Vino, olio ed esperienze, come intercettare il turismo enogastronomico

turismo enogastronomico
Intervista a Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano, che dà la ricetta: “Sostenibilità e innovazione le chiavi del futuro”

Un’Italia a più velocità, a seconda delle regioni. È questa la situazione che fotografa l’ultima edizione del Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano, realizzato dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico comparando una serie di dati nazionali, che vanno dall’offerta ristorativa a quella agrituristica, dalla presenza di aziende agricole strutturate (vino e olio in primis) alle presenze turistiche effettive, nonché alla reputazione delle varie zone geografiche dello Stivale.

L’autrice, Roberta Garibaldi, presidente Onorario dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, nonché professore di Tourism Management all’Università degli Studi di Bergamo presenta con dati aggiornati la consistenza e il posizionamento dell’offerta eno-gastroturistica, evidenziando il potenziale inespresso di molti territori.

Le regioni emergenti

Emergono Puglia, Campania e Sicilia, che sanno valorizzare le risorse enogastronomiche del territorio a fronte di un ambiente socioeconomico tendenzialmente meno favorevole rispetto alle grandi regioni produttive dell’Italia centro-settentrionale.

A far da traino al settore è soprattutto il turismo del vino, che ha superato la prova della pandemia, evidenziando nel biennio una crescita del 2% nel numero di aziende con coltivazione di uva e confermandosi come catalizzatore nelle prenotazioni online delle esperienze.

L'intervista

L’analisi è prettamente quantitativa e in questo senso premia alcune regioni, ma possiamo dare una ricetta qualitativa, orientata soprattutto al settore della ristorazione?
L’edizione 2022 del “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano” mostra chiaramente come i differenti comparti, seppure con alcune differenze, si sono dimostrati resilienti alla prova pandemica. Al di là dei singoli dati, emerge come sostenibilità e innovazione sono i fattori che hanno permesso di resistere alla situazione contingente e gettare le basi per il futuro. Che deve essere incentrato sul creare valore economico, sociale e culturale.

Elementi, questi, che abbiamo ritrovato anche nel comparto della ristorazione. Il quale ha subito un forte contraccolpo, che ha inciso fortemente sul fatturato e meno nella consistenza. Format innovativi e ibridi con cene in presenza, home delivery, degustazioni digitali e video-ricette degli chef, temporary restaurant negli alberghi testimoniano un atteggiamento proattivo che ha permesso di limitare i danni.

Ci sono delle case history italiane, che vale la pena citare come modello positivo?

Vorrei soffermarmi su alcune peculiarità italiane. Gli agriturismi, che non trovano analoghi negli altri Paese europei. Sono portavoce del concetto di tipicità, tradizione culinaria e territoriale, favoriscono la riscoperta delle aree rurali e della loro cultura, offrendo nuove opportunità e servizi a turisti e residenti, contribuiscono a promuovere l’innovazione e la diversificazione del settore agricolo. Le recenti normative sull’enoturismo e l’oleoturismo, espressione di una volontà diffusa e condivisa di valorizzare il vino e l’olio EVO - due tra i prodotti più rappresentativi dell’Italia - e nel loro binomio con il turismo.

Nel rapporto si fa un cenno alle guide gastronomiche, che premiano la ristorazione italiana, con dati in crescita. Quali sono tuttavia le guide che fanno davvero la differenza?

Abbiamo assistito ad una costante crescita nel numero di ristoranti italiani segnalati nelle principali guide - Michelin, Gambero Rosso ed Espresso. Nel 2018 ne figuravano 731, nel 2019 erano 875, nel 2020 sono arrivati a quota 976 e nel 2021-22 hanno superato il migliaio, contandone 1.062. Questa ricerca dell’eccellenza culinaria potrebbe essere vista come un modo per acquisire un migliore posizionamento e un maggiore riconoscimento sul mercato in un momento difficile come l’attuale. Essere menzionati in una guida rappresenta certamente per lo chef un riconoscimento alla propria arte culinaria, oltre a dare una maggiore visibilità del ristorante nei confronti del grande pubblico.

Il ritorno del turismo internazionale è un dato di fatto, ma cosa è cambiato post-pandemia nella ricerca di esperienza da parte del turista straniero?

L’enogastronomia italiana esercita un forte fascino sui turisti stranieri. Il nostro Paese è al primo posto quale meta più attrattiva per quei viaggiatori che vogliono vivere esperienze enogastronomiche. Non solo europei, ma anche statunitensi, come indica la recente indagine di Inspektour, nota società di consulenza turistica tedesca.

Certamente il turista è cambiato. È più consapevole, attivo, esigente, innovativo e attento alla sostenibilità. Vuole vivere esperienze coinvolgenti ed educative, è interessato a proposte che gli permettano di ritrovare il proprio benessere psico-fisico. È curioso, ricerca destinazioni al di fuori dei tradizionali circuiti turistici.

Il nostro Paese ha l’opportunità di valorizzare territori meno conosciuti e rilanciarli, facendo scoprire al turista straniero i piccoli borghi e le città d’arte, che vantano un patrimonio culturale ed enogastronomico unico. Facendo vivere loro un’autentica esperienza di vita italiana, con esperienze di viaggio innovative, slow e sostenibili.

 

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome