Le piattaforme per ordinare pranzo e cena online, come Just Eat, Deliveroo, Foodora e così via, possono essere un efficace strumento di marketing: sono utili per farsi conoscere, attrarre nuovi clienti e bilanciare i cali di domanda. Ma bisogna fare attenzione a come si usano queste soluzioni: serve un menu ad hoc, con piatti veloci da gestire, che non si rovinano con la consegna e che incuriosiscano le persone, senza dimenticare di organizzarsi in modo da non interferire con il servizio ai tavoli. Si tratta di soluzioni che aiutano a costruire «una più marcata identità di brand, rendendo noto per esempio che un ristorante è famoso per un certo piatto, ma anche a contrastare possibili cali di domanda per mancanza di tempo da passare nel ristorante da parte del consumatore o alla mancanza di voglia di uscire», spiega Carmelo Cennamo, docente di Strategia e Imprenditorialità dell’università Bocconi. «Inoltre, aiutano a migliorare i margini e il fatturato: a parità di prezzo del venduto, non si supportano i costi del servizio ai tavoli e si riesce in linea di principio a soddisfare una maggior domanda rispetto ai coperti disponibili in via parallela». Queste piattaforme infatti consentono al consumatore di ordinare, da pc o da smartphone con le app, in modo da ricevere a casa o in ufficio il pranzo o la cena. In genere è richiesta al ristoratore una commissione sull’ordine (di solito il 20-30%) e c’è un costo di consegna (2-3 euro) a carico del cliente. Tra le principali c’è Just Eat, presente in Italia con oltre 8.000 ristoranti affiliati in 800 comuni. A differenza di altri operatori si tratta principalmente di un marketplace che mette in contatto ristoranti e consumatori: la maggior parte dei locali partner svolgono autonomamente il servizio di consegna, ma è stato lanciato anche Just Eat Delivery, che consente ai locali che non hanno un servizio di consegne di affidarsi a Just Eat anche per il trasporto. Un altro operatore è Deliveroo, presente in 14 città, per un totale di 2.000 ristoranti: è una piattaforma logistica che mette a disposizione il servizio di consegna a domicilio, oltre a un supporto di marketing dedicato. Altre realtà che forniscono il servizio di consegna sono Foodora e Bacchetteforchette, che opera in tutta Milano e fino alla seconda cintura dell’hinterland, per un totale di 46 comuni. Queste soluzioni sono utili «soprattutto in periodi di più limitato flusso al locale, per esempio in inverno, in particolari giorni della settimana e nella fase di avvio del ristorante - continua il docente -. Conviene pianificare un menu per il delivery che sia ristretto nel numero di opzioni, sia veloce da gestire e includa piatti che non alterano il sapore durante la consegna». In ogni caso, le piattaforme di food delivery sul web non vanno pensate solo come canali di distribuzione, ma anche come canali di marketing, nel senso che servono a far provare il tipo di offerta e di cucina che il cliente potrebbe trovare presso il ristorante, facendo attenzione al possibile effetto negativo nel caso si propongano piatti anonimi. «Bisogna fare attenzione all’obiettivo - dice l’esperto -. Se la piattaforma è usata per bilanciare i picchi di domanda, allora conviene puntare su un’offerta accattivante per la massa, per esempio un menu pizza; se è usato principalmente per promuovere il ristorante, allora è meglio puntare sui piatti più rappresentativi». Uno dei rischi è il cosiddetto effetto sostitutivo, ovvero quando «il food delivery diventa sostitutivo del servizio al ristorante e non complementare: ciò è da evitare soprattutto per coloro che usano la piattaforma principalmente come canale di marketing », conclude il docente.