Non occorrono autorizzazioni per la vendita d’asporto

Cresce la domanda di acquisto di cibo di qualità da consumare a casa propria: un’opportunità in più per i ristoratori

Per molti ristoratori, la vendita per asporto si lega al timore di rovinare la propria immagine nei confronti della clientela. In realtà, nell’ultimo decennio le abitudini alimentari dei consumatori hanno subito una radicale trasformazione, sia indirizzandosi verso forme di somministrazione veloce o non assistita (detta anche “consumo sul posto”) sia riscoprendo la modalità dell’acquisto del cibo nei ristoranti, considerata più qualificata dell’acquisto del cibo già pronto in altri esercizi.

La clientela cioè ha riscoperto il bisogno di acquistare il cibo per asporto nei ristoranti che effettuano tale attività, per varie ragioni: c’è chi lo fa per “necessità”, non sapendo cucinare o semplicemente non avendo voglia di farlo (e sono molto più di quanti si pensi); c’è chi compra il cibo per asporto per sopperire a una impossibilità materiale (si pensi al pescatore o al cacciatore che si fa preparare il pescato o il cacciato dal ristorante, non avendo in casa lo spazio o l’attrezzatura adatta per cucinarlo); c’è chi vive la comodità di acquistare il cibo per asporto non dovendo poi provvedere alle sgradite incombenze domestiche del fine pasto; c’è infine che si rivolge all’acquisto per asporto in certi tipi di ristorante per gustare particolarità gastronomiche, etniche ma non solo, che altrimenti non avrebbe la possibilità di assaporare.

La tipologia della richiesta è dunque molto varia e la forma della vendita per asporto sempre in crescente aumento.

Il ristorante, in quanto “pubblico esercizio di somministrazione”, per sua natura compie un’attività rivolta al pubblico indistinto, cioè a chiunque voglia usufruire dei servizi. Secondo le norme che disciplinano l’attività di somministrazione (le singole leggi regionali e il Tulps, ovvero il testo unico di leggi di pubblica sicurezza), il ristorante “non può rifiutare la prestazione di somministrazione e ristorazione se un’utente la richiede”, fatta salva ovviamente la possibilità di organizzare mediante un sistema di prenotazione la prestazione di somministrazione e ristorazione svolta.

A seguito di questa sua natura di esercizio pubblico, nella somministrazione e nella ristorazione l’esercente (unitamente all’eventuale preposto nominato, in possesso del requisito professionale)si assume in prima persona  tutte le responsabilità amministrative dell’attività, comprese quelle relative alla sicurezza alimentare.

Il tema della vendita per asporto va dunque considerato per gli aspetti amministrativi e quelli igienico-sanitari o meglio di sicurezza alimentare.

Dal punto di vista amministrativo, in base alle leggi regionali specifiche che disciplinano l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, bar e ristoranti possono vendere per asporto i prodotti oggetto della somministrazione senza alcuna autorizzazione o titolo aggiuntivo, fatto salvo il rispetto della normativa igienico sanitaria e di sicurezza alimentare.

In quest’ultimo ambito la situazione appare notevolmente mutata dopo l’approvazione del regolamento CE 1169/2011 sull’etichettatura, entrato in vigore in dicembre. Il nuovo regolamento, infatti, estende il campo applicativo della disciplina dell’etichettatura dei prodotti alimentari anche alle “collettività”, definite come “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”.

Nei riguardi dei prodotti alimentari “non preimballati”, ai quali possiamo riferire i prodotti alimentari offerti ai consumatori finali dalle collettività, il regolamento 1169/2011 rende obbligatoria la fornitura delle indicazioni relative agli allergeni, ma non dà alcuna indicazione in merito alle modalità con cui indicare al consumatore tali informazioni nel caso di alimenti non preimballati. Si è passati dal sistema del cartello unico degli ingredienti dei prodotti venduti (previsto dalla precedente norma DLgs n. 109/92) a un sistema non ancora completamente delineato ma che prevede in ogni caso un’informativa al consumatore. I ristoratori sono comunque tenuti a comunicare al consumatore che il prodotto alimentare contiene o può contenere allergeni. Quanto alle modalità di comunicazione fino a oggi è lasciata la libertà al ristoratore di individuare le forme di comunicazione più opportune in modo da garantire efficacia e affidabilità dei risultati.

 

Informazioni obbligatorie

Disposizioni nazionali per gli alimenti non preimballati (art. 44 Regolamento 1169/2011)

1. Ove gli alimenti siano offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure siano imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta:
a) la fornitura delle indicazioni degli allergeni è obbligatoria;
b) la fornitura di altre indicazioni di cui agli articoli 9 e 10 del Reg. 1169 non è obbligatoria, a meno che gli Stati membri adottino disposizioni nazionali che richiedono la fornitura, parziale o totale, di tali indicazioni o loro elementi.

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