Una ricerca realizzata dalla società di consulenza Jfc sui ristoratori delle guide evidenzia da un lato la difficoltà del settore (fatturato a -19% nel primo semestre), dall’altra la capacità di molti di inventarsi nuove strade da battere per superare le difficoltà
Promozioni e proposte di degustazione, azioni sul web attraverso newsletter e social network, più giorni di apertura, ma anche diversificazione del business con lo sviluppo del catering e del banqueting o con l’insegnamento, i corsi di cucina e i programmi tv: sono le strategie con cui la ristorazione di qualità in Italia cerca di fronteggiare un momento non facile, come confermano i fatturati in calo nel 2012. È quanto emerge dalla ricerca “La Ristorazione di Qualità in Italia: tendenze, andamento, prospettive”, realizzata da Jfc prendendo in considerazione i ristoranti indicati dalle guide Michelin, Gambero Rosso e L’Espresso, che fotografa la visione degli imprenditori della ristorazione di alto livello.
Il primo elemento che risulta evidente, sottolinea Massimo Feruzzi, amministratore unico di JFC e responsabile della ricerca, è lo stato di difficoltà che si trovano ad affrontare queste aziende: «Nel primo semestre dell’anno in corso il loro fatturato è diminuito, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, del 19,1%. Si tratta di un dato allarmante, anche considerando che le previsioni a fine anno non migliorano questa situazione, gravata anche dalla forte incidenza dei costi di utenze, tasse e burocrazia. Un comparto che, senza contare il “patron” e spesso la sua famiglia, garantisce lavoro a 17.220 dipendenti, con profili e competenze di altissimo livello professionale».
La crisi economica pesa dunque sul settore: i due fattori che hanno principalmente messo in difficoltà i ristoratori di qualità della Penisola, secondo la ricerca, sono infatti la gestione finanziaria dell’azienda, indicato come fattore critico per il 39,8% dei rispondenti, e l’impossibilità di effettuare investimenti (34,1%). Altri aspetti segnalati come critici, anche se con percentuali molto inferiori, sono la gestione del personale di sala (10,6%) e di cucina (5,7%), mentre sul fronte del reperimento di materie prime di qualità e dei rapporti con le aziende fornitrici i problemi sembrano residuali.
Marketing in cucina
La principale risposta alla crisi dei protagonisti della ristorazione di qualità italiana è stata mettere in campo diverse azioni di marketing, tra cui prevalgono quelle mirate ad attrarre ancora i consumatori, costretti in questi ultimi due anni a tagliare spese considerate relativamente superflue come le cene in ristoranti di rinomati chef o di cuochi emergenti. Non a caso la scelta più diffusa, che rappresenta il 24,7% del totale degli interventi realizzati, è stata quella di venire incontro all’esigenza di risparmio dei potenziali clienti aumentando le promozioni e le proposte di degustazione.
Molti hanno invece puntato sulle potenzialità di Internet, valorizzando questo mezzo: per il 17,9% la risposta giusta, a livello di marketing, è stata quella di un maggiore investimento in attività di comunicazione tramite web, attraverso il proprio sito, la newsletter e i social network. Un’altra scelta molto gettonata è stata quella di lavorare di più (il 16,7% ha ridotto i giorni di chiusura, mentre solo il 2,5%, al contrario, li ha aumentati).
Alcuni hanno rivisto le proprie scelte in fatto di investimenti in comunicazione, riequilibrando il proprio mix: l’8% ha ridotto la stampa di materiale promozionale, il 6,8% la pubblicità sui media tradizionali (giornali, riviste, radio ecc.). Ma c’è anche chi, e non sono pochissimi, ha fatto scelte controcorrente: il 6,2% degli interpellati ha, infatti, risposto di aver aumentato la stampa di materiale promozionale, come pure un 5,6% ha incrementato gli investimenti per la pubblicità sui media classici.
Aprire nuove strade
Altri ristoratori hanno fornito indicazioni diverse: c’è chi, per esempio, focalizzandosi sull’obiettivo di dare più qualità ai clienti, afferma di aver posto più attenzione nella scelta delle materie prime, e chi sottolinea di non aver aumentato i prezzi o di puntare con più forza sulla promozione all’estero. I dati, del resto, segnalano come il calo della clientela abbia riguardato soprattutto gli italiani, mentre la clientela straniera è in molti casi addirittura cresciuta.
La maggior parte dei ristoratori interpellati ha visto nella diversificazione dell’attività una possibilità per venir fuori dal momento di difficoltà: nel 2012 ha imboccato questa strada il 58,3% dei rispondenti, contro un 41,7% che ha lasciato invariato il proprio business. Quali strade hanno battuto? Sembra quelle da cui ottenere ricavi certi che sostituissero quelli incerti del proprio business principale. In primis l’insegnamento: il 18,8% di chi ha scelto di dedicarsi anche ad altre attività ha iniziato a insegnare o a tenere corsi di cucina. Altre opzioni sono state di creare o sviluppare un servizio di catering (14,6%) o aumentare l’attività di banqueting (l’8,3%). C’è anche chi ha sfruttato l’ondata di interesse per il mondo della cucina e per gli chef da parte del pubblico puntando su programmi tv e radio (il 6,3%) o aprendo rubriche sulla ristorazione (il 5,2%). Segnalate anche la creazione di laboratori di cucina per conto di aziende alimentari e l’affiancamento alla ristorazione di attività agricole, con produzioni di vario genere.