduja di campagna
Qui la brace entra nella pasta, letteralmente. Le candele “arrostite” regalano una superficie quasi caramellata, che interagisce con la dolcezza del latte e la piccantezza morbida della ’nduja. Il risultato è un piatto rustico, contemporaneo, equilibrato. È un esempio di come Grow inserisca elementi non strettamente locali mantenendo salda la propria identità.
Torta noci e pere
Un dessert che chiude in coerenza, senza eccessi zuccherini e con una chiara impronta territoriale. Le noci richiamano i boschi lombardi e le pere, spesso sottovalutate, portano una dolcezza pulita e asciutta. La struttura del dolce rimane fedele a un’idea di pasticceria contadina riletta con mano più tecnica. E naturalmente con le per ci va il formaggio. Un tocchetto di pannerone conclude il piatto per una versione di dessert fuori dagli schemi. In accompagnamento un brodo di noci, dal sapore orzaceo, leggermente acidulo che lega bene torta formaggio.
Perché sì (in sintesi)
Perché mi è piaciuto? Perché Matteo e Riccardo sono due... cattivi ragazzi. Vanno contro le mode e usano alimenti fuori dal tempo. Carne, selvaggina e cacciagione, di caccia per giunta. E poi, anche se non ho avuto il piacere pesce di lago o lumache. Insomma tante cose che altri non si sognerebbero mai di proporre perché sapete, il cliente di oggi, i vegetali...
Beh allora, meno male che ci pensano Matteo e Riccardo a conservare sapori così che saranno pure fuori moda, ma... si sa: le mode vanno e vengono, mentre certi sapori restano.






