Solo di formaggi italiani se ne contano più di 600. Fra questi ce ne sono ben 47 a marchio Dop a cui si aggiungono gli Igp, Stg e quelli catalogati fra i presidi Slow Food. Tanto che i principali quotidiani hanno eletto l’Italia a leader in Europa con il 25% dei formaggi a denominazione di origine protetta.
Nonostante tutto questo bendidìo, al ristorante il servizio del formaggio è troppo spesso mal proposto, sottovalutato, poco accattivante o addirittura assente dai menu.
Ciò non significa che le specialità casearie siano assenti anche dalle ricette, tutt’altro. Dalla rustica “raclette” al flan di Bettelmatt, piatto iconico dello chef due volte stellato Marco Sacco, agli eleganti finger food proposti da Marco Di Lorenzi con formaggi Carozzi all’ultima edizione di Baritalia (evento organizzato da Bargiornale e Ristoranti durante l’ultima edizione di Host, a Milano), gli esempi del formaggio protagonista nelle ricette sono infiniti.
Insomma, i ristoratori preferiscono puntare più al formaggio come ingrediente che al prodotto tal quale. Risultato, la proposta dei formaggi - intesi come portata - nella gran parte dei locali italiani lascia a desiderare, nonostante il consumatore europeo sia un fan di grana, mozzarelle & co. Basti dire che nel nostro Paese latticini e formaggi fanno parte della dieta quotidiana di 2/3 degli italiani (“Il consumo di latticini e formaggi” 2014, fonte Eurisko). Insomma, al consumatore il formaggio piace e lo conferma il successo di manifestazioni come “Le strade della mozzarella”, Cheese o Made in Malga, lo scorso settembre ad Asiago (che ha visto la presenza di 50mila visitatori), solo per citarne qualcuna.
Non varrebbe dunque la pena di puntare in modo più deciso su questo prezioso “giacimento” del gusto? Probabilmente sì, anche se le problematiche, inutile nasconderlo, esistono. In primo luogo andrebbe ripensata la strategia di vendita: in genere il plateau o il carrello dei formaggi sono proposti in coda a una carrellata di piatti. Difficile a questo punto fare leva sull’appetito del cliente, oltre che sul suo portafoglio, per convincerlo ad aggiungere al conto anche questa voce. Le soluzioni ovviamente esistono e, come suggerisce l’esperto Alberto Marcomini, bisognerebbe ispirarsi ai ristoranti francesi. Il suo suggerimento? Elevare il plateau allo stesso rango di una ricetta di cucina, cosa che risulta più facile nei menu degustazione, dove può essere calibrato con i sapori che precedono e seguono.
La mise en place, poi, è cruciale. I formaggi vanno levati dal frigorifero per tempo (la temperatura ottimale è in genere quella ambiente, in modo che il prodotto sprigioni i suoi profumi) e ne va rinfrescato il taglio se necessario, senza levare la crosta. Certo, un po’ di scarto va previsto, ma la sua incidenza può essere calcolata nel prezzo di vendita. Tenendo presente che è una portata che non impegna la cucina e vanta un costo-lavoro minimo.
Per proporre con successo i formaggi è però utile avere in sala personale competente, formato e informato, che sappia trasmettere al cliente le informazioni - almeno quelle essenziali - sui vari prodotti e sappia servire il plateau in modo corretto, rispettando l’indispensabile escalation di sapori. Meglio ancora se il formaggio piace anche a chi lo propone: saprà esserne un testimonial ancora più credibile.
Come approntare un servizio a puntino
Selezione
Possono bastare 6-7 tipi di formaggi. Come tipologie: un erborinato, uno a pasta molle delicato (robiola, feta, camembert), uno a pasta semidura (fiore sardo, fontina) o a pasta dura (stagionato oltre 6 mesi come provolone, Grana Padano), uno a pasta filata (mozzarella, treccia). Molto attuali i formaggi di capra, al naturale o aromatizzati. Non vanno mai serviti a temperatura da frigorifero.
Tipicità
Se la zona è vocata alla produzione di formaggi tipici, puntare almeno su 1 o 2 o due di questi, conoscendone a fondo la storia e riportandola al cliente. Bene anche le “verticali” di uno stesso formaggio, in diverse stagionature.
Menu
Per essere vendibile, la selezione di formaggi dovrebbe essere inserita in un menu, in sostituzione (e non in aggiunta) a una portata di pesce o carne. In questo modo si riesce a non sovraccaricare il cliente di calorie e mantenerne desti l’interesse e l’appetito.
Storytelling
L’addetto in sala deve spiegare almeno 4 cose fondamentali: il nome del formaggio, la sua provenienza, il tipo di latte utilizzato, la stagionatura che ha subìto. Lo story telling è essenziale per invogliare il cliente.