Tanti lo hanno conosciuto in televisione. Potenza di Mamma Rai e di oltre 200 puntate da chef ospite alla Prova del Cuoco. Tanti, genovesi e no, lo hanno apprezzato nel suo elastico girovagare tra un estremo e l’altro di Genova. È Ivano Ricchebono, lo chef di The Cook. Dopo gli esordi a Nervi nel 2004 e dieci anni di militanza levantina (con l’illuminazione della stella Michelin dal 2010), e quattro stagioni ad Arenzano (in due strutture differenti), da febbraio lo troviamo in un palazzo d’eccezione, nel centro storico della città, a due passi dal cuore di piazza De Ferrari. È Palazzo Branca Doria, patrimonio dell’Unesco, impreziosito dagli affreschi seicenteschi di Bernardo Strozzi, il più influente dei pittori genovesi. Un luogo ideale per uno chef nel pieno della sua maturità, per giunta bravissimo a creare attorno a sé una brigata di cucina di prim’ordine.
Con lui lavorano gli under 30 Marco Primiceri e Lucia De Prai che, dopo essersi conosciuti nel tre stelle andaluso di Quique Dacosta, firmano oggi con Ivano il menu (il quarto socio è Alessandro Bosio, che si occupa della parte gestionale). «Partiamo dai nostri ricordi, per crearne dei nuovi; lavoriamo sulla tradizione come base per nuovi futuri». È la filosofia di una cucina che non si distrae mai dal gusto, ricercato prima dell’estetica – “prima viene il buono, poi arriva il bello” – neoclassica e mediterranea, con qualchescappatella nella tradizione francese, e un confine mai netto tra acqua e terra, dolce e salato.
Per conoscerla ci si può muovere lungo due menu degustazione - Acqua a 90 euro, Movimento a 110 - o una carta che mescola i classici che hanno accompagnato Ivano Ricchebono nel suo percorso creativo e professionale (il crudo, il fritto, la carbonara di mare) e piatti inediti.
Qui (quasi) nulla è scontato. Nemmeno il cappon magro della tradizione genovese, che assume nuova forma e consistenza, segnato dal corallo di riso alla barbabietola che in un colpo solo sostituisce la radice e la croccantezza della galletta del marinaio. O l’acciuga su tela, splendida rilettura di una classica acciuga marinata, in un insieme solare ricostituito nelle salse. O ancora, la carbonara di pesce, autentico transito nel comfort food, dove però la seppia è lavorata in modo tale (affumicata a crudo, resa crema, ri-solidificata sottovuoto e infine tagliata a julienne) da assumere una consistenza del tutto nuova, e con una nuance affumicata che dona al piatto profondità. In altre portate, al centro di tutto c’è la materia prima, quasi spogliata di ogni vezzo da chef: la massima espressione è nel crudo, una decina di assaggi dove alla brezza iodata del mare e alla freschezza del pescato viene aggiunto ben poco, in un lavoro di continua sottrazione. In altri ancora, il gioco si fa divertissement: il frisceu di baccalà che esplode liquido in bocca, o l’inconsistenza della spuma di fegatini che trova il punto di mordenza nella mandorla tostata e l’armonia dolce-amara nell’amarena sciroppata.
I titoli di coda sono affidati all’estro di Lucia De Prai, che firma dolci strabilianti. «Solitamente non mangio dolci - dice -. Ecco perché il dessert deve saper invogliare: la leggerezza è il carattere essenziale, assieme a una nota sapida che metto dappertutto». Anche nella Nocciola, memorabile miscuglio di terra di cacao a doppia fermentazione, pralinato alle nocciole croccanti, spugna fondente allo zucchero grezzo e una crema gelata alla nocciole che lega e amalgama il tutto.
Il servizio in sala, saltuariamente diretto da Elisa Arduini, moglie di Ivano, scorre via senza impacci. La carta dei vini, curata personalmente dallo chef, non è monumentale, ma in crescita, e spazia dai grandi nomi - che difficilmente possono mancare a certi livelli - a scelte più personali, anche nel campo dei vini naturali. Insomma un indirizzo importante per la città, che finalmente sta tornando - anche grazie ad altri ristoranti di assoluto valore - nel tom tom dei gourmet.