Tecnologia, tecnica e conoscenza, tutto in cucina va usato per valorizzare gli ingredienti. Questo il credo del giovane talento in quel di Sasso Marconi
Aurora Mazzucchelli, bolognese, chef e titolare con il fratello Massimo del ristorante Marconi, è una giovane donna dall’aspetto gentile e misurato, che dissimula il carattere volitivo: una che “sa quello che vuole”.
Ha sempre respirato l’ambiente della cucina e del ristorante, fin da quando, bambina, giocava ad aiutare i genitori nel ristorante di famiglia, negli anni ‘80 famoso per una cucina di pesce classica. «È un mondo che mi è piaciuto da subito, faceva parte di me. È stata una scelta di vita, una scelta di passione, la passione del bello, del buono e dell’accoglienza», dice. A partire dal 2000, la svolta: assieme a Massimo, esperto e appassionato di vini, i genitori lasciano lo spazio per un progetto globale che ripensa completamente il ristorante. Quello per Aurora sarebbe stato il suo lavoro, il suo mondo, ormai era decisa. «Abbiamo cercato subito un maggiore legame con il contesto, inserendo il territorio - racconta - ma mancava un tassello. Allora abbiamo iniziato semplicemente a sviluppare la nostra idea di ristorante, quella che ci piaceva, cioè di un posto dove vivere un’esperienza, dove stare bene, curando cucina e ospitalità in sala. Tutto molto naturale». Parallelamente Aurora segue un percorso personale di studio, aggiornamento, viaggio. Ma i primi tempi è dura. «Abbiamo mantenuto lo stesso nome Marconi anche con il nuovo corso, ma ammetto che abbiamo creato un po’ di confusione. Poi hanno imparato a conoscerci e noi abbiamo aggiustato il tiro». Il momento decisivo, è il riconoscimento di “chef emergente” nel concorso ideato dal critico Luigi Cremona. «Perché, vede, il problema è che per troppa gente il sinonimo di cucina contemporanea è “strana”. In realtà con la mia cucina voglio raccontare una mia storia, dare qualcosa all’ospite. Emozione, sapore, gusto. Mi piace pensare che venire al Marconi è un po’ volersi bene. Per me la cucina è un modo di esprimere qualcosa di mio, di crescere, di conoscermi meglio, e molto si fonda sullo studio della materia prima».
Aurora Mazzucchelli ai suoi piatti è molto legata. Tutti manifestano la sua voglia di conoscere e di trasmettere il suo vissuto.
Moderno non vuol dire strano
Confida che, quando crea una ricetta, parte più dall’istinto e dalla voglia di usare e conoscere un certo prodotto, per portarne il suo sapore più intimo nel piatto, che da un progetto schematico a tavolino. «Il mio lavoro è istinto, conoscenza, crescita. Ho gli strumenti più moderni in cucina, e li uso, conosco tutte le tecniche, ma do per acquisito che io possa scegliere ora la padella rovente, ora la cottura sottovuoto: questo fa parte del bagaglio professionale di base, non parto da lì per i miei piatti». Ecco che la sua non è cucina di accademia né di virtuosismo. I suoi obiettivi sono semplicità ed equilibrio. «Il rapporto con il prodotto deve essere facile, non costruito». Così, in menù alcuni piatti rimangono fissi da anni proprio per raccontare la crescita della persona. Altri cambiano leggermente in base alla stagione. Già storico - 6 anni - è l’Oca cruda al tè nero affumicato, così come il suo mitico Maccherone ripieno d’anguilla affumicata, ostrica cruda e spinaci, in carta fin dal 2005. Il capitolo dolci si chiama La gola e anche qui mette in evidenza al massimo la materia prima. Per esempio il Cioccolato morbido, erbe aromatiche, latte di capra all’eucalipto: un terreno di sperimentazione fra consistenze e cremosità.
Il menù anche da un punto di vista grafico brilla per semplicità e cura del dettaglio, ad esempio con un sobrio carattere corsivo che sottolinea il componente principale del piatto e poi si limita all’essenziale. Come se si dovesse sentire già leggendo che quella materia prima c’è ed è protagonista, senza dover scrivere un romanzo che spiega chissà che. Per esempio Agnello in testa è un nome secco e breve, ma dietro questo piatto (a base di cervella di agnello) c’è una lunga preparazione. Che magari viene spiegata al tavolo a chi è curioso di conoscere. Una parola che ritroviamo spesso nel discorrere della Mazzucchelli. Testimonia un approccio non banale, non superficiale alla professione.