Stupire il cliente con la tecnica Elation

Per distinguersi bisogna "spiazzare" con azioni inaspettate in grado di suscitare emozioni. Facendo nascere la voglia di raccontare l'esperienza

 

Nella ristorazione tutto ciò che è standard, atteso, risulta poco attraente per il cliente. Ogni persona che entra al ristorante desidera esaltarsi per qualcosa: un servizio impeccabile, una presentazione straordinaria, una location da sogno. Se invece è tutto in linea con le attese, ecco che le aspettative vengono sì esaudite, ma nulla di più. Il cliente, però, non è “cosa semplice” né “standard”, perché ognuno ha un proprio personalissimo criterio di valutazione del ristorante, del servizio e della cucina. Non potendo seguire un unico schema relazionale bisogna ricorrere a tecniche che siano in grado di generare gioia, entusiasmo, euforia. Per questo motivo le azioni che qui descriviamo non rientrano tra le “attenzioni” ma tra le “emozioni”: non sono solo inattese, ma possono anche essere, per alcuni, incomprensibili.

È la tecnica “elation”, con cui si possono raggiungere tre finalità. La prima è la sorpresa: il cliente deve trovare qualcosa d’inaspettato, di assolutamente inusuale. Solo così si destabilizza il pensiero che lo stesso cliente ha del ristorante e se ne innalza immediatamente l’immagine, l’appeal. La seconda finalità è l’esaltazione, basata sul saper convincere il cliente che quell’attenzione è stata studiata apposta per lui. Infine c’è il racconto: si tratta della finalità ultima, ma di quella più importante. L’esaltazione deve essere raccontata dallo stesso cliente: ciò che è stata “emozione” deve diventare elemento di dialogo. Tanto più il raccontare si prolunga, tanto più la tecnica elation ha funzionato.

Vi sono cinque momenti/azioni che identificano la tecnica elation e la sua applicazione. Eccoli con gli esempi:
• l’accettazione: la porta di ingresso non è aperta. Serve suonare, come per entrare in casa di qualcuno. La sensazione di “sentirsi ospiti” aumenta, e passata la soglia è un po’ come essere accettati a casa di amici;
• il benvenuto: il gestore accompagna gli ospiti non al tavolo, ma in un salotto d’attesa. Qui lo raggiunge il cameriere che si prenderà personalmente cura degli ospiti: il “valet” comincia offrendo loro una flûte di bollicine e un paio di appetizer sfornati dallo chef;
• l’ordinazione: quando i clienti sono seduti, il “valet” accompagnerà lo chef al tavolo e, insieme, prenderanno la comanda. Mentre il cameriere illustra, a voce, le preparazioni, lo chef commenta quelle più straordinarie. Al termine lo chef saluta gli ospiti e torna in cucina;
• il conto: non viene mai pagato né alla cassa né alla reception. I clienti, al termine del servizio, vengono accompagnati in un’area dedicata (come un dehor o una sala con camino). Il gestore porta personalmente il conto con piccola pasticceria; dopo alcuni minuti, torna per il pagamento e si sofferma per qualche istante;
• il “tocco”finale: avviene quando il gestore saluta gli ospiti, offrendo un biglietto da visita del ristorante e segnando, a penna sul retro, nome e telefono cellulare personale: «Sono sempre a vostra disposizione; non esitate a chiamarmi anche solo per passare a prendere un caffè».
Dando per scontati la qualità dei prodotti e del servizio, ricordiamoci che se tutto è in linea con le attese (dell’ospite), allora vuol dire che qualcosa è mancato (da parte del gestore).

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