Meglio un uovo oggi e anche domani

Da ingrediente nascosto a protagonista di grandi piatti della cucina contemporanea. L'umile uovo ne ha fatta di strada al ristorante dai tempi in cui una rapida omelette non si negava a nessuno, anche se non era in menù

Da ingrediente nascosto a protagonista di grandi piatti della cucina contemporanea. L'umile uovo ne ha fatta di strada al ristorante dai tempi in cui una rapida omelette non si negava a nessuno, anche se non era in menù

Da piatti rapidi e umili della gastronomia popolare a ingrediente cult per l’alta cucina, il passo non è stato né breve né facile. Ed è storia recente. Tra i primi a guardare l’uovo in maniera diversa possiamo ricordare lo chef francese Michel Guérard, uno dei principali esponenti della nouvelle cuisine, creatore della cuisine minceur. Nel 1977, nel suo ristorante Les Prés d’Eugénie, 3 stelle Michelin, stupisce i clienti con L’Oeuf Poule au Caviar à la Coque. Sotto la cloche d’argento, un prezioso portauovo sorregge un guscio contenente uova delicatamente strapazzate con cipolla, erba cipollina e panna, coronate da caviale. Un piatto storico, ancora oggi in carta (a 70 euro) a Les Prés d’Eugénie.
Ancor prima, in Italia, il grande cuoco Nino Bergese aveva messo a punto numerose ricette a base di uova che oggi sono diventate dei classici, come l’uovo fritto in crosta di pan grattato. Al ristorante San Domenico di Imola, Valentino Marcattilii, allievo di Bergese, su ispirazione del maestro mette a punto L’Uovo in raviolo San Domenico, con Parmigiano Reggiano, tartufo di stagione e burro Alpino, raffinatissima variante dei popolari tortelli di ricotta e spinaci da decenni in menu: una sfoglia sottilissima racchiude il ripieno in cui il cremoso tuorlo d’uovo, appena rappreso, una volta rotta la pasta, si mescola con la salsa al burro e diventa condimento. Altro piatto iconico della cucina italiana è il Cyber Egg di Davide Scabin, del Combal.Zero, di Rivoli (To). La ricetta è del 1997 e, a 20 anni di distanza, mantiene il suo impatto rivoluzionario: una pellicola trasparente sostituisce il guscio. All’interno, un ripieno di caviale e tuorlo. Per arrivarci, un bisturi con cui incidere l’involucro. Pura creatività.
Carlo Cracco ha dichiarato il suo amore per le uova dedicando loro un libro, La quadratura dell’uovo (Milano, 2004), e firmando una preparazione ormai associata con il suo nome: il tuorlo marinato con sale e zucchero. Il processo che entra in gioco è semplice: sale e zucchero assorbono l’acqua contenuta naturalmente nel tuorlo. Venendo meno l’acqua, le proteine del tuorlo cominciano a modificarsi.

A seconda del tempo di marinatura, si ottiene un tuorlo dalla consistenza più o meno cremosa o gommosa; lavando la miscela di sale e zucchero e asciugando delicatamente il tuorlo, si può lasciare stagionare per più giorni, fino a ottenere un prodotto che si può grattugiare o usare in scaglie.
Sempre Cracco ha avuto l’idea di usare il tuorlo marinato per preparare la pasta di uova, senza farina, sfruttando la gommosità dell’uovo marinato per ore. Molte le ricette in cui Cracco ha usato questa pasta, tra cui gli Spaghetti all’uovo, aglio olio e peperoncino.
E poi Antoninio Cannavacciuolo, che usa lo Champagne per marinare il tuorlo delle uova di gallina.

Ma le uova possono essere trattate in vari modi. La millenaria tecnica cinese per preparare le cosiddette uova dei cento anni prevedeva di far maturare le uova di anatra in un composto di sale, calce spenta e cenere per periodi anche di molti anni. Oggi il processo, con altri ingredienti, dura tre mesi, con risultati abbastanza simili.
La tecnologia, negli ultimi anni, ha aiutato la sperimentazione. Per esempio, la diffusione nelle cucine dei ristoranti di attrezzature per la cottura sottovuoto, che consentono di controllare con precisione la temperatura di cottura, hanno reso popolare l’uovo cotto in guscio tra 61 e 65 °C per un tempo variabile da poche decine di minuti a qualche ora. A 62 °C l’albume comincia a coagulare, a 65°C comincia ad addensarsi il tuorlo. Mantenendo la temperatura costante sotto i 65 °C, il risultato è un albume morbido e un tuorlo più o meno semiliquido e cremoso. Un’altra procedura che sfrutta la cottura sottovuoto consiste nel cuocere le uova sgusciate in busta. La usa, per esempio, lo chef inglese Heston Blumenthal, uno dei pionieri della cucina molecolare, per preparare le uova strapazzate: la miscela di uova sbattute, latte, panna, burro, sale e pepe viene cotta a 75 °C per un quarto d’ora circa.

Un cuoco che ha sempre dichiarato la sua passione per le uova è Nicola Batavia, patron del Birichin di Torino. «Fin da ragazzo mi piaceva l’uovo, la sua forma - racconta lo chef -. Quando ho aperto il Birichin, nel 1993, ho proposto un piatto a base di uova che è ancora oggi nel menu della tradizione». Si tratta dell’Uovo in camicia su fonduta, patata, nocciole e cacao. Abbinato a ingredienti sempre nuovi, l’uovo rappresenta il fil rouge anche di altre proposte del Birichin, che attingono suggestioni e ispirazioni dai viaggi dello chef in giro per il mondo. Nel menu gourmet, per esempio, c’è l’Uovo avvolto in polvere di porcini, foie gras e waffle al burro di cacao: un tuorlo d’uovo crudo marinato in acqua di porcini, avvolto in polvere di porcini, cotto nel burro di foie gras a fuoco spento. Altra proposta: tuorlo leggermente marinato in sale e zucchero, avvolto in semi di yucca e servito in falda di cardo gobbo ovvero il Sud America che incontra il Piemonte.
Qualche anno fa, Batavia ha poi aperto The Egg, un cichetti e tapas bar il cui simbolo è un uovo e, insieme, la stilizzazione della prima ecografia del figlio Vittorio, perché, spiega: «Per me l’uovo rappresenta la vita». La carta include proposte a base di uova diverse di gallina e no, come il signature dish The Egg: padellino di spinaci, uovo di quaglia e liquirizia.

Anche a Tano Simonato, chef patron del ristorante milanese Tano Passami l’Olio, piace lavorare l’uovo perché, dice: «Si presta allo studio e a una continua ricerca tecnica». Nel 2006 Simonato ha cominciato a usare nei suoi piatti la Bottarga di uova di gallina, a base di tuorlo marinato sotto sale per alcuni giorni, poi lavato e lasciato stagionare fino a 24-36 mesi. Con l’albume che avanza dalla lavorazione dei tuorli marinati, Simonato prepara una maionese di albumi, olio Evo e aromi vari, per esempio capperi o aglio. Una maionese, spiega, leggera e povera di colesterolo. Studiando nuovi modi per usare gli albumi avanzati, Simonato è anche arrivato all’albume croccante: l’albume sodo viene passato al setaccio, disidratato in forno a 50°C e usato per dare un elemento croccante alla maionese di albumi. Simonato si è anche inventato l’uovo di cristallo, un guscio commestibile di isomalto e coloranti naturali ripieno di morbido di albume, patata e Parmigiano Reggiano o Bitto, servito su riso Venere o rosso. Ti riporto indietro una stessa incontro tra

Non mancano poi le reinterpretazioni di ricette classiche in maniera creativa. È quel che ha fatto, per esempio, Roy Caceres, chef del ristorante Metamorfosi di Roma, con il suo Uovo 65° Carbonara, una rivisitazione della carbonara servita come antipasto. «Quando sono arrivato a Roma - racconta lo chef di origine colombiana - ho voluto rivedere un piatto che esprimesse la romanità. Mi sono chiesto: perché la carbonara piace? Per la sua cremosità. Ho perciò voluto esaltare questa cremosità all’ennesima potenza». Come? Cuocendo l’uovo a 65°C per 40 minuti e servendolo con una spuma calda di pecorino e Parmigiano Reggiano, guarnendo con guanciale croccante, chip di cotenna di maiale essiccata e fritta, chips di pasta (stracotta, essiccata e fritta).

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