Dopo la casa di riposo per artisti, ci sarà quella per cuochi. Un luogo che li accoglierà a fine carriera facendo fronte a tutte le necessità della vecchiaia, anche per quanto riguarda le patologie più gravi.
A rendere possibile il progetto è la Fondazione Molina di Varese, una casa di cura con 500 posti letto, che, insieme al Gruppo Gualtiero Marchesi, ha annunciato la trasformazione di una palazzina indipendente (l’ex centrale termica) in.
Non finisce qui, perché il progetto prevede anche la realizzazione di una cucina didattica idonea all'alta formazione di 18 allievi, un luogo dove si possa tramandare e approfondire la cultura culinaria nel segno della continuità.
La Casa di riposo per cuochi è un tangibile segno di rispetto e considerazione per un mestiere che qualche decennio fa, prima che Gualtiero Marchesi indicasse la via per il rinnovamento della cucina italiana, era considerato tra i più umili se non il più umile.
La percezione di cosa può e deve fare un cuoco è, nel frattempo, totalmente cambiata. Il cuoco è, a tutti gli effetti e al di là degli eccessi divistici, un portatore di cultura, un divulgatore e un difensore di valori, legati alla salute, alle risorse agricole e alle tradizioni del paese. Insistere su questo ruolo pedagogico e civile è importante, altrettanto importante sarebbe aggiungere dignità, riservando accanto all’accoglienza anche la prospettiva di una testimonianza per chi ha fatto della cucina la sua ragione di vita.
In prima linea nell’impegno per la realizzazione, Gualtiero Marchesi ha detto: “Questa volta riesco a realizzare un progetto che sogno da almeno dieci anni. Una casa di riposo per cuochi, sulla falsariga di quella per musicisti, Casa Verdi dove fu accolta anche Giuseppina Serra, la madre di mia moglie, soprano di grandissimo talento, che iniziò a cantare a sedici anni, fu sul palcoscenico con Mascagni, e perse purtroppo la voce a ventisette anni. La mia passione per la musica è una passione personale e familiare a tal punto che ho spesso paragonato la cucina a uno spartito, le ricette all’opera che un compositore affida a chi deve eseguirle nel rispetto delle note, aggiungendo, come è naturale, la sua dose di interpretazione».