Sai cosa rivela il tuo menu?

Torno a parlare di comunicazione, parola-cardine della ristorazione professionale, per andare oltre (ma sarebbe più corretto, come vedremo, dire "sotto") e accennare alla metacomunicazione.
La psicologia la definisce come una comunicazione di secondo grado, implicita e sotterranea, rispetto alla comunicazione evidente. Insomma, è ciò che viene detto tra le parole o scritto tra le righe, e che è sempre più abbondante, complesso e articolato della comunicazione primaria.

E arriviamo al ristorante. In tutta la sua storia, il cibo non è mai stato popolare come in questo momento, mai è stato oggetto di tanta attenzione e mai è stato così simbolico, ricco di rimandi comunicato e metacomunicato. Prendiamo il menu: apparentemente si tratta di una lista di vivande con il rimando immediato al loro profilo generale (se è cucina tradizionale, creativa, rivisitata ecc), in realtà racconta molte altre cose. In caso di nuova cucina, dirà se il cuoco è un vero creativo o se un modaiolo passivo che riproduce le creazioni degli altri. Quindi se contribuisce veramente all’evoluzione della cucina con lo studio e la ricerca o se usa il suo mortaio per pestarci l’acqua. Il menu svela anche se tiene conto della tradizione o se è un rivoluzionario iconoclasta, se è un esterofilo estremo o un ibridatore equilibrato tra ciò che è identitario del territorio e quanto di buono c’è a mondo. Metacomunica anche la considerazione che il ristoratore ha per la salute del suo cliente e misura la sua sensibilità verso i problemi ambientali. Dice se è rispettoso della stagionalità, della biodiversità animale e vegetale. Se ha inforcato la scorciatoia dei semilavorati, se tiene conto delle minoranze alimentari costituite da vegetariani, vegani, crudisti, suinofobi, celiaci e bambini.

Dall’altra parte, il cliente non è mai stato un mangiatore tanto consapevole e capace di interpretare i messaggi in codice emanati dai piatti. Il mangiatore occidentale del terzo millennio si spinge oltre il valore nutrizionale e gastronomico del cibo. Considera che mangiare sia anche un atto salutistico, politico, culturale, etico ed ecologico e se ne ricorda al momento della scelta.

 

 

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