Gli italiani hanno ripreso a consumare in ristoranti e bar: i consumi alimentari fuori casa segnano infatti un trend positivo, anche se modesto: +1,1% nel 2016, a fronte peraltro di una spesa per cibi e bevande destinati all’uso domestico in diminuzione (-0,1%). Una situazione, quella nella Penisola, in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove accade esattamente il contrario. A rivelarlo è il Rapporto ristorazione 2016 di Fipe.
La maggioranza degli italiani cena fuori almeno una volta al mese, con una spesa che in media si attesta tra i 10 e i 30 euro. La scelta dei luoghi cambia in funzione dell’occasione di consumo e dei giorni: le pizzerie sono le più gettonate per i pranzi infrasettimanali, mentre nel week end cresce la frequentazione di ristoranti e trattorie.
«In otto anni, tra il 2007 e il 2015 i consumi delle famiglie hanno perso oltre 57 miliardi di euro - spiega Luciano Sbraga, direttore dell’ufficio studi di Fipe -. Nel comparto cibi e bevande, i consumi domestici sono calati di circa 18 miliardi di euro, mentre per i servizi di ristorazione la diminuzione è pari a 344 milioni di euro. Per il fuori casa il peggio è passato: negli ultimi tre anni i consumi hanno avuto una crescita, seppur modesta. Gli italiani continuano a mangiare fuori casa perché hanno voglia di convivialità e d’altro canto non è vero che con la crisi le famiglie sono tornate a farsi da mangiare. In realtà in casa si cucina ormai poco».
In Europa accade invece il contrario: è calata la ristorazione ma non il consumo domestico. Guardando all’Europa nel suo complesso, i consumi alimentari valgono 1.541 miliardi di euro, suddivisi tra un 64,2% nel canale domestico e un 35,8% nella ristorazione, con differenze notevoli tra Paese e Paese: in Germania i consumi nella ristorazione rappresentano meno del 30% del totale, nel Regno Unito il 47%, in Spagna il 52% e in Irlanda il 57%.
Il dato italiano è vicino alla media: 35%, per un totale di 76 miliardi, valore che fa del nostro Paese il terzo mercato del fuori casa in Europa alle spalle del Regno Unito e della Spagna.
Nel Vecchio Continente tra il 2007 e il 2015 si è registrata una flessione dei consumi fuori casa pari a circa 22 miliardi di euro; mentre in Italia la contrazione dei consumi fuori casa è stato tutto sommato lieve, altrove si sono registrati dei veri e propri crolli. Ne sono un esempio la Spagna (-14,3 miliardi di euro) e il Regno Unito (-7 miliardi di euro).
Al calo del mercato italiano non ha in realtà corrisposto una riduzione del numero di locali: al contrario, la rete dei pubblici esercizi nel 2016 risulta essere dell’8,1% più numerosa rispetto al 2008, con un aumento addirittura del 17,6% della ristorazione con servizio (arrivando a 103.804 locali) e una vera e propria esplosione dell’offerta di ristorazione take away (+35% per un totale di 32.261 punti). Nel 2015, però, il saldo delle imprese di ristorazione risulta negativo per oltre 5mila unità a motivo delle oltre 13mila cessazioni a fronte di 8.627 nuove aperture. I saldi più pesanti riguardano le imprese del Sud e le società di persone.
Le ditte individuali continuano a costituire l’ossatura del comparto ristorazione: una impresa su due ha infatti questa forma giuridica, mentre quelle più strutturate, ovvero le società di capitali, sono meno del 20% del totale.
Per quanto riguarda i prezzi, quelli della ristorazione commerciale hanno registrato un aumento dell’1% rispetto allo stesso periodo del 2015, mentre per la ristorazione collettiva la crescita è stata del 2% sui consumatori che pranzano e cenano fuori.
L’anno scorso hanno mangiato fuori casa 39 milioni di italiani. Tra questi, 13 milioni fanno 4-5 pasti fuori a settimana: sono perlopiù uomini (53,9%), tra i 35 e i 44 anni (23,7%) e residenti al Nord Ovest (29,5%) in centri che hanno tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (36,8%). Poi ci sono 9 milioni che vanno a mangiare fuori almeno 2-3 a settimana (51,7% uomini, 29,1% residenti in Centro Italia, 37,9% in comuni tra i 5.000 e i 40.000 abitanti; i consumatori più occasionali, ovvero le persone che non escono più di 2-3 volte al mese, sono soprattutto donne (54,8%), di età superiore ai 64 anni, che vivono nelle regioni del Nord: in tutto sono 17 milioni. A due italiani su tre (pari a poco meno di 34 milioni di individui) capita di consumare il pranzo fuori casa durante la settimana; per cinque milioni di persone, invece, è un’abitudine (3-4 volte alla settimana). La concorrenza dei bar è forte, ma va molto anche la pizza, specie tra quelli che consumano questo pasto fuori 2-3 volte alla settimana e tra chi lo fa 2-3 volte al mese; nel weekend, invece, si prediligono decisamente i ristoranti, scelti rispettivamente dal 56,2% contro il 39,5% delle pizzerie, spendendo 10-20 euro nel 42,2% dei casi. Il 61,7% degli intervistati ha fatto almeno una cena fuori in un mese; gli habituée (almeno tre cene fuori a settimana) sono poco meno di due milioni e in media spendono tra i 20 e i 30 euro.