«Il piatto è stampato» e non più «Il piatto è servito»: in un futuro non troppo lontano, così è come ci potrebbero essere presentate le portate al ristorante. È in continua crescita, infatti, la ricerca sulla stampa 3D di cibi commestibili. Noto è l’esempio di Barilla, che a Expo 2015 ha presentato nuovi formati di pasta dalla struttura complessa realizzabili solo con una stampante 3D.
Nonostante la crescente familiarità con le possibilità offerte dalla stampa in tre dimensioni, suona rivoluzionaria la trovata di Food Ink., équipe di chef, designer e non solo, che ha recentemente inaugurato il primo ristorante in cui tutto – dalle posate alle portate – è stampato in 3D. Per ora si tratta solo di un locale pop-up, cioè temporaneo e itinerante. Le prime tre serate firmate Food Ink. si sono tenute a Londra, tra il 25 e il 27 luglio e hanno registrato il tutto esaurito. Nove le portate cucinate – o, meglio, stampate – in diretta davanti a un numero molto limitato di clienti (una decina per serata), che hanno pagato ognuno 250 sterline. La “magia” di Food Ink., che consiste nello stampare piatti già pronti per essere consumati, che non richiedono ulteriore cottura, è possibile grazie a byFlow, marchio della prima stampante 3D portatile e multi-materiale, che, per l’occasione, è stata caricata non a resina, ma con impasti commestibili. L’utilizzo di una macchina, come già nel caso della pasta Barilla, dà la possibilità di realizzare disegni anche molto intricati, che nessuna mano umana potrebbe tracciare con altrettanta precisione.
«Chissà che presto non si possano scaricare dal web i dessert e che non ci si possa vedere consegnata una pizza via mail», annunciano provocatoriamente quelli di Food Ink. Intanto, il progetto sta per intraprendere un giro intorno al mondo che, sul finire dell’anno, potrebbe toccare anche Roma e Torino.