Per le mance una nuova aliquota fissa al 5%

Le erogazioni dei clienti non transitano nel conto economico del locale ne’ nel volume d’affari ai fini Iva. Vengono tassate ai dipendenti

La legge di bilancio 2023 ha alleggerito il trattamento fiscale delle mance erogate volontariamente dal cliente per il personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di pasti e bevande (bar, ristoranti, alberghi e similari): è stata infatti introdotta un’imposta sostituiva dell’Irpef e delle relative addizionali, con un’aliquota fissa del 5%. La mancia corrisposta dai clienti a titolo di liberalità, quindi, non transita nel conto economico dell’azienda, non entra nel volume d’affari Iva e non deve conseguentemente essere inserita nel documento emesso al cliente (fattura o documento commerciale), sia se riversata subito al dipendente sia se riversata periodicamente.

A seconda della modalità di corresponsione delle mance - direttamente al cameriere o in cassa all’atto del pagamento - il datore di lavoro regola le spettanze con il dipendente (vedi riquadro nella pagina seguente).

Nel caso di corresponsione della mancia all’atto del pagamento, qualora il cliente dovesse chiederne l’inserimento nel documento fiscale (fattura o scontrino) per sua documentazione contabile, dovrà essere evidenziata con la seguente dicitura: “Mancia ai dipendenti - erogazione liberale non soggetta a Iva” (natura per il documento elettronico: N2.2). 

Conto di debito

Questo comporta la necessità di aprire, nello stato patrimoniale, un conto di debito denominato “Mance da riversare a dipendenti”: sarà movimentato in avere quando incassato o addebitato ai clienti e in dare quando accreditata al dipendente, considerando anche la relativa ritenuta.

L’imposta sostitutiva è applicabile entro il limite del 25% del reddito di lavoro dipendente e per i lavoratori con stipendio fino a 50mila euro annuo. Non è stato però precisato se si tratta del reddito dell’anno in corso - determinabile solo a fine anno - o dell’anno precedente.

Redditi e aliquote

Con un reddito di 40mila euro l’imposta sostitutiva è applicabile su un massimo di 10mila euro (imposta di 500 euro). 

Con un reddito di 60mila euro l’imposta sostitutiva non è applicabile e si dovrà applicare il regime normale, con un aggravio di imposte e contributi per il lavoratore ma anche per l’azienda, che dovrà sostenere i contributi previdenziali, assistenziali e infortunistici a proprio carico.

Il dipendente può rinunciare all’applicazione dell’imposta sostitutiva chiedendo l’applicazione del regime normale.

I redditi su cui è applicata l’imposta sostitutiva sono:

• computati per la determinazione del reddito per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria;

• esclusi dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e dei premi per l’assicurazione Inail;

• non computati ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto.

In precedenza il trattamento fiscale e previdenziale delle mance nei confronti del dipendente era un punto controverso.

La maxi circolare ministeriale (326/E del 23/12/1997) sulla riforma del lavoro dipendente, in vigore dal 1998, indica infatti anche le mance (punto 2.1) tra i componenti che concorrono a formare il reddito nella integrale misura corrisposta, con l’unica parziale eccezione dei croupier (che hanno una riduzione del 25%, fissata dall’articolo 49 del Tuir).

Imponibilità

L’imponibilità fiscale configurava anche l’imponibilità previdenziale. Di conseguenza le mance, derivando dal rapporto di lavoro, erano da considerarsi imponibili ai fini fiscali e previdenziali. Questo comportava un onere anche per il datore di lavoro per i contributi previdenziali a carico dell’azienda (circa il 30%), onere che rimane ancora, come già detto, per le mance ricevute dai dipendenti che superano il reddito di 50mila euro l’anno o il 25% del reddito di lavoro dipendente dell’anno precedente. Per l’accertamento, le sanzioni e il contenzioso si applicano le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette sul reddito di lavoro dipendente.

I percentualisti

Nessuna modifica, invece, per le percentuali di servizio obbligatorie corrisposte ai camerieri cosiddetti “percentualisti” o “tavoleggianti” (anche se riscosse direttamente dal cameriere), in quanto non sono considerate mance ma retribuzioni a tutti gli effetti. Dal punto di vista del gestore le stesse sono quindi da considerarsi ricavi e pertanto vanno assoggettate a Iva in qualità di integrazione del corrispettivo. Vanno di conseguenza inserite a pieno titolo nel documento fiscale emesso al cliente (fattura o documento commerciale che sia).

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